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 2020  agosto 13 Giovedì calendario

Tranquilli, tolgo il disturbo

È morta l’Aspèsi! – Chi? La Aspesi, quella di Repubblica. – Poverina, quanti anni aveva? – Mi pare 90, 92. – Da come scriveva la credevo più vecchia. – Cose da anni ’70, ’80, – Terrorismo fascista, festival di Sanremo… – Mi pare anche Claudio Villa… – Si, quella roba lì… Non andava mai in pensione… – Era attaccata alla poltrona come una sanguisuga. – Con tutti i giovani bravi che vogliono fare il giornalista… – Ma non la mandavano mai via… – Forse era raccomandata, tipo Vaticano, Berlusconi… Ecco fatto, presto il posto sarà vacante e se possibile dall’ Isola dei Famosi Defunti, presentatrice nello studio Antinferno Nilla Pizzi, ne faciliterò l’occupazione, puntando per dispettosità caratteriale su qualche bel giovane mite e studioso piuttosto che su una combattiva signorina sempre all’erta. Ci sono attualmente tutte queste chiacchiere perditempo dei giovani anche cinquantenni che non ne possono più della presa di potere canuta e persino ultracanuta dei posti di lavoro, mentre i canuti e gli ultracanuti stessi un po’ si vergognano della loro attività eccessivamente longeva in campi, per esempio, come il giornalismo (che poi di testa non ne richiede un eccesso né ai giovani né ai vecchi); ma essendo quello del pensiero il solo modesto impegno di vita ancora consentito ai morituri (e neanche a tutti), antidemocraticamente loro se lo tengono stretto. Anche per passare il tempo che resta in traballante autonomia, infastidendo il meno possibile eredi e Stato.
Parentesi, che però riguarda sempre il vecchio e il mare occupazionale nel giornalismo. Mi riferisco alla morte di Franca Valeri, da pochi giorni centenaria, chiedendo scusa a lettori e colleghi per la scorrettezza professionale e umana. Uno de miei scrittori italiani preferiti, Giacomo Papi, (Il censimento dei radical chic, 2019, 52 anni, giovane, vecchio?), sul Foglio di martedì ha ricordato un suo incontro con la grande signora esattamente dieci anni fa, per concordare un libro-conversazione con la Littizzetto che uscì poi da Einaudi con il titolo L’educazione delle fanciulle : «Aveva allora 91 anni e faceva già fatica a parlare», scrive Papi, e accenna alla testa scossa dalla malattia ma anche alla sicurezza e forza con cui lei impone la perfezione delle sue frasi, non dette ma scritte, con l’obbligo assoluto di rispettarle, senza tagliarle né rimontarle. In questi dieci anni sono uscite molte interviste alla signora, condotte da grandi firme, in cui la sua parlantina è inarrestabile, un fuoco di fila di rivelazioni, di battute, di ricordi. Da parte nostra ipocrisia, devozione, rispetto, impossibilità di dire, per una volta, l’intervista non c’è? Non voglio certo criticare il lavoro dei miei colleghi, anche perché a me non è capitato in quanto nessuno mi ha detto di intervistarla. Lo dico per me, per noi, perché mi pare giusto pretendere il rispetto della nostra fragilità, della nostra realtà, che non può essere né travestita né eliminata. Siamo stati, non lo siamo più, se ci adattiamo noi, adattatevi anche voi e non inventateci se non osate dire chi eravamo e chi siamo. Anche Guia Soncini, detta l’Avvelenata, ebbe un attimo di incertezza tra la sua rigorosa professionalità e la tenerezza, e l’anno scorso, su un settimanale, fece chiacchierare la signora senza incertezze, pause, lunghi silenzi, telefonate interrotte, una fragilità fisica allarmante. Da questa esperienza uscì sconvolta, non per l’incontro ma per il suo travisamento dello stesso, chiedendosi se non era meglio raccontare l’incontro come era stato: credo che prima o poi, magari domani, saprà liberarsi con grande rispetto dal suo rimorso. Chiusa la parentesi.
A me oggi piacerebbe incontrare, capire, raccontare i ragazzi di TikTok che in mutande, a milioni, da tutto il mondo stanno scuotendo i fianchi per la nostra ammirazione, toccandosi qua e là e facendosi scherzi stupidelli. Non lo dico con sarcasmo, ma perché penso che nessuno di loro vorrebbe prendere un posto antico come il mio, ma sogni di sostituirsi a Briatore o a Belén o ad altri consimili vip. E vorrei quindi rassicurare chi sogna un gruppo di alieni che in una astronave ci rapiscano e trasportino su un pianeta lontano per dar spazio ai meno vecchi: si può fare, vedi il film americano Cocoon, di Ron Howard, 1985. Ricordo che questo conflitto giovani-vecchi l’ha iniziato non un giovane disoccupato ma un gentile pensionato felice, inviando una lettera alla rubrica di Michele Serra sul Venerdì. Ovviamente il mio amato collega ha risposto con la sua solita sapienza e civiltà: ma il signore Ramella mi nomina in quanto simbolo di occupazione abusiva di posti di lavoro, e si immagini se non le do ragione: ma ognuno si difende come può dal grande vuoto, e io a differenza sua non sto scrivendo un libro, non so nulla di giardinaggio, se avessi dei nipotini avrebbero 50 anni e non credo potrei raccontare loro fiabe. Lei pensi che potrebbe essere mio figlio, e che davanti a sé diciamo per essere cauti, ha trent’anni di vita, i nipotini si dedicheranno all’alta finanza, starà scrivendo il suo quarto libro, il giardino sarà una foresta.
Ma i giovani oggi siete voi, i sessantenni, avete tutta la vita davanti, il lavoro vi mancherà e voi mancherete al lavoro: il vostro, perché i giovani ne avranno inventati altri fatti per il mondo che cambia. Ma restando agli occupati di oggi, pare che la famosa quota 100 stia fallendo, cioè la cercano in pochi. Viviamo sempre di più, aspettare la fine si fa troppo lontano. Per voi.