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 2020  agosto 19 Mercoledì calendario

Triplicato il numero di atei e di chi non va a messa

L’Italia, «cuore» della cristianità, è un Paese «incerto e stanco di Dio». Gli italiani appaiono «gente di poca fede», sempre più indifferenti agli appuntamenti liturgici settimanali della Chiesa cattolica, che ha «perso centralità» nella vita di tutti i giorni. Credono di meno e praticano di meno. Solo un quinto partecipa regolarmente ai riti, mentre un terzo non ci va mai. Tuttavia, nonostante numeri da declino drastico e indiscutibile, il sentimento religioso «resta vivace nella nazione». Sono dati e paradossi illustrati dal sociologo Franco Garelli, che ha condotto un’indagine nazionale (finanziata dalla Conferenza episcopale italiana) nello scenario religioso, definito «in grande movimento», in cui crescono l’ateismo e l’agnosticismo non solo tra i giovani, aumentano i seguaci di altre fedi e culture, si moltiplicano «nuove domande e percorsi spirituali».
Lo dicono i risultati dell’inchiesta, pubblicata nel volume Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio (Il Mulino, 2020), che racconta i radicali cambiamenti di credenze, mode, stereotipi e abitudini a distanza di un quarto di secolo – e lungo tre pontificati – da una simile ricerca realizzata nel 1994 dello stesso professore.
Negli Anni Novanta poco meno della metà dei cittadini del Belpaese ogni giorno ricavava qualche minuto per una preghiera personale: nel 2017 a malapena uno su quattro. Uno su venti pensava che in Dio credessero solo le persone più ingenue e illuse; oggi è l’idea del 23%. Il trend di chi non si riconosce in alcuna fede è un più 30%, che equivale a un quarto della popolazione, mentre è diminuita dall’80% al 65% la percentuale di chi ritiene che la religione sia determinante per trovare il senso della vita. Dio esiste? Oggi risponde no un terzo degli italiani, alla fine del secolo scorso era il 10%, la cifra è triplicata. Il motivo principale? «Se davvero esistesse un dio, non permetterebbe la diffusione del male, delle tragedie, delle calamità e delle ingiustizie nel mondo».
È triplicata anche la percentuale di chi non presenzia mai alle liturgie: dal 10% al 30%. È vero, c’è sempre chi ogni settimana, in particolare la domenica, non manca alla messa, ma dal 31% si è arrivati al 22%. Esclusi funerali e matrimoni. Anche se è calato pure il numero di chi sceglie di pronunciare il fatidico «sì» alla propria metà davanti a un sacerdote: l’83% negli anni Novanta, la stragrande maggioranza, è diventata oggi un risicato 57%.
Come esigua è quella dei favorevoli all’ora di Religione cattolica nella scuola pubblica: poco sopra il 50%. Precipitano anche i sostenitori dell’8 per mille, il 43%, mentre i contrari sono il 46%.
I temi etici
Ma non ci sono soltanto segni meno. Crescono notevolmente – dal 27 al 43% – i «cattolici culturali», ossia coloro che, in tempi di immigrazioni e «contaminazioni», aderiscono al «cattolicesimo come deposito di tradizioni e valori» e per rispetto e condivisione dell’educazione ricevuta. Così, per esempio, nei meandri di questo presunto ateismo è largo il consenso per il crocifisso nei luoghi pubblici, appoggiato da quasi sette italiani su dieci. Tra i quali ci sono i fedeli «convinti e attivi», che sono circa il 20%. Ritengono la fede un principio imprescindibile (da trasmettere alle nuove generazioni), ed esprimono particolare sensibilità su temi come famiglia, bioetica e carità. E non va trascurato l’incremento di chi crede che esista una potenza maligna «in campo» subdolamente contro l’umanità: è il 40%, mentre 25 anni fa si sentiva minacciato soltanto il 15%. E più del 30% assicura di avere ricevuto una grazia, un miracolo o comunque aiuti divini.

La solitudine
Dunque, il legame cattolico «si fa più esile, la pratica religiosa manifesta tutta la sua stanchezza», conferma Garelli. Ma non è avvenuto uno «strappo» dal credo e dai suoi ambiti. Anzi: «In Italia viviamo un’epoca in cui molti si rifugiano in un cattolicesimo di appartenenza educativa» o di «matrice identitaria». E poi, si registra una ricerca di spiritualità «al plurale: una fede impersonata da credenti sempre più deboli o “soli” dinanzi alle questioni dell’esistenza, che si confrontano con meditazioni diverse, giunte a noi attraverso la rete o le migrazioni».
Nel frattempo, chi guarda da lontano le Sacre Stanze invoca più aperture e modernizzazioni, per esempio per quanto riguarda il ruolo delle donne (sacerdozio femminile) e i preti sposati; mentre chi resta vicino al recinto cattolico, per convinzione o per ideale socio-politico, richiede ed esorta le gerarchie della Chiesa, spesso «con veemenza», a tenere fermi «i princìpi ecclesiastici, senza lasciarsi influenzare dalle opinioni prevalenti».
Dal volume di Garelli non emerge una disfatta della religione, tantomeno un trionfo. Le parole chiave sono «trasformazione» e «incertezza» di un Paese insicuro su Dio ma «ricco di afflato e spirito religiosi; disorientato, frenetico e ondivago nelle sue valutazioni etiche e morali», ma che tendenzialmente «non smette di sperare, seppure in maniera altalenante, precaria e intermittente, che Dio da qualche parte c’è, magari nascosto o dormiente o eclissato, ma pronto prima o poi a uscire allo scoperto, tenderci la mano e salvarci dalle tempeste dell’esistenza».