Corriere della Sera, 13 agosto 2020
In politica gli americani si autocensurano
Se è ancora vera la vecchia regola (o la vecchia credenza) secondo la quale i fenomeni che si sviluppano negli Stati Uniti si presentano in Europa e in Italia qualche tempo dopo, dovremmo essere preoccupati e vigili. Tutti e soprattutto chi si occupa di comunicazione e chi lavora nei media. Un sondaggio realizzato su duemila cittadini dal Cato Institute (un think-tank libertario di Washington) ha riscontrato che quasi due terzi degli americani sostengono che, nel quadro politico di oggi, si astengono spesso dal dire ciò che pensano perché ritengono che altri potrebbero trovarlo offensivo. Applicano di conseguenza un’autocensura. Non è una tendenza nuova in assoluto ma è in crescita e riguarda, in misura diversa, quasi tutto il ventaglio politico degli intervistati. Nel 2017 , lo sosteneva il 58% degli americani, oggi il 62%. Questo camminare sui gusci d’uovo quando si tratta di esprimere opinioni è particolarmente sentito dai «forti conservatori» e dai «conservatori»: il 77% di loro dice di trovarsi in questa condizione. È però così anche per il 64% di coloro che si definiscono «moderati» e per il 52% dei «liberal» (laddove per liberal negli Stati Uniti si intendono in sostanza i Democratici). Solo tra i «forti liberal», cioè la parte più di sinistra della politica americana, la quota di chi si autocensura è minoritaria, il 42% contro il 58% che non ha questo problema. Per i fortemente conservatori, la situazione non sembra molto cambiata rispetto a tre anni fa: una crescita dell’1% di chi si sente limitato nella libertà di esprimersi. Ma tra i semplici conservatori, tra i moderati e tra i semplici liberal l’aumento è del 7%. Mentre tra i fortemente liberal è addirittura del 12%. Il disagio nel parlare liberamente è sentito dal 65% dei latinos e degli asiatici americani; dal 64% dei bianchi; e dal 49% degli afro-americani. Dal 65% degli uomini e dal 59% delle donne. Il sondaggio è in un certo senso una validazione della lettera che a inizio luglio un gruppo di intellettuali – da Martin Amis a Salman Rushdie – ha pubblicato su Harper’s Magazine per avvertire dei pericoli della crescente tendenza «a indebolire le nostre norme di dibattito aperto e di tolleranza delle differenze in preferenza di una conformità ideologica». Il timore di offendere la sensibilità altrui non è l’unica ragione dell’autocensura. Il 32% degli intervistati che hanno una occupazione dice di temere che le sue opinioni politiche possano portare, se espresse, al licenziamento o arrecargli danno nel lavoro: questo timore è particolarmente vero tra i repubblicani (60%), scende tra gli indipendenti (49%) e crolla tra i democratici (25%). Oltre che triste, sarebbe un dramma il silenzio delle opinioni sulle sponde dell’Atlantico.