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 2020  agosto 14 Venerdì calendario

Intervista a Paolo Conte: «Mai fatto psicanalisi»

Se al Festival del cinema di Venezia volessero quest’anno fare un colpo di vita, dovrebbero dare il Leone d’oro alla carriera a Paolo Conte. Le sue canzoni sono alcuni dei più bei film della nostra vita. Pensate a Sparring partner, che ha il touch di un Clint Eastwood, o all’epopea dell’uomo del Mocambo, che è l’altra faccia del Sorpasso di Dino Risi. C’è anche l’occasione giusta per onorare il Maestro. La Mostra del Cinema 2020 ospita in anteprima Paolo Conte, Via con me di Giorgio Verdelli, un film sulla sua vita e le sue opere. L’Avvocato di Asti appare finalmente in prima persona sul grande schermo.
Marcello Mastroianni, che ne capiva, lo riteneva l’unico che avrebbe potuto prendere il suo posto sul set. Nel cast del film troviamo Roberto Benigni, Pupi Avati, Caterina Caselli, Jane Birkin, Francesco De Gregori, Jovanotti, Giovanni Veronesi, Vinicio Capossela e Luca Zingaretti, che fa la guida in un viaggio tra milonghe, maccaie genovesi, cassiere che masticano caramelle alaskane, palcoscenici di grandi teatri parigini, londinesi, americani, napoletani, tarantolate esibizioni di Enzo Jannacci al Club Tenco e Monica Vitti che canta Avanti, bionda. Grazie al ricchissimo archivio personale dell’artista (esplorato con l’aiuto di Rita Allevato, manager di Conte, che da anni desiderava questo film) Verdelli ha messo in scena la memoria di Conte. E non si tratta soltanto della sua memoria, ma di quella di un’epoca, di più generazioni. Forse, si tratta della memoria (oggi fortemente in pericolo) dell’italianità stessa e dei suoi testimonial contiani: Gino Bartali, la Topolino amaranto...
Un ultimo suggerimento agli organizzatori del Festival, prima di passare all’intervista a Conte. La sera in cui gli consegnerete (come spero vivamente) il Leone, proiettate la scena del film di Verdelli in cui Giovanni Veronesi racconta che una delle canzoni preferite da un grande del cinema come Robert De Niro è Onda su onda. Bob la canticchia spesso con viso sognante: «Son caduto dalla nave, son caduto / mentre a bordo c’era il ballo... Tu stai danzando insieme a lui / con gli occhi chiusi ti stringi a lui».
Maestro, prima di cominciare, possiamo osservare un minuto di silenzio per la scomparsa del dragueur , del ballerino di balli lenti, eroica figura del dopoguerra che danzava sapendo a memoria dove voleva arrivare? Se avesse voglia di spendere qualche parola in suo ricordo...
«Questo individuo andava osservato prima di tutto quando, con un’aria quasi professionale, si avvicinava alla dama per invitarla a ballare, e ancora più, quando, con aria altrettanto “professionale”, accoglieva il diniego di lei e si allontanava, evitando il grandissimo errore di rivolgere lo stesso invito a qualche amica di lei seduta nei paraggi, e si spostava verso altri parcheggi. Scena che avveniva in un silenzio di tigri».
Ho fatto un quiz che circola su internet e misura il grado di cultura contiana. La prima domanda è: “In che lingua è la parola sijmadicandhaapajiee ?”. Risposte possibili: A) Aramaico. B) Sanscrito. C) Dialetto astigiano. Ho scelto la C. Come sono andato?
«La risposta è esatta, ma non esattissima. Il contenuto è in dialetto astigiano (significa: siamo dei cani da pagliaio), ma la grafia è di tipo azteco».
(Ho capito: rimandato all’esame di Cultura generale contiana). Jane Birkin dice di lei: «L’Avvocato c’est sexy ». E pronuncia la parola “avvocato” come se fosse piena di erre da arrotare, anche se non ce n’è nemmeno una.
«Con Jane abbiamo cantato insieme Chiamami adesso».
Una delle sue canzoni più sensuali. Mi racconti.
«Mi ricordo un gentile gesto di Jane: portò alla mia orchestra un pacchetto di pasticceria».
In Elisir lei canta: «Si suona così, con grazia plebea. Le mani che sudano». È questa la ricetta per fare «brava musica»?
«Quando sento disquisire di “canzone popolare” provo un po’ di confusione: pop, per gli americani, mi sembra che stia per “canzone di successo”, per me significa qualcosa di più simile a “popolano” nel senso che appartiene al popolo non per l’acquisita notorietà, ma per un’essenza più intimamente “indigena”. In Elisir mi sono spinto per questo ad usare la parola “plebea”».
