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 2020  agosto 08 Sabato calendario

In morte di Bernard Stiegler

Una mente complessa e brillante, un erede di Jacques Derrida. Il filosofo francese Bernard Stiegler è scomparso il 6 agosto all’età di 68 anni. Era nato nel 1952 a Villebon-sur-Yvette e aveva trascorso una giovinezza drammatica. A 24 anni, spinto da problemi economici, compie quattro rapine a mano armata; colto in flagrante, è condannato a otto anni di reclusione, poi ridotti a cinque per buona condotta. In carcere studia filosofia, entra in contatto con Derrida, da cui riceve sostegno, fino a laurearsi e a iniziare una rapida carriera universitaria all’uscita di prigione nel 1983. Direttore di ricerca nel Collège International de Philosophie, professore all’Università di Compiègne, responsabile del dipartimento per lo sviluppo culturale del centro Georges Pompidou di Parigi, fonda il gruppo Ars Industrialis e insegna al Goldsmith College di Londra.
A chi, come me, ha avuto la fortuna di conoscerlo e intervistarlo, Stiegler appariva una personalità affascinante per la sua umanità e la profondità di pensiero. Dal nostro incontro era nata un’amicizia testimoniata da scambi epistolari e collaborazioni, tra queste la traduzione di un suo testo per Mimesis nel volume collettaneo Il primato delle tecnologie (2019).
Stiegler era un grande affabulatore, ma ancor più un saggista prolifico; denso, ricco di neologismi, talvolta criptico, che – sulla scorta del suo maestro Derrida – amava giocare sull’ambiguità e la forza evocativa della parola. In una delle sue ultime opere, Qu’appelle-t-on panser? (Les Liens qui libèrent, 2018), con un trasparente riferimento a Heidegger, sottolinea l’assonanza tra i verbi pensare (penser) e curare (panser), recuperando da Derrida l’antica discussione attorno al Pharmakon, cura e insieme veleno. Qui, come in altri saggi magistrali, tra cui il fondamentale La società automatica (tradotto da Meltemi nel 2019), il Pharmakon è ancora la tecnica. Sempre Meltemi pubblicherà nel prossimo mese di settembre un volume curato da Stiegler e dal Collettivo Internation, L’assoluta necessità, sui problemi globali di natura economica e ambientale.
Stiegler ritiene necessario, per uscire dall’attuale condizione di illibertà, ricorrere a una scienza innovativa dell’entropia (la «neghentropia» dei sistemi aperti) che riformuli l’economia politica. Ciò che adesso è negativo può essere trasformato in un rimedio. Benché critico, Stiegler propone dunque un uso positivo della tecnica, strumento di cui l’uomo non può fare a meno e che può essere utile per migliorarsi. Nel suo primo lavoro in tre volumi, La technique et le temps (1994), sostiene che la filosofia, fin dalle origini, si è sempre basata sulla repressione della tecnica, senza considerare la condizione dell’umanità, naturalmente «esosomatica», dotata comunque di organi artificiali. Per questo rivaluta Heidegger, al di là del giudizio etico sull’uomo, laddove sostiene che «la tecnica è la nuova realtà dell’essere».
Avrebbe potuto accompagnarci ancora nella comprensione di un mondo sempre più tecnologizzato, invece dovremo accontentarci di ricercare risposte nei libri di Stiegler, molti dei quali inediti in Italia. Tra quelli disponibili: Platone digitale (Mimesis, 2015), Prendersi cura (Orthotes, 2014), Amare, amarsi, amarci (Mimesis, 2014), Il chiaroscuro della rete ((Youcanprint, 2014), Reincantare il mondo (Orthotes, 2012), Ecografie della televisione (con Jacques Derrida, Raffaello Cortina, 1997).