il Giornale, 18 agosto 2020
Biografia di Serena Bortone raccontata da lei stessa
C’è sempre una ferita, piccola o grande, subita da piccoli che ti porti dentro tutta la vita. Quella di Serena Bortone si ricollega ai ricordi di scuola: un poco più grassottella dei compagni, si sentiva diversa, presa in giro, messa da parte nei giochi sportivi. «Ma come? Io gli facevo copiare tutti i compiti in classe e quelli alle feste non mi invitavano a ballare, almeno avrei meritato un po’ di giustizia sociale». Quella bambina, dal 7 settembre, approderà nel canale più importante della tv, Raiuno. Lasciata l’amata Agorà di Raitre, in primissima linea durante la pandemia, comincerà una nuova avventura alla conduzione di Oggi è un altro giorno, programma che andrà in onda nel primo pomeriggio subito dopo il Tg1 al posto di Vieni da me di Caterina Balivo. L’intento del direttore di Raiuno, Stefano Coletta, è di costruire un day time quasi interamente dedicato all’approfondimento, guidato da giornalisti.
Perché aiutavi i compagni se non erano gentili con te?
«Perché mi hanno educato a studiare e ad aiutare gli altri. A 5 anni appena compiuti ero già in prima elementare, ero una bimba precoce. I miei genitori sono stati attenti a trasmettermi l’importanza della cultura, del costruirsi una propria indipendenza intellettuale e psicologica, soprattutto in quanto donna. Ma, in un certo senso, si rimane bambini grassi tutta la vita, perché un po’ di quel senso di inadeguatezza che assorbi da piccola ti accompagna per sempre. Ricordo sempre il terrore di quando si formavano le squadre di pallavolo, io aspettavo una convocazione che non arrivava mai!».
Però, spesso, la sofferenza rende più forti e capaci di affrontare la vita
«Certo. Non solo: ti restituisce anche il valore della tua unicità, ti fa comprendere la bellezza di una società di diversi, di strani, di folli. E ti regala una determinazione e una caparbietà che ti portano a traguardi importanti. Poi, comunque, io sono stata una ragazza fortunata: ho avuto una famiglia meravigliosa. E crescendo al liceo mi sono sfinata, anzi, facevo parte del gruppetto delle bonazze della scuola, anche se secondo me delle cinque ero la meno bellina».
Pure tu, però, a tua volta hai fatto soffrire, come hai raccontato a Massimo Gramellini nel programma Le parole della settimana.
«Ricordo bene: eravamo alle medie, frequentavo una scuola privata prestigiosa (a Roma). In classe eravamo tutti di famiglie benestanti, tranne un bambino figlio di una vedova che faceva grandi sacrifici per farlo studiare. Era emarginato dai compagni. Un giorno ci invitò alla festa di compleanno: non andò nessuno, neanche io. Capii quanta sofferenza aveva causato questo mio comportamento e che si può fare del male anche senza volerlo. Fu probabilmente quell’episodio che mi fece capire che volevo stare dalla parte dei più fragili. Raccontare il dolore delle persone».
Per questo ti sei avvicinata alla televisione?
«Forse sì. Con l’incoscienza dell’età, a 18 anni portai un curriculum alla Rai. Quando una ragazza si dimise all’improvviso, mi presero come assistente nella trasmissione di Mino Damato Alla ricerca dell’arca. Mi ritrovai, io giovanissima, a cena con personaggi come Burt Lancaster, Sting, Carolina di Monaco e Stefano Casiraghi».
Poi sono arrivati gli altri programmi.
«Le prime esperienze le ho fatte come giornalista nella redazione di Ultimo minuto dove raccoglievamo storie di persone che si erano salvate appena in tempo. Con Lubrano passai in video: un giorno gli portai un testo su uno dei tanti temi delicati che affrontavamo in difesa dei consumatori, lui lo apprezzò per come era scritto e mi invitò a leggerlo in trasmissione».
Ma ci sono state anche incursioni nell’intrattenimento.
