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 2020  agosto 17 Lunedì calendario

In morte di Mercedes Barcha

Dire musa, dire ispiratrice, dire “moglie di” significa usare un’etichetta tutto sommato generica e sminuente. Ma il fatto che molti la chiamassero affettuosamente la Gaba indica chiaramente un legame, un nodo indissolubile. Mercedes Barcha Pardo, che per oltre mezzo secolo è stata accanto a Gabriel García Márquez, morta sabato a Città del Messico a ottantasette anni, viene evocata sui giornali latinoamericani come la «compañera incondicional», la compagna indiscussa del grande scrittore. E oltre ad attribuirle, in modo non sempre granché femminista, le qualità della donna-moglie- madre capace di organizzare il lato pratico della vita del genio, c’è chi ne evoca l’irresistibile intelligenza, la presenza vivace e discreta a un tempo, ma così magnetica da intimidire perfino Fidel Castro. Si fida più di lei che di me, diceva Gabo, che di Mercedes temeva anche solo l’inarcarsi del sopracciglio, quando le dava da leggere qualcosa di suo. E Cent’anni di solitudine lei lo ebbe per le mani per prima: andò alla posta per spedire il dattiloscritto a un editore, servivano 83 pesos, ne aveva in tasca la metà e fu costretta a mandarne solo una parte. Aneddoto fra i tanti di questa lunga storia d’amore che qualcuno ha definito il gran romanzo di Gabo. Fatto di attese e di tenacia; cominciato troppo presto – poco più che ragazzini quando Márquez fece una proposta di matrimonio giudicata prematura dal padre di Mercedes, farmacista. Non si dette per sconfitto, portò con sé una foto di lei nei suoi viaggi europei – dettaglio letterario, da Amore ai tempi del colera - non riuscendo a togliersi dalla testa questa ragazza colombiana di origine egiziana, parca, di poche parole, affascinantissima. L’avrebbe sposata il 21 marzo del 1958, senza più lasciarla. Da lei ha avuto due figli, Rodrigo e Gonzalo; accanto a lei ha vissuto insuccessi e successi, gli anni faticosi e quelli del trionfo, compreso naturalmente il premio Nobel nel 1982.
Mercedes non si lasciava scucire troppo sul famosissimo marito, ma fu lei a ricostruire, con un filo di ironia, il leggendario scontro di Gabo con Mario Vargas Llosa. Storia di politica o di donne? L’unica certezza è che il colombiano fu colpito in pieno viso dal peruviano, e perché restasse testimonianza dell’occhio nero si fece scattare una fotografia, diventata un feticcio per gli appassionati di letteratura. Discrezione, eleganza, dignità – così la raccontano gli amici, sottolineando la sua abilità e la sua determinazione nel costruire “una vita al plurale”. Diventando allo stesso tempo la prima sostenitrice del marito, soprattutto quando la fiducia in sé stesso era pericolante, con i suoi larghi e complici sorrisi; colei a cui ciascun paragrafo è stato letto, per filo e per segno. Così non suona eccessivo convocare la pragmatica Mercedes dentro l’opera stessa del visionario Gabo. “Mamá Grande” la chiama Jorge Hernández su El País, richiamando gli istanti dell’incredibile e felice storia d’amore che ha permesso a un’opera di esistere davvero. Con tutti i dettagli, inconfondibili. La selva di odori, che arrivano a folate, come raffiche di musica: rum canforato nella stanza di un nonno, odore di carte da gioco nuove, nella stanza materna, odore di catrame e palline di naftalina, di biancheria e finestre chiuse, odore di gelsomini e odore di mandorle amare. Una donna che scrive sui muri di un sogno «occhi di cane azzurro»; una donna vera che scrive lettere d’amore fingendo di prendere appunti durante le lezioni e mette nelle buste «foglie disseccate nei dizionari, ali di farfalla, piume di uccelli magici». È anche nelle microparticelle invisibili di questa lunga relazione che bisognerà cercare, magari con l’immaginazione, le ragioni e le possibilità di libri che hanno cambiato la faccia della letteratura. E ritrovare – alla radice – la figurina di un uomo che balla con le mani a palmo aperto, davanti a una ragazza di nome Mercedes.