Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2020
Verso la clamorosa svolta dell’Arabia Saudita
L’ultima volta che Israele ha firmato la pace con un Paese arabo risale a 26 anni fa, con la Giordania. Nel deserto di Wadi Arawa, Yitzhak Rabin, re Hussein e Bill Clinton siglarono l’accordo. È difficile trovare in Donald Trump, Bibi Netanyahu e nella discussa figura di Mohammed bin Rashid al Maktoum, il premier degli Emirati Arabi Uniti, similitudini con gli uomini di pace di allora. Ma quello che conta è l’obiettivo. La pace annunciata fra Israele ed Emirati è la prima buona notizia da una regione nella quale anche le esplosioni accidentali sono catastrofiche. Per quanto piccoli, gli Emirati Arabi Uniti sono diventati un Paese chiave del mondo arabo, contribuendo a determinarne le confuse dinamiche: combattono in Libia, fino a poco tempo fa anche nello Yemen, e hanno partecipato a tutte le missioni internazionali contro l’Isis. È difficile immaginare che della loro trattativa con gli israeliani, a Washington, non abbiano tenuto informato il principale alleato, l’Arabia Saudita. Ed è ancora più difficile pensare che l’accordo potesse essere raggiunto senza il suo consenso. Si apriranno ambasciate, i due Paesi si scambieranno il corpo diplomatico. E si moltiplicheranno gli accordi commerciali che in maniera più discreta Israele già aveva negli emirati del Golfo. Per il suo ruolo nel mondo arabo e islamico, l’Arabia Saudita non può ancora permettersi di pensare a una pace con Israele. L’ipotesi è prematura. Ma gli Emirati Arabi Uniti possono essere una specie di avanguardia. Se nella regione non ci saranno reazioni troppo negative (quella iraniana è scontata), anche i sauditi potrebbero fare passi concreti. Anche per aiutare la difficile campagna elettorale di Donald Trump: a Riyadh il repubblicano è decisamente preferito a una presidenza democratica. «Gli Emirati resteranno un forte sostenitore del popolo palestinese», ha precisato l’ambasciatore di Abu Dhabi a Washington, alla fine del negoziato. In cambio della pace, Bibi Netanyahu rinuncia all’annessione della valle del Giordano e di altri territori palestinesi, annunciato per il 1° di luglio e mai realizzato. Anche questo è un successo, ma più per Israele che per l’Autorità palestinese. Sin dal 2002 a Beirut, e in ripetuti vertici, il mondo arabo aveva manifestato la sua intenzione di riconoscere Israele in cambio del suo ritiro da tutti i territori occupati palestinesi, compresa Gerusalemme Est, araba. Ora un Paese importante come gli Emirati accetta una pace solo in cambio della “sospensione” della supposta annessione di luglio. La Palestina, intanto, rimane occupata.