la Repubblica, 12 agosto 2020
A Milano gli Hu superano i Rossi
Hu batte Rossi in tutti i campionati, maschile e femminile, nella Milano interculturale che cerca di rialzarsi dalla batosta del Covid. Nella classifica dei cognomi più diffusi, secondo gli ultimi dati dell’anagrafe dove sono iscritti oltre 30 mila residenti di origine cinese, terza comunità straniera sul territorio – gli italianissimi signor e signora Rossi sono stati surclassati dai signori Hu, che portano il cognome più diffuso nella regione dello Zhejiang, provincia orientale costiera della Repubblica Popolare Cinese da dove proviene la maggior parte degli immigrati che dal Celeste Impero trasferiti in Italia. Anzi, ad essere più precisi, Hu è il cognome più diffuso nel distretto di Yuhu, nella municipalità di Wenzhou, provincia di Zhejiang, 50 milioni di abitanti.
Da Yuhu viene la maggior parte dei cinesi e delle cinesi di Milano e questo spiega il primato anagrafico. Ora anche delle donne, non solo quello già conquistato dagli uomini. Una comuniità straniera fra le più antiche in città, fatta di famiglie, di donne che diventano imprenditrici e titolari di negozi, oltre che madri. Hu, da alcuni anni, non è solo il cognome più diffuso fra i residenti del Comune, ma anche nel registro delle imprese lombarde e milanesi, superando i classici Sciur Brambilla. Un primato che inorgoglisce Chiara e Stephane Hu, 35 e 37 anni, lei imprenditrice nel campo della moda, lui della ristorazione, genitori di due bambini di 9 e 7 anni. Entrambi parlano cinque lingue con scioltezza, soprattutto l’italiano. E sono alla guida dell’Uniic (Unione imprenditori Italia-Cina), associazione che rappresenta il business degli italo cinesi di seconda generazione: «Noi Hu portiamo un cognome cinese ma ci sentiamo assolutamente italiani. La mia famiglia – racconta Stephane – vive a Milano da cinque generazioni. Ormai nel mio paese d’origine non ho quasi più parenti: siamo tutti qui, in circa 70-80, fra nonni, zii, genitori, fratelli, sorelle e nipoti vari. Tutti, tranne i bambini, titolari di aziende, negozi e ristoranti».
Passaporti italiani, Chiara e Stephane Hu sono il tipico esempio dei cinesi milanesi, integrati e cosmopoliti, quelli che nemmeno durante il Covid si sono fermati: «Abbiamo cercato di restituire alla città quello che lei ci ha dato. Ci siamo attivati subito per fare arrivare dalla Cina materiale sanitario da donare ai milanesi, soprattutto agli ospedali e alle case di cura. Anche se all’inizio c’è stata la caccia all’untore e c’era chi se la prendeva con la nostra comunità, noi abbiamo sempre pensato che questa è la nostra città e che bisognava salvarla tutti assieme».
Stephane, accompagnato dalla signora Hu, è stato uno fra gli imprenditori che più si sono attivati per far arrivare dalla Cina tonnellate di mascherine e altri presidi sanitari nel momento più duro dell’emergenza. E li hanno consegnati di persona, con altri manager, al sindaco Beppe Sala, a Palazzo Marino.
Un cinese su cinque a Milano fa l’imprenditore e agli 8 mila titolari di ditte ed aziende, la manodopera “interna” alla comunità non basta. Quindi sono loro ormai a dare lavoro agli italiani. Tanto che il direttivo di Confcommercio ha dato la delega per l’imprenditoria straniera, a Francesco Wu, 39 anni, carissimo amico di Stephan Hu, identico curriculum di studi e carriera internazionale. «Ci lamentiamo poco e lavoriamo tanto, per questo siamo ben integrati e ci sentiamo milanesi. La città non potrebbe fare a meno di noi. Non solo nella Chinatown, ma in tutti i quartieri e in tanti settori dell’economia, dalla ristorazione ai servizi. Se abbiamo avuto 11 milioni di turisti nel 2019 è anche grazie a noi, alla nostra offerta commerciale, gastronomica e culturale».
Si sono italianizzati i cinesi di Milano, tanto che anche per i nomi di battesimo scelgono nel repertorio classico locale. All’anagrafe la maggior parte delle famiglie straniere ha scelto Leonardo come nome per il proprio bambino nato quest’anno, superando in curva Mohamed che l’anno scorso era il nome più gettonato. Fra le femmine vince Sofia. «Da noi – spiegaStephane Hu – si usa per semplicità dare nomi italiani ai bimbi. Con mia moglie Chiara ci parliamo in italiano, ma ai bimbi ci sforziamo di parlare anche in cinese, altrimenti non lo imparerebbero. I loro amici sono di seconda, terza, quarta generazione. Nessuno conosce la lingua d’origine».