Corriere della Sera, 14 agosto 2020
New York rischia lo svuotamento
Per mesi titoli da film come «2020, Fuga da New York» sono stati liquidati come le solite previsioni dei catastrofisti che a ogni crisi annunciano il declino della «capitale del mondo»: sempre smentiti, poi, dai fatti. Le città portano inquinamento, congestione e tanti altri problemi, ma sono anche concentrazioni insostituibili di servizi di ogni tipo – sanità, istruzione, cibo, sport, giustizia, cultura – e di luoghi di intrattenimento e socializzazione che attirano i migliori talenti. E New York è da sempre il meglio di quello che l’America può offrire. A marzo, quando scattò il lockdown, l’esodo parve momentaneo e limitato a una élite di ricchi. Quando, a giugno, la città continuò a sonnecchiare nonostante la riapertura dei ristoranti, si disse che la vera ripresa sarebbe arrivata a settembre, con scuole e uffici di nuovo affollati.
Ma adesso, con la pandemia che sta creando un clima da stato d’assedio permanente, l’esodo, per quanto parziale, diventa strutturale: le imprese di traslochi fanno fatica a fronteggiare l’enorme richiesta di famiglie che hanno deciso di lasciare la Grande Mela per trasferirsi in case più spaziose nei sobborghi o in altre città. Intanto a New York, dopo quello degli immobili commerciali, crolla il mercato degli edifici residenziali. I prezzi d’acquisto scendono da tempo, mentre ora, per la prima volta, è in calo anche il mercato degli affitti. Crolla la domanda ma crollano anche le disponibilità economiche dei residenti: un quarto degli inquilini di New York non paga l’affitto da quattro mesi o più. È boom, invece, fuori città, da Long Island alla valle dell’Hudson, ma anche nei due Stati confinanti: Connecticut e New Jersey.
Con le mille incertezze che gravano sul ritorno alla normalità di tutto ciò che rende gradevole vivere a New York, chi può lavorare in remoto preferisce cercare case ampie con spazi per ufficio, le attività dei ragazzi, una piccola palestra e, magari, giardino con piscina, in zone verdi con impianti sportivi, scuole, piste ciclabili, ben collegate con la metropoli. Città dove, magari, si va una o due volte a settimana per una visita medica, un teatro o una cena con amici. Sperando che il ristorante preferito abbia riaperto: quasi la metà degli esercizi della città ha chiuso per sempre. Intanto le grandi catene – commercio e ristorazione – cominciano a lasciare New York: tasse troppo alte e pochi affari. E anche diverse grandi corporation stanno pensando di trasferire altrove le loro sedi con migliaia di dipendenti.
Se non inventa rapidamente un altro modello di sviluppo, New York rischia l’effetto Detroit: una metropoli gigantesca con un cuore sempre meno abitato, con zone abbandonate, nelle mani di un municipio impoverito dall’esodo di imprese e contribuenti ricchi.