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 2020  agosto 21 Venerdì calendario

Breve storia dei russi avvelenati

Una soluzione «tranquilla». Il killer silenzioso. Un metodo – in teoria – più «pulito» del sicario con la pistola. Anche se spesso gli agenti con licenza d’uccidere si sono fatti beccare. Certo, resta sempre un alone di opacità, a volte manca la prova incriminante e questo basta ad un governo per negare.
Il giallo di Aleksej Navalny ne ricorda altri che hanno coinvolto la Russia, i suoi collaboratori indicano una pista. Si basano sulla Storia, senza che però tutto questo si trasformi immediatamente nell’evidenza del coinvolgimento di Mosca. Riappare il fumo che nasconde le responsabilità, ci sono sempre le condizioni per dirottare i sospetti su altri. In qualche modo i russi sono tirati dentro dalla loro stessa propensione nel maneggiare tossine, spesso mescolate ad una bevanda calda.
Quelli del mestiere segnalano che fin dagli anni Venti i sovietici hanno creato il famoso Dipartimento 12, detto anche Kamera, con il compito di preparare sostanze letali. «Lavori» passati, nel tempo, a nuove sezioni, come «Vympel», attiva durante la guerra fredda, smantellata nel 1993 e rimessa in piedi all’interno del Dipartimento S. Un ex funzionario dell’apparato ha ricordato che di solito c’erano 10 giorni per preparare una missione ed altri 5 per correggere gli eventuali errori. Erano meticolosi, con maggiore professionalità rispetto ai loro colleghi attuali, resi vulnerabili dalle nuove condizioni esterne. Una volta alcuni fatti restavano segreti, oggi esce tanto.
All’epoca, se era necessario, l’Urss passava le sue esperienze al Patto di Varsavia. Nel 1978 viene assassinato a Londra Georgi Markov, un esule bulgaro. Lo colpiscono in strada usando un ombrello che spara una minuscola sfera alla ricina. Racconteranno che sono stati i sovietici ad assistere i fedeli alleati. Una ricostruzione di un transfuga svelerà che il piano originale prevedeva il suo omicidio su una spiaggia in Italia, durante una vacanza. L’esecutore avrebbe dovuto lanciargli sul corpo una miscela mentre era al mare.
Non solo teiere
La Russia ha una lunga tradizione di veleni somministrati ai nemici in creme, bevande, gas
Un modus operandi che ricorda quanto è avvenuto nel febbraio 2017 a Kuala Lumpur, con il fratellastro del leader nordcoreano avvelenato con il VX spalmato sul suo volto da due ragazze. Azione alla fine riuscita senza alcuna conseguenza pesante per il Maresciallo. Dunque un invito a proseguire su una tattica già attuata dal Mossad nella caccia ai palestinesi, con errori e successi, e racchiusa negli infiniti progetti della Cia per mettere a punto armi invisibili.
Gli archivi sono pieni di casi. Nel 2002 il comandante ceceno Khattab fa una brutta fine dopo aver aperto una lettera che era stata contaminata. L’anno dopo è il giornalista Yury Shchekochikhin a morire per un’emorragia celebrale, per gli amici non di origine naturale. Poi altri due separatisti del Caucaso intossicati da qualcosa «al fosforo» in Georgia.
Settembre 2004: il politico ucraino Viktor Yushchenko è sfigurato da un attacco con la diossina, nello stesso mese la giornalista Anna Politkovskaya si sente male dopo aver bevuto un tè in aereo, era stato «corretto» con un prodotto mai identificato. Verrà freddata due anni dopo.
Novembre 2006: l’ex membro dell’intelligence Alexander Litvinenko è vittima del polonio, somministrato in un locale pubblico londinese. Gli untori usano – ancora una volta – una teiera. È un colpo clamoroso che scatena una tempesta diplomatica non minore di quella del 2018, con la vicenda di Sergei Skripal, agente doppio russo che provano ad ammazzare a Salisbury, sempre in Gran Bretagna, ricorrendo al nervino Novichok. Due dei presunti colpevoli finiscono in un’indagine aperta in Bulgaria per il tentato omicidio – nel 2015 – di un mercante d’armi. Le telecamere di sicurezza mostrano gli aggressori cospargere la maniglia della portiera dell’auto.
Il Cremlino ha sempre respinto le accuse bollando le rivelazioni come atti di una campagna strumentale, ipotizzando provocazioni. Gli addebiti vanno dimostrati, la difesa è legittima. Se non fosse per tutte quelle tazze di tè.