La Gazzetta dello Sport, 9 agosto 2020
Renzo Rosso e il suo Vicenza. Intervista
La password per entrare nel cuore («E nella testa») di Renzo Rosso è semplicissima e comincia per 7 a dispetto della sigla (RR55) con cui è diventato famoso in tutto il mondo per i suoi jeans. Sette come i figli, sette come i 7000 dipendenti («Mi sento padre di tutti loro, responsabile delle loro famiglie come fosse la mia»). Sette come il numero di maglia che indossa quando va giocare a pallone con i suoi amici. Renzo Rosso, imprenditore trasversale conosciuto in tutto il mondo, si presenta proprio così ai propri followers: Father of 7. Leader con i suoi marchi nella moda, tra gli uomini più ricchi d’Italia, dal cuore grande che ha aperto a tutti nel momento più difficile col suo contributo da Nord a Sud per arginare il Covid-19 («Ho dato una mano alla collettività, perché le cose si possono fare ed è il messaggio che intendo trasmettere»), Renzo Rosso è anche un uomo di calcio. Tifosissimo da sempre del Milan, è il proprietario di maggioranza del Lanerossi Vicenza appena tornato in B.
Partiamo proprio dai figli.
«Il primo l’ho avuto da ventenne, l’ultima a 60 anni. C’è una differenza enorme, ora mi sento molto più padre. Ho cercato di trasmettere a tutti i valori con cui mi hanno allevato i miei genitori: umiltà, semplicità, generosità e solidarietà verso il prossimo. Spero di essere stato all’altezza».
La famiglia numero uno: su Instagram l’abbiamo vista all’opera con la piccola Sydne mentre vi dedicate al giardinaggio, mentre con Stefano sta crescendo una pianta bellissima: il Lanerossi Vicenza che ha restituito al calcio nazionale rigogliosa come un tempo. Dove volete arrivare?
«Stefano è il presidente del club e ci siamo divisi i compiti. Io seguo di più la ricerca dei soci, investimenti e sponsor. Lui deve guidare la parte tecnica. Io non entro nella scelta degli uomini che vanno in campo ma entro fortemente in quella di chi deve guidare e gestire la società. Così ho messo insieme un pool di soci che nessuno credo abbia mai avuto in Italia. Sogno una intera città socia del Vicenza. Siamo all’inizio e abbiamo tanti bei progetti e tanti traguardi da raggiungere eh!».
Il suo Vicenza è approdato in B a tavolino. Una miscela di emozioni...
«Il blocco del campionato per un po’ ci ha fatto temere il peggio. Stavamo dominando e avremmo allungato il vantaggio se avessimo potuto portare a termine la stagione regolarmente. Ne sono certo perché la nostra squadra era fortissima. Per fortuna hanno riconosciuto e certificato il nostro successo, anche se è stato un dispiacere non aver potuto festeggiare coi nostri tifosi. Ma non ci fermiamo. Siamo ripartiti subito per raggiungere una posizione importante anche in B. La nostra idea è di emulare il percorso dell’Atalanta, convinti di riuscirci. I Percassi stanno realizzando qualcosa di straordinario. Ecco quella è l’idea di partenza da realizzare con le nostre idee e con le nostre forze».
Vedremo un giorno il Vicenza duellare contro Barça o Psg?
«È un grande sogno, ci vorrà tempo, ma possiamo arrivarci. Sarebbe bello vedere i grandi campioni al Menti. Nel calcio moderno più c’è unità di intenti, più avanti si può andare. Non esiste soddisfazione senza frustrazione, me lo diceva mio padre».
Insomma lei vuole lasciare un’impronta nel calcio.
«Sì, ma non lo faccio da solo: credo nel lavoro di squadra. Il nostro più grande successo quest’anno al di là della promozione è vedere nove calciatori del Vicenza in vacanza con le proprie mogli e le proprie famiglie: tutti insieme in Puglia. È la forza dello spogliatoio. Significa che quanto diciamo non sono slogan. Io che vengo dal marketing penso di poter portare idee inedite e incredibilmente innovative per lo sviluppo di questo sport e del club. Ne ho qualcuna nel cassetto da sparare...».
Nella fase più acuta della crisi sanitaria vi siete impegnati nel rinnovo della grande maggioranza dei contratti. E in un colpo di mercato particolare...
