Il Sole 24 Ore, 18 agosto 2020
Conti correnti, in Italia evaporano 22 miliardi
Miliardi di euro che evaporano, in termini di potere di acquisto, e in modo quasi del tutto inosservato. L’abitudine delle famiglie italiane a tener parcheggiato il denaro su conti corrente bancari infruttiferi è ben nota, l’emergenza Covid-19 (e la tradizionale cautela dei nostri risparmiatori) l’ha soltanto portata su livelli mai visti in precedenza, con le dovute conseguenze. Quando viene considerata da un punto di osservazione diametralmente opposto questa tendenza, che si riscontra anche nel resto d’Europa pur con differenti intensità, offre invece alle banche risorse importanti e sulle quali, al momento, è difficile (oltre che poco conveniente) non fare affidamento.
Fenomeno in crescita
I numeri raccolti su scala continentale da Deposit Solutions, piattaforma leader nell’Open Banking per i depositi, lasciano in effetti pochi dubbi: con 795 miliardi di euro, il volume dei conti corrente ha raggiunto nell’aprile 2020 in Italia il massimo storico, in aumento del 37,5% dal 2015. Ma ancora più allarmante è il fatto che almeno il 68% di questo denaro – 15.500 euro per ciascun cittadino italiano – giace inerte su conti senza interessi e una quota minimale (appena il 5%) viene invece dirottata su depositi a termine che un rendimento a scadenza, ancorché limitato, lo offrono comunque.
Soltanto la Spagna ci batte in prudenza (e nella cattiva gestione della liquidità) con l’86% del denaro posteggiato su conti corrente e 17.700 euro pro capite, la Gran Bretagna ci imita (68%), la Germania resta un gradino più sotto (66%), mentre al contrario, fra i Paesi più «pianificatori» di lungo termine troviamo i Paesi Bassi (82% di depositi a termine), seguiti dalla Francia (67%). Ragionando in generale a livello di zona euro, più di un euro su due (57%) del denaro consegnato alle banche è immediatamente disponibile, per un fenomeno che è però in continua crescita: se nel 2015 i cittadini europei avevano lasciato sui conti corrente il 39% del proprio denaro (2.547 miliardi), cinque anni dopo questa cifra è cresciuta quasi del 50% (3.984 miliardi), mentre quanto depositato su conti a tempo determinato, conti overnight e conti di risparmio, è rimasta invece sostanzialmente stabile poco sotto i 4mila miliardi.
Tassa «occulta»
Del tutto simile la tendenza nel nostro Paese, con un ammontare di denaro sui conti corrente in costante crescita negli ultimi 5 anni dai 578 miliardi del 2015 e un livello dei depositi invece in leggero calo da 403 a 380 miliardi. Con una conseguenza che forse non è evidente a tutti: «Gran parte del denaro degli italiani rimane parcheggiato in conti privi di interesse invece di essere impiegato in depositi a termine e questo comporta per i risparmiatori una perdita di rendimento anno dopo anno, anche in tempi di bassi tassi di interesse», nota Ermanno Ciarrocchi, Chief Sales Officer Europe di Deposit Solutions. Considerando l’erosione operata dalla pur bassa inflazione di questi ultimi 5 anni (quella che molti chiamano «tassa occulta») la perdita del potere d’acquisto dal 2015 a oggi sarebbe stata infatti di quasi 22 miliardi per i cittadini italiani e addirittura di 123 miliardi quando si considera l’Eurozona nel suo complesso.
Linfa vitale per le banche
Visto dalle banche il fenomeno ha senz’altro elementi positivi, perché quello stesso denaro rappresenta una fonte di raccolta rilevante e insostituibile, che però potrebbe anche essere sfruttata in modo migliore, a maggior ragione in un contesto in cui l’accesso al mercato dei capitali è divenuto per alcuni assai complesso. «Anche se più costosa – ammette Ciarrocchi – la liquidità vincolata a termine darebbe alle banche benefici legati a un miglior allineamento tra attivi e passivi, perché questo denaro potrebbe essere destinato per coprire attività a medio e lungo termine come ad esempio credito alle imprese o al consumo».
Favorire lo spostamento del denaro dai conti corrente infruttiferi a depositi a termine potrebbe quindi rappresentare una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti, ma resta una strategia che si fatica a perseguire sia ad opera dei risparmiatori sia, almeno in modo sistematico, dagli stessi istituti di credito. «Per risolvere questa sfida occorre promuovere lo sviluppo di un mercato europeo dei depositi, in modo che le banche possano effettuare raccolta anche oltre i confini nazionali e i risparmiatori possano a loro volta disporre delle offerte di tassi di interesse in tutta Europa tramite l’interfaccia della loro banca» propone Ciarrocchi. Esempi di una simile attività «oltrefrontiera» non mancano, e sono in aumento, ma restano ancora troppo sporadici per concorrere a determinare una svolta favorevole per tutti.