Certe sue cantanti (Caterina Caselli, Gianna Nannini, la stessa Birkin, Malika Ayane), posseggono la grazia plebea?
«Sempre nel senso che dicevo prima, sceglierei Caterina Caselli, per la quale mi ricordo di aver scelto in passato la definizione “canta come le lavandaie”».
Caterina Caselli racconta che perse la testa quando sentì Insieme a te non ci sto più . E dice: «Se fosse stato un quadro in un museo, sarei stata colpita dalla sindrome di Stendhal». È il primo caso di sindrome di Stendhal provocata da una canzone.
«La grande Caterina ha sempre scelto bene il suo repertorio, forse il repertorio più coerente che una cantante italiana abbia mai avuto. E per di più autenticamente beat. Insieme a te non ci sto più è una delle rare canzoni beat che io abbia composto».
La grazia plebea ce l’ha anche Celentano?
«Assolutamente sì».
Ma cosa ne sa un laureato di Asti, figlio d’arte notarile, dal lato paterno, e di proprietari terrieri, da parte materna, della grazia plebea?
«Io “ondeggio” tra l’ammirazione per la musica colta (ma non necessariamente accademica) e il fascino più segreto dell’ ethnos ».
Avvocato, la sua causa più bella è la difesa dell’uomo del Mocambo, l’avventuriero sognatore che incarna un certo tipo di italiano del dopoguerra. Lei è stato il curatore del suo fallimento rimanendogli cavallerescamente a fianco fino all’ultima ingiunzione.
«Distinguiamo sempre tra il fallimento di una grande azienda e quello di un piccolo imprenditore solitario. È a quest’ultimo che va la solidarietà (compassione) di un curatore dall’animo buono». (Chi ha orecchie per intendere...).
Li guardava, al tempo, i telefilm di Perry Mason?
«Vedevo Perry Mason e, dopo, Nero Wolfe. Perry Mason risolveva gialli giudiziari a beneficio del proprio cliente innocente. E (pragmatismo americano?), smascherava il colpevole, facendolo comparire addirittura in aula. Trovo, a questo proposito, che il nostro Gianrico Carofiglio sia andato oltre: il suo avvocato Guerrieri riesce a far assolvere il suo cliente innocente, e basta lì. È una lezione di giustizia più alta di quella americana». (Anche qui: chi ha orecchie ecc.).
Una curiosità: è mai andato dallo psicanalista?
«Mai fatto psicanalisi, ghe pensi mi (come diceva Tino Scotti, se lo ricorda?)».
Come no, il bauscia milanese. E le serie televisive tanto di moda le guarda?
«In tv vedo Montalbano, Derrick, Downton Abbey... il resto è football».
Chi è stato il più grande: Maradona, Pelé, Messi o Ronaldo?
«Tra i quattro scelgo Puskas, detto il Maggiore a cavallo. L’ho visto dal vivo. La gloriosa scuola calcistica ungherese, l’eleganza del football magiaro, la leggenda della Squadra d’oro».
Pupi Avati dice che lei è un essere umano di una tenerezza struggente e racconta che lei disse addio a sua madre deponendo nella bara, come un fiore, le parole di Azzurro.
«Abbiamo entrambi molta tenerezza, Pupi ed io. E, a distanza, ci vogliamo molto bene».
Però Avati, masticando un po’ amaro, dice che lei, a differenza di lui, è bello.
«Ma io Pupi lo trovo bellissimo».
Sua madre quando ascoltò Azzurro la prima volta si mise a piangere perché la trovò antica e moderna. Dov’è il passato e dove il futuro in Azzurro?
«Domanda da un milione di dollari. Il passato è in quel di “teneramente antico” che c’è soprattutto nella musica, il futuro è nella trasgressione, diciamo così, di comporre una canzone del genere in piena epoca beat».
Lei canta suo padre in Eden, una canzone che definirei dantesca, perché va a cercarne il sorriso in Paradiso.
«Il brano non è strettamente autobiografico. Semplicemente un padre e un figlio. E l’ambientazione è, sì, dantesca».
È la sua canzone più religiosa?
«No, direi piuttosto Un’altra vita».
Ma in terza liceo, quando fu bocciato per troppe assenze, cosa faceva quando non andava a scuola? Cherchez la femme, come dicevano i commissari di una volta?
«Mi spiace tanto per il suo commissario, ma sta seguendo una pista sbagliata. Cherchez la musique et la paresse (la pigrizia), questa è la pista giusta».
