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 2020  agosto 13 Giovedì calendario

Virginio e il principe Filippo

È un’amara boutade, figlia di un sentimento di stanchezza endemica: ma visto che a sinistra si chiamano fuori, a destra attendono in cagnesco e Virginia Raggi ha misteriosamente deciso di prolungare il martirio dello sfacelo personale e amministrativo, viene in testa che sul Campidoglio, come primo cittadino, si potrebbe provare con un principe romano. Meglio un vero aristocratico di un supermanager farlocco o di un ipertecnico fintamente apolitico, versione evoluta del “buon Ragioniere” invocato dal fondatore dell’Uomo qualunque Guglielmo Giannini per l’Italia nell’immediato dopoguerra. A quel tempo la città di Roma era più disastrata di com’è oggi. Non andavano a fuoco gli autobus perché non c’erano proprio, surrogati da camionette militari e mezzi di fortuna; così come non c’era il problema dei rifiuti, configurandosi questi ultimi come un lusso dato che Roma era letteralmente alla fame. Pessimo anche il clima politico, per così dire, dopo bombardamenti, attentati, ritorsioni dei tedeschi, militari inglesi e americani che entravano tirando sigarette e caramelle dai carriarmati; poi anche gli sciuscià e le “segnorine”. Nell’estate del 1944 comparve su un muro una sintomatica scritta: “Annatevene via tutti, lassatece piagne da soli”. Dice: che c’entra con Raggi, Letta, Sassoli, Meloni, Rampelli, Calenda? Un attimo. Quando gli alleati chiesero all’allora presidente Bonomi chi poteva occuparsi dell’Urbe, l’anziano uomo politico fece il nome di Filippo Andrea Doria Pamphilj (VI), uno dei pochissimi nobili antifascisti: un tipo schivo, sposato a una inglese, che aveva sperimentato le prepotenza della dittatura. Nel brevissimo indirizzo di saluto in Campidoglio ai generali Clark, Hume e Bencivenga, don Filippo se ne uscì con una frase che fece colpo perché toccava soprattutto il cuore dei romani: “Volemose bene”. Al di là dell’opzione aristocratica, oggi improponibile, e del patetismo espressivo che in verità suona decisamente archeo-social, il ricordo torna buono non solo dinanzi all’odierno fuggi fuggi o agli astuti opportunismi, ma anche a beneficio della sindaca uscente la cui empatia nei confronti della cittadinanza, dopo quattro anni, si è rivelata simile a quella di un’algida e imperturbabile imperatrice cinese, sia pure dotata di un ufficio stampa in cui lavorano oltre 50 persone (più 8 all’Atac, 10 alla Mobilità, 5 a Zetema e 4 ad Acea, senza contare l’ufficio Relazioni Esterne). Ora, anche tralasciando le competenze amministrative di Raggi, e le doti di visione, polso e tempestività, davvero non si capisce chi e cosa glielo faccia fare di ripresentarsi. Perché ha un bel dire Grillo “Daje”, e a posarle la mano sulla spalla, ma osservando l’ameno quadretto subito l’immagine dell’Elevato Garante evapora, e dietro il sorriso d’ordinanza di “Virgy” compaiono le denunce, oltre 36, lo svenimento in Procura, le girandola di poltrone, le buche (in una, guarda un po’, cadde lo stesso Grillo), gli evocativi flambus, i cinghiali sotto casa (a Ottavia), il topo morto e metaforicamente penzolante tra i faldoni all’Avvocatura, senza contare i post del querulo marito (“anche oggi torni domani”, “anche stasera cena fredda”), la chat dei quattro amici al bar, la tragicommedia circense dello Stadio, il manga “Proteggi il cuore di Roma” affidato al disegnatore Marione e perfino la casa di mamma Taverna. È vero che ci sono momenti in cui il collasso della politica, della democrazia, dei partiti, delle istituzioni, presenta il conto. Per cui si resta confusi, sfiduciati, a un passo dalla rassegnazione e sempre più tentati dal paradosso. Ma qui si aggiunge Roma, con la sua anima scettica e beffarda. Dopo appena due mesi il “volemose bene” del Principe Doria finì al teatro di rivista, starring Aldo Fabrizi; e dato che don Filippo parlava poco, presero a chiamarlo “Muto alla meta”. In realtà volle accompagnare di persona il medico Ascarelli alle Fosse Ardeatine per il pietoso riconoscimento delle salme, e un po’ come Raggi con i Casamonica, partecipò a un blitz contro i borsari neri al mercato di Tor di Nona. Una notte gli svaligiarono casa, ma pazienza, doveva andare così. Di solito i migliori capi sono quelli che non fanno nulla per diventarlo.