ItaliaOggi, 19 agosto 2020
Periscopio
Nell’antica Roma era fatto divieto agli attori e ai comici di fare politica. Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia (Andrea Indini). il Giornale.
Sulle nostre montagne hanno governato gli stessi uomini da sempre: era asfissiante. Quando c’è stato qualcun altro lo hanno votato. Poi anche con Salvini è finita come è finita. Giovanni Lindo Ferretti, dressatore di cavalli e musicista (Luca Valtorta). la Repubblica.
Viviamo in un Paese alla deriva in cui la fine della Prima repubblica, più o meno in concomitanza con la fine del comunismo in Urss, accentuava il moralismo riverniciato a nuovo dell’antica «diversità» di una sinistra che, dietro la «questione morale», nascondeva ora il disastro politico-ideologico che l’aveva travolta. Stenio Solinas, scrittore. il Giornale.
L’impressione è che sia stata colpita dalla magistratura, negli ultimi 25 anni, più la destra della sinistra e perfino Luigi de Magistris ora riconosce che le indagini puntavano sempre nella stessa direzione. C’è stato uno sbilanciamento nell’azione delle procure? «No, è più grave, in questo ultimo quarto di secolo c’è stata la patrimonializzazione dello Stato, se vogliamo usare termini più terra terra potremmo dire che la magistratura ha scalato lo Stato, si è impadronita del potere». Giulio Sapelli, storico dell’economia (Stefano Zurlo). il Giornale.
Arrivai alla Camera nel 1976, ma dopo la prima legislatura nella commissione Sanità, scelsi quella del Bilancio, dove fui presidente per 5 anni, facendo diventare quella commissione leggendaria grazie anche a tutti i suoi autorevoli componenti. E poi diventai ministro del Bilancio e della Funzione pubblica con Andreotti e De Mita. Paolo Cirino Pomicino, ex ministro Dc (Maurizio Caversan). la Verità.
Potere non è una parolaccia. Dipende dall’uso che se ne fa: per quelli come te, come noi, potere non è un sostantivo, è un verbo. Un mezzo, non un fine. Il potere e la politica possono essere la forma più alta di carità. Aldo Cazzullo e Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Tra me e Camilleri era maturata quella che lui chiamava «l’amicizia siciliana», ossia una confidenza nutrita da silenzi, non detti, capacità di anticipare i desideri dell’altro. Antonio Sellerio, editore (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Forse come scienziato avrei potuto fare di più. Anzi senz’altro. Ma sono soddisfatto del cammino percorso. Nasco fisico, passo alla biologia e infine alle neuroscienze. Edoardo Boncinelli, genetista (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Nessun giornalista è scrittore come Indro Montanelli: è un fuoriclasse irraggiungibile. Ma il giornalismo è fatto di tante cose. In altro, molti sono più bravi di lui. Per esempio, Enzo Biagi, nell’organizzare l’azienda Biagi (ossia nello sfruttare la propria opera), è ineguagliato. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.
Prati, a Roma, è considerato un quartiere «alla piemontese», con strade ortogonali dedicate ai personaggi della Roma repubblicana, della classicità latina, del Risorgimento e con uno spiccato spirito anticlericale: fu infatti edificato in modo che dalle sue vie non si potesse vedere la cupola di San Pietro. In compenso non si può non vedere il lungo e spelacchiato giardinetto che divide a metà via Mazzini dove capita di incontrare Massimo D’Alema con scorta al seguito, cellulare all’orecchio e un grosso labrador nero, Aiace, senza guinzaglio. Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.
La psicanalisi è agonica, nel silenzio rispettoso dei congiunti. Anche il Covid è venuto a strangolarla nel suo lettino di dolore. Ma sono anni che ciondola dolente nei piani alti di New York, Roma, Parigi, Milano e Londra. Eppure intorno tutto tace, un silenzio protettivo: i suoi adepti mortificati non si vantano più di praticarla ma neppure si decidono ad abiurarla, ci vanno meno, si astengono, ma si vergognano della sua decadenza, che peraltro è anche quella delle élite che se ne riempivano la bocca svuotandosi il portafoglio. Renato Farina. Libero.
Sono nato a Roma dalle parti di Porta Pia, quasi sotto le bombe, nel breve periodo tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943. Sono rimasto lì, solo con mia madre, mentre mio padre era a Cefalonia e poi, scampato alla strage, in un campo di prigionia in Germania. Lo vidi solo al suo ritorno, quando avevo poco più di due anni. Giulio Ferroni, critico letterario (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Mi preoccupa quello che vedo in giro: un senso di vuoto, ignoranza, si è persa la voglia di sapere, la voglia di bellezza. Il virus ha ammazzato la cultura e la televisione, invece di approfittarne, ha continuato nell’intrattenimento, che ci vuole, ma non solo quello. Ho sempre odiato il laudator temporis acti, chi loda il tempo passato. Quando mi nonno diceva «ai miei tempi...», mi incavolavo, ma adesso mi trovo a rimpiangere gli anni 50, gli anni della mia giovinezza, la voglia di fare, i sogni puliti, positivi e non è che sta parlando San Francesco. Oggi per la cultura in generale, in Italia, non vedo futuro. Riccardo Muti, direttore d’orchestra (Anna Bandettini). la Repubblica.
Lucio Battisti me lo portò a casa una mia cara amica parigina, che si occupava di edizioni musicali e stava cercando un musicista italiano da promuovere in Francia. Mi fece ascoltare le sue canzoni, che non erano un granché e io lo dissi chiaramente a quel ragazzo. Che non ci rimase male, ma con un sorriso luminoso mi disse: sono d’accordo. La mia amica invece rimase male e io, per metterci una pezza, invitai Lucio a venirmi a trovare, per lavorare a qualcosa insieme. Nacquero le prime tre canzoni, la terza era 29 settembre. Mogol (Emilia Costantini). Corsera.
Studiavo in Westfalia, avevo 15 anni, con le amiche andavamo in bicicletta a trovare il farmacista, che ci regalava le caramelle. Durante l’occupazione nazista mio marito, che aveva ereditato da suo fratello l’azienda di costruzioni, aveva bisogno di permessi anche solo per uscire di casa. Siccome parlo tedesco, andai io ad affrontare il responsabile della piazza di Torino, colonnello Brinken. Entrai nel suo ufficio e sentii la sua voce chiamarmi con il mio cognome da ragazza: «Fräulein Acuto...». Era il farmacista. Ottenni i permessi. Marida Recchi, 102 anni (Aldo Cazzullo). Corsera.
I piccoli criminali finiscono in galera. I grandi, davanti ai plotoni d’esecuzione o sull’altare. Roberto Gervaso.