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 2020  agosto 18 Martedì calendario

Intervista a Isabella Ferrari

Per le donne che bruciano di passione, fino a annullarsi, prova un’istintiva simpatia «perché apprezzo il coraggio di chi vive senza tirarsi indietro», dice Isabella Ferrari, sabato protagonista al Festival di Spoleto con Arianna, Fedra, Didone , con la musica composta da Silvia Colasanti. Uno spettacolo (adattamento e traduzione di René de Ceccaty) che racconta l’universo femminile, tre monodrammi per Attrice, Coro femminile e Orchestra su testo tratto dalle Epistulae Heroidum di Ovidio, che intreccia il destino di tre creature del mito segnate dal destino tragico: quello di Arianna innamorata di Teseo, di Fedra, la figlia di Minosse, protagonista della tragedia di Euripide, e di Didone, la regina di Cartagine che si toglie la vita dopo la partenza di Enea. Sul podio Roberto Abbado dirige l’Orchestra Giovanile Italiana.
Com’è nato questo impegno per Spoleto?
«È stato il primo progetto che mi è stato offerto durante il lockdown, mi sembrava di buon auspicio dire di sì subito e arrivare a recitare in uno spazio all’aperto. Ricordo che quando Giorgio Ferrara mi ha chiamato ero chiusa a casa in un sabato silenzioso, immobile. Mi è sembrato un regalo».
Cosa rappresenta per lei il Festival dei 2 Mondi?
«Ci sono stata solo come spettatrice, è un festival all’avanguardia. Ho sentito il richiamo e al tempo spesso la paura di un palcoscenico sconosciuto. Il melologo mette in scena la storia di tre donne, tre passioni d’amore... Devo capire come legarle, troverò un’idea nel mio cuore. Certo le lega la forza, le accomuna la forza della passione. Ci fa andare avanti, per questo è adatto alle mie corde, poi ho scoperto il talento di Silvia Colasanti e Roberto Abbado».
Arianna, Fedra e Didone: la sua preferita?
«Arianna è la più giovane, la più istintiva, la vedo come l’onda che si infrange sulle rocce. Fedra è il fuoco, l’illecito, è l’amore che brucia. Didone è una regina, una donna di potere. A me piace tanto Fedra».
Che ruolo ha avuto la passione nella sua vita?
«Ha cambiato il corso della mia esistenza. Per passione ho abbandonato un marito per un altro uomo, mi ha fatto trovato il coraggio di lasciare. La passione è qualcosa che ho vissuto e ha bruciato le mie viscere perché l’amore brucia, non c’è niente da fare».
A qualsiasi età?
«È uguale, non contano gli anni. La passione bruciante puoi sentirla come colpa, penso a Fedra, e porta a fare scelte estreme. Le tre donne scelte da Colasanti si ammazzano, ma per me la passione è luminosa. La devi riconoscere, andare fino in fondo e non avere paura di abbandonare una situazione per qualcosa di nuovo».
Pensa che sia ineluttabile, che non si possa scegliere?
«Secondo me ognuno dentro di sé sa quale sia la strada, allora lasciare non è più tradimento: è la via per l’amore della vita. Non si riesce a tornare indietro. È di grande insegnamento anche per le più giovani, che hanno troppa paura di vivere e di soffrire. Ma è la vita: non possiamo fare altro che costruire le nostre giornate sui passi falsi e le cadute. Ormai alla mia età riesco a dirlo».
Stare in scena la spaventa?
«Ho paura di non sentirmi all’altezza, ma sono contenta di esprimere con l’arte i sentimenti, di essere una piccola scintilla. Ho fatto poco teatro, ma tutti spettacoli di successo, Il catalogo con Ennio Fantastichini e la regia di Valerio Binasco, anche lì era facile riconoscersi nell’imprevisto dell’amore. Ennio era meraviglioso, aveva capito i miei dubbi. Un giorno mi ha detto: "Isabella, diventa chi sei". Mi ha insegnato il coraggio. Due partite con Cristina Comencini aveva un taglio comico che mi appartiene».
Ogni volta una preoccupazione diversa?
«Ci sono situazioni che mi divertono, ma provo sempre una sorta di sconforto. Mi assale l’ansia anche se sono curiosa. Sono sicura che a Spoleto dopo qualche giorno di prove entrerò nello spettacolo, ma capirò davvero quello che sto facendo quando avrò di fronte gli spettatori. Imparerò le battute e ci metterò soprattutto il cuore, un po’ di me, altrimenti non si accende la miccia. Il corto circuito avviene sempre col pubblico».
Da quarant’anni sembra che stia dalla sua parte.
«Forse perché ho tenuto i piedi per terra, non mi sono mai esaltata nel momento del successo.
Sento molto amore da parte delle donne, dai tempi di Selvaggia di Sapore di mare . Poi ci sono stati i film, come quelli di Ferzan Ozpetek, in cui ho raccontato la fatica, il mondo femminile contemporaneo. Ho interpretato tanti tipi di donne, con la loro forza, i tanti dubbi, le insicurezze. Adesso mi succede sempre più spesso di essere una madre, come in Baby , la serie di Netflix, ed è giusto così. Nei ruoli non sono mai altro da quello che sono nella vita, con un dieci per cento in più. Per Arianna, Fedra e Didone metterò in scena sentimenti che hanno lasciato un segno. Sono pronta a mostrare le mie cicatrici».