«Sempre come assistente, ad Avanzi di Serena Dandini. Quell’esperienza mi ha insegnato tanto, mi ha dato quel senso di leggerezza e di ironia che è molto importante anche quando si trattano argomenti seri».
Poi il passaggio ad Agorà.
«Mi chiamò Andrea Vianello come inviata. Anni dopo sono arrivata alla conduzione nell’edizione estiva e, infine, quando Gerardo Greco è diventato direttore della radio, a quella invernale. Insomma, ho chiuso il cerchio e, senza presunzione, devo dire che era arrivato il mio momento. Ogni gradino me lo sono guadagnato: in Rai mi hanno assunto dopo 14 anni di precariato e tanta gavetta. Io sono molto critica verso me stessa, figuratevi che non mi riguardo mai in trasmissione perché non mi piacerei mai abbastanza: faccio passi in avanti quando sono certa di essere pronta».
E ora lo sei per sbarcare sul primo canale?
«Il direttore Stefano Coletta, che è uno dei più grandi conoscitori della tv, non mi avrebbe mai chiamata se non fosse certo che sono la persona giusta al posto giusto. E io non avrei mai fatto il passaggio da Raitre a Raiuno se non ci fosse stato lui alla direzione».
Dal terzo canale ti porti dietro l’impostazione culturale di sinistra. Mentre sulla rete ammiraglia troverai un pubblico più nazional popolare, eterogeneo anche dal punto di vista politico
«La mia esperienza è quella del racconto del reale, delle battaglie sociali: questo non vuol dire essere di sinistra o di destra, ma vicini alla gente. Io poi ho avuto un’educazione cattolica e, insieme, ho coltivato una formazione illuministica. Il mio faro è stato Don Milani e la sua lezione sull’importanza dello studio come forma di emancipazione. La sintesi di tutto per me è stare bene con se stessi per entrare in empatia con gli altri».
Il direttore Coletta ha una stima per te incondizionata, vi conoscete da trent’anni
«Dai tempi di Mi manda Lubrano. Andavamo in giro in pullman. Partimmo in coppia io e lui per il Veneto. Ci mettemmo a chiacchierare e non abbiamo più smesso La sua amicizia è uno dei regali della vita».
E come sarà questo nuovo programma?
«Il titolo ovviamente viene dal film Via col Vento, dalla figura della protagonista Rossella e dal concetto di non arrendersi mai, un po’ come sono io. Mi piacerebbe raccontare questa forza, la volontà di non abbattersi di molti italiani, di rimettersi in gioco, anche in un momento difficile come questo. Ci dedicheremo molto al pubblico femminile, che è presente in maggior numero davanti alla tv a quell’ora del pomeriggio».
Ma come te lo immagini questo autunno con l’incubo del ritorno di un’emergenza Covid?
«Proprio non lo so. Non amo il giornalismo delle previsioni. Temo però il processo di rimozione collettiva, la voglia della gente di dimenticare e di non attenersi alle regole, che sta provocando di nuovo una situazione pericolosa. Penso però che l’importante per noi giornalisti sarà ancora essere presenti per aiutare il pubblico. Questo l’ho sentito moltissimo nei mesi del lockdown: la possibilità di essere utile mi ha reso orgogliosa, mi ha dato il senso del lavoro di vent’anni. Mi hanno scritto messaggi bellissimi persone chiuse in casa per ringraziarmi di aver dato loro coraggio».
E a te chi è stato vicino durante il lockdown?
«I miei libri.... io sono una single contenta. Non ho mariti, né figli, né fidanzati. In passato ho avuto lunghe relazioni felici che poi si sono concluse. Soprattutto per colpa mia: sono allergica ai matrimoni, mi sento soffocare, fuggo via, non è la mia vita. Ma non escludo che magari, prima o poi, arrivi un altro amore I miei cuscini di protezione, il mio termosifone, sono i miei amici. Faccio ancora le vacanze con quelle quattro compagne di classe bonazze del liceo...».