«La stragrande maggioranza dei giocatori sono stati confermati durante il lockdown e intorno a loro costruiamo il Vicenza per la B. E poi sono fiero della firma del primo contratto da professionista di un giovane talento della nostra cantera, Tommaso Mancini (classe 2004, ndr), che volevano in tanti in Italia, ma pure Liverpool, Chelsea fino alle due di Manchester. Ci ha dato una bella mano a convincerlo Pablito Rossi sempre più coinvolto nel nostro progetto. Del resto Rossi fa parte del board del Lanerossi, dà sempre consigli utili. Ecco vogliamo tornare al livello di quel Vicenza in uno stadio adeguato, molto più capiente e rinnovato, con una società stabile e un’organizzazione moderna».
In B sfiderà il Monza del suo amico Silvio Berlusconi: per lui la A è l’unico obiettivo.
«Ho una grande stima di Silvio. Abbiamo due sogni uguali ma proviamo a conquistarli in maniera diversa con strategie differenti. Berlusconi vuole centrare i suoi obiettivi subito, costi quel che costi. Noi pensiamo a costruire piano piano con il coinvolgimento della città».
Siete uniti dal grande amore per il Milan…
«Sì, da piccolo mi sono innamorato del Milan e lo sarò sempre. Anche se ora il mio cuore batte per il Vicenza. Con Berlusconi sarà un bel derby tra milanisti. In queste ultime settimane mi sono divertito molto a veder giocare i rossoneri. Una squadra unita e forte grazie pure a Pioli».
Lo spirito di gruppo su cui lei batte forte… più Ibrahimovic.
«Ci vuole sempre un giocatore così, Ibra lo conosco bene: ha doti pazzesche, un carisma incredibile... Mi auguro che lo confermino perché è unico e può ancora dare tanto».
Unico è pure Messi: l’Inter sogna un mito del calcio.
«Allora faccio una provocazione. Se Messi lasciasse il Barça soffiamolo all’Inter e portiamolo al Milan! Con lui e Ibra sarebbe un Milan stellare».
Torniamo alla sua esperienza da patron: il ritorno del mecenatismo è la chiave del calcio del futuro?
«Penso che ci siano persone, grandi imprenditori, che possano far bene allo sport, ma credo che i club abbiano bisogno di una figura di riferimento, di una presenza. Per funzionare il calcio non ha bisogno solo di soldi ma dell’anima. Vedo presidenti, o proprietà, molto assenti in Italia e all’estero, lasciano gestire agli altri, ma non è la stessa cosa. Io ci sono e voglio esserci».
Negli ultimi mesi lei si è prodigato per un bene comune, superiore al calcio: la sicurezza e la salute degli italiani messi a dura prova dal coronavirus.
«La nostra scelta è stata di non fare donazioni ma siamo andati dove c’era bisogno parlando direttamente coi primari degli ospedali. Ventilatori, depuratori d’aria, caschi, abbiamo aiutato da Nord a Sud a mettere su dei reparti anti-Covid. Così siamo riusciti ad essere più utili alla comunità. Mi ha fatto piacere la convocazione del Governo per gli Stati Generali dove ho potuto esprimere le mie idee. L’Italia è bellissima però è devastata dalla burocrazia, dalla corruzione e dalle furberie».
Il Veneto è stato piegato ma è risorto con prontezza.
«Una ferita aperta, ma siamo stati bravissimi, guidati da Zaia, un grande governatore. Il Veneto è un modello che andrebbe seguito ovunque. È un momento tremendo, ci vuole vera solidarietà. Vedo tante persone che soffrono: devastante».
Lei è molto impegnato con la sua azienda e con la sua Fondazione nella tutela dell’ambiente.
«Mi piace occuparmi di tante cose. La Terra deve diventare un pianeta sostenibile: abbiamo un’organizzazione interna che si occuperà di tutto ciò nelle mie aziende, abbiamo preso una super manager che si sta impegnando in questo settore. Io provengo da una famiglia di contadini, il green fashion è la mia bussola. Nei prossimi mesi intraprenderemo tante azioni e faremo un annuncio importante sulla sostenibilità».
Intanto fra mille progetti o… settemila si potrà godere un po’ di meritata vacanza?
«Sì, starò via per 24 giorni. Non è mai successo. Ma anche dal coronavirus abbiamo tratto una lezione: possiamo fare tante cose da remoto per una gestione più sostenibile della vita: meno viaggi a volte inutili, meno inquinamento. E io potrò occuparmi di tutto pur da lontano. A cominciare dal mio Vicenza, sperando di leggere belle notizie anche sul Milan…».