Il film di Verdelli comincia con lei che fuma l’ultima sigaretta prima di un concerto. Salire sul palco ha qualcosa del salire sul patibolo?
«Facciamo del doppio senso: è un’esecuzione musicale».
Benigni, che parla ormai come Dante, dice che per chi ascolta un suo concerto «tutto si slarga e si infinita». E, modestamente, lo confermo anche io.
«Vi ringrazio di cuore, ma si patisce sempre un po’ lo stesso prima di andare in scena».
Gelato al limon è dedicata a sua moglie. È una dichiarazione d’amore a Egle. Certo che le piaceva vincere facile: come avrebbe potuto Egle resistere a una dichiarazione così?
«È una dichiarazione d’amore, ma non seduttiva o malandrina. Eravamo già innamorati e addirittura sposati».
Però lei canta: «Donna che stai entrando nella mia vita con una valigia di perplessità». Quali perplessità nutriva Egle?
«Allora non lo sapevo. Comincio a capirlo adesso».
Egle, da vera diva, fa nel film una partecipazione straordinaria nascondendosi la faccia con un giornale mentre, al Club Tenco, Benigni canta sfrontatamenteMi piace la moglie di Paolo Conte.
«Ha detto bene: atteggiamento da vera diva. Roba da Greta Garbo!».
La musica di Se telefonando fu ispirata a Morricone dal suono della sirena di un’ambulanza a Marsiglia? Le è mai capitato qualcosa di simile?
«All’inizio di tutto, quando da bambino stavo in campagna da mio nonno e passavo molto tempo sopra un poggio a guardare e ascoltare un trattore che arava nella valle sottostante. Se il trattore si avvicinava alla mia postazione emetteva dei suoni “presenti” di ferraglia, quando si allontanava emetteva dei sobbalzanti muggiti bufaleschi che m’incantavano. Era un’essenza segreta della musica».
Ethnos puro. E quindi domanda in omaggio alle sue radici e al suo illustre concittadino Vittorio Alfieri. Qual è la sua canzone più tragica?
«Mi farebbe effetto andare a cercare del tragico tra le mie canzoni. Già che parliamo di Asti e di Alfieri, riascoltiamoci Teatro (orazione d’onore per il teatro Alfieri di Asti chiuso da tempo). “Anticamente / Si sguainavano là dentro le parole / Uccidere il tiranno questa sera / Ei pera, pera”».
Nella canzone Pesce veloce del Baltico il ristorante dell’albergo proponeva con sussiego pesce veloce del Baltico e torta di mais, ovverosia baccalà e polenta. Mi vengono in mente i masterchef odierni. Pecco di cattiveria?
«No, no! Aumentiamo la cattiveria! Nouvelle cuisine, nouvelle vague, bossanova».
Lei scelse il primo strumento, il trombone, per la sua sensualità. Può darmi qualche dettaglio in più?
«Sul trombone le note si ottengono facendo scorrere un tubo che si chiama “coulisse”, cioè glissando: questo produce un effetto sinuoso che mi ricorda le movenze di certe belle donne grasse. Non si può suonare il trombone senza pensare ad una bella donna nuda».
A proposito, Carmen Villani, per la quale scrisse le sue primissime canzoni (la bellissima Se), era molto molto sensuale, e fu anche attrice al cinema di commediole scollacciate ( La supplente). Come era vista da vicino?
«Una bellissima ragazza, mai scollacciata, come del resto i suoi films che erano allusivi solo in apparenza. Ne approfitto per salutarla. Una cara amica».
Mi faccia raccomandare al proto di non levare la “s” finale a”films”, se no lei poi mi toglie il saluto. Ora le chiedo chi è il personaggio femminile che predilige nelle sue canzoni. Sbaglio o è Marisa di Sotto le stelle del jazz?
«Promosso stavolta. Marisa è un nome che mi ha sempre intrigato fin dagli Anni 40. Ero già un buongustaio?».
Maestro, le vogliono tutti bene. Dove ha sbagliato? Dica una cosa che possa essere usata contro di lei.
«Se lo dico, non mi credono».
La penso ogni volta che leggo i bellissimi romanzi di Colin Dexter. Il protagonista, l’ispettore Morse, ha le sue stesse passioni (la musica, i gialli e l’enigmistica) e il suo stesso senso dell’umorismo.
«Conosco l’ispettore Morse. Mi piacciono molto lui e la sua Jaguar. A proposito, facciamo un po’ di enigmistica. Questa è mia. Chiavi di lettura: per capire a fondo una Jaguar ci va una chiave inglese».