La Stampa, 13 agosto 2020
Così Kamala Harris cambia la cosa alla presidenza
Kamala Harris, eletta nel 2016, è solo la seconda donna nera senatrice della storia, dopo Carole Moseley Braun nel 1992. Ora è la quarta donna a far parte del ticket per la Casa Bianca di un grande partito, seguendo Geraldine Ferraro, candidata vicepresidente democratica 1984, Sarah Palin, candidata vicepresidente repubblicana 2008 e Hillary Clinton, candidata presidente democratica 2016. Fino al 2008 e Barack Obama, tutti i presidenti eletti son stati bianchi e cristiani protestanti, con l’eccezione di John Kennedy 1960, cattolico. L’America cambia, 2008 e 2012 con un afroamericano candidato alla presidenza e un cattolico, Joe Biden, alla vicepresidenza, una donna nel ‘16, Clinton, e nel 2020 il cattolico romano Biden con l’ex pubblico ministero Kamala Harris, papà giamaicano, economista, mamma oncologa di origine indiana, due immigrati. Sarà difficile, nel XXI secolo, rivedere i democratici con una coppia di candidati maschi-bianchi, e presto anche i repubblicani del Grand Old Party si adegueranno, in cerca del voto delle minoranze. L’Europa, così lesta nel criticare i vecchi americani, deve ancora veder candidarsi un cancelliere tedesco-turco, un presidente franco-algerino, un premier inglese-giamaicano, un presidente del Consiglio italiano-albanese: ok nelle nazionali di calcio, non in politica.Il presidente Trump ha bollato via Twitter la senatrice Harris come estremista di sinistra che «alzerà le tasse, imporrà il socialismo, lascerà la polizia inerme contro i criminali», ma gli slogan potrebbero non bastare contro la tosta ex magistrata. Selezionando la Harris, Biden si conferma veterano della tattica, mettendo i repubblicani davanti a un dilemma non semplice da comporre negli 82 giorni che mancano dal voto del 3 novembre. Harris è infatti spesso invisa all’ala radicale democratica, proprio per la mano dura usata come pubblico ministero e ministro della giustizia in California. «Pregavamo la Harris di riformare la giustizia penale e se ne stava zitta, senza ascoltarci», denuncia la giurista Lara Bazelon in un editoriale sul «New York Times», condannando la scelta della Harris di non incriminare i poliziotti coinvolti in casi di brutalità o, perfino, di voler trascinare in tribunale i genitori degli studenti che marinano la scuola.
Queste critiche diventano ora, e Biden e il suo team di consiglieri lo sanno, preziose, lasciando Trump al bivio, come trasformare una magistrato rigida, in amica dei criminali? L’appello che Biden, Harris e l’ex presidente Obama rivolgeranno sarà battente, qualunque cosa pensiate di Joe e Kamala, non votarli aiuta la destra nazionalista, è questo che volete? In realtà, osserva E. J. Dionne, acuto osservatore della politica liberal di Georgetown University, Biden ricorda con affetto il lavoro svolto da Harris con suo figlio Beau Biden, giurista precocemente scomparso, e non intende cedere alla sinistra radicale. I leader del partito democratico 2020 son tutti centristi-liberal, Biden, Harris, la vulcanica Speaker della Camera Nancy Pelosi, 80 anni di energia, il senatore Chuck Schumer. Il socialista Bernie Sanders è stato il primo a congratularsi con la Harris in un tweet, il settimanale di sinistra Mother Jones lo ha seguito e la “Squadra”, soprannome del team di deputate di sinistra Alexandria Ocasio Cortez, Ilhan Omar, Rashida Tlaib e Ayanna Pressley, si è astenuta da interventi negativi. Per cercare opposizioni, la rivista «Forbes» deve frugare tra figure minori, l’ex portavoce di Sanders Briahna Joy Gray o i dirigenti dell’Istituto Gravel, «Harris? Una sbirra». Dubito sposteranno valanghe di voti, visto che la stessa Bazelon fa repentina marcia indietro via Twitter: «Confermo il mio fondo contro Harris, ma lei sta virando a sinistra e comunque, dobbiamo battere Trump!». La base afroamericana è infatti molto più moderata, su crimine, etica, religione, di quanto non si presuma nei college bene, riconoscendosi in Biden-Harris senza fatica. Che al 12,5% degli elettori afroamericani, Kamala Harris aggiunga, via la mamma indiana, l’appeal per il 4,7% di cittadini di origine asiatica, non guasta, ma candidare l’ex giudice significa soprattutto guardare all’America “fusion”, dove Europa, Usa, Africa, Asia, Polinesia si fondono in culture cosmopolite, aperte, multi religiose, tecnologiche, con la California culla del futuro.
Ieri il sondaggista Nate Silver ha rilasciato il suo ultimo studio, 71% di chance di vittoria per Biden, 29% per Trump, vantaggio solido ma partita aperta prima delle Convenzioni d’estate e dei dibattiti tv, Biden contro Trump, Harris contro il vicepresidente Pence. Tutto in remoto per la pandemia, che in Stati repubblicani come Texas, Florida, Louisiana non si placa. Con la crisi economica galoppante, i colpi di scena son possibili, mentre il Congresso non si accorda sul pacchetto di aiuti e i velleitari decreti del presidente si insabbiano subito.Raramente la scelta del vice è decisiva per la vittoria, il texano Johnson aiutò Kennedy al Sud nel 1960, Bush padre vinse nel 1988 malgrado l’inetto Dan Quayle, di Tim Kaine, vice della Clinton 2016, non si ricorda quasi nulla. Harris conferma che Biden condurrà una campagna senza eccessi, vero referendum pro o contro Trump ai tempi del virus. I sondaggi colsero bene nel 2016 la maggioranza di voti per Clinton, non la vittoria di Trump ai punti del Collegio Elettorale ma, avverte Silver, mai Hillary ebbe un vantaggio pari all’attuale di Biden, il suo era esiguo, chiuso nell’errore statistico, +3% -3%. Ora i democratici sono avanti nei tre decisivi Stati che, a sorpresa, passarono con i repubblicani quattro anni fa, Pennsylvania, Wisconsin, Michigan, e perfino Texas, Florida, Ohio non sono certi per il Gop. Vivremo dunque un Giro Politico d’America in 80 giorni: Biden e la sua compagna d’avventura Harris li vivranno con la flemma di Phileas Fogg, protagonista del romanzo di Jules Verne, tranne nell’attaccare il presidente. Lì niente aplomb: quando Trump la irrise, perché sconfitta alle primarie, Harris gli rispose gelida da ex pubblico ministero: ti aspetto in tribunale.