Non si può parlare della nuova stagione senza commentare quella passata, finita tra le polemiche. «Come ho fatto in diretta, l’ultima puntata, ringrazio anche adesso Lorella. Non ci conoscevamo, ci siamo trovati all’improvviso a vivere un’esperienza epocale.
Siamo andati avanti anche quando la rete ci ha chiesto uno spazio maggiore, quattro ore, dandoci forza l’un l’altro. Insieme abbiamo fatto qualcosa di utile: servizio pubblico».
Fin qui, va bene. Ma poi qualcosa si è rotto.
«Conservo quello che c’è di buono, quello che si è visto in onda è la verità. La migliore risposta a qualsiasi polemica e falsità».
Perché Cuccarini l’ha definita “maschilista”?
«Non lo so, forse si è sbagliata, voleva dire giornalista. Non ho fatto altro che fare il giornalista. Questo sì, l’ho fatto. Se vuol dire mancare di rispetto a qualcuno, allora mi arrendo. Di tutte le cose che si poteva inventare è la più surreale. Mia mamma è una storica femminista italiana, è stata consigliere delle Pari opportunità a Palazzo Chigi, vengo da una famiglia molto aperta. Mi è dispiaciuto perché davvero non so cosa sia il maschilismo».
Il gossip si è scatenato.
«Penso sempre che a parlare per noi sia il nostro lavoro. Io la sera vado a dormire sereno: ho fatto un concorso, sono partito dal basement e sono arrivato. Possono scrivere tutto quello che vogliono».
Le ha dato fastidio che abbiano definito Rai 1 “GayUno”?
«Non c’è nulla da dire. Sono gli altri che devono assegnarti una categoria, è un problema loro. Non ho mai amato le categorie e guardo sempre con grande diffidenza chi cataloga gli altri».
A proposito, lo sa che viene dato in quota 5 Stelle?
«Appunto, ancora categorie. Sono stato giornalista parlamentare, ho cominciato quando c’erano partiti che non esistono più e ogni volta che mi attribuiscono un’appartenenza, sorrido. Durante l’emergenza coronavirus ho ospitato i leader dei principali schieramenti, sono tornati più volte nel programma. Quello che si vede in diretta vale di più di mille fantasie».
Facciamo un piccolo riassunto della sua carriera in Rai?
«Volentieri. Sono nato a Catanzaro, mi sono laureato in Giurisprudenza a Roma. Ho lavorato un anno in una tv locale poi ho frequentato la scuola di Perugia della Rai. Ho fatto la sostituzione estiva, sono arrivati i primi contratti al Giornale radio. Gianni Riotta mi ha chiamato al Tg1 nel 2007 e Mario Orfeo mi affidò la conduzione dell’edizione delle 20».
Tutto è cambiato quando la notò Luciana Littizzetto, sua fan.
«La settimana che conducevo il tg c’era il Festival di Sanremo, con i collegamenti dell’ineguagliabile Vincenzo Mollica, mio punto di riferimento, un grande amico. Ho preso qualsiasi decisione per la mia carriera confrontandomi con lui. Luciana, scherzando, mi definì “un gran bel tronco di pino”. Ho capito che stava succedendo qualcosa dai messaggi sul cellulare. Poi Fazio ha organizzato uno scherzo e sono andato a Che tempo che fa con le rose».
Il ruolo di conduttore del Tg1 le andava stretto?
«Ho scelto questo lavoro perché sapevo che può cambiare: ho lavorato alla radio, ho fatto il cronista parlamentare, condotto il Tg1 e sperimentato su Rai 3 con due programmi: Sono innocente e Photoshow. La sfida è fare il giornalista con un linguaggio ogni volta diverso. Al tg sei ancorato alle notizie, devi rimanere dentro un codice. In un programma quotidiano sono io a 360 gradi: spiego come se raccontassi in famiglia. Ma rifarò parte anche della squadra di Ballando con le stelle come opinionista: a Milly Carlucci non si può dire di no».
Durante “La vita in diretta” si è anche commosso.
«Il telegiornale ti insegna il controllo, è stato fondamentale. Ma a La vita in diretta , parlando del virus tutti i giorni, per primo mi sentivo smarrito. Ho vissuto qualcosa di inimmaginabile, come il pubblico, e non ho mai nascosto le emozioni. Le notizie che davamo facevano male a casa e anche a me. Ancora oggi, quando mi fermano, mi dicono: “Grazie per averci tenuto compagnia”».
Punti di riferimento?
«Lo stile asciutto di Enzo Biagi, ammiro l’anchorman Anderson Cooper. Mi piacerebbe che dicessero che sono un giornalista contemporaneo: in tv si può dire tutto con poche parole».
Dal 7 settembre sarà da solo alla guida di “La vita in diretta”. Come cambierà?
«Coletta ha chiesto che il pomeriggio di Rai 1 diventi un racconto giornalistico. Gli spettatori di Rai 1, che potrebbero essere i miei genitori, sono attenti e a quell’ora vogliono essere informati. Il programma mi rispecchierà: sono capo autore e caporedattore, se sarà brutto sarà colpa mia. Sarà costruito con gli inviati, Roberto Poletti fa parte della squadra. Potrò contare su Giovanna Botteri, sui colleghi del Tg1 e Rai News».
Lo studio sarà ancora senza pubblico?
«Al momento sì. Pensiamo a uno studio “foderato” dalle immagini degli inviati».