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 2020  agosto 07 Venerdì calendario

Che cosa si farà nella fase 3? Tre scenari

Tre scenari possibili per la fase 3, cinque soluzioni già studiate. Comprese quelle previste in caso di «seconda ondata». C’è un documento riservato stilato dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità e del dicastero della Salute che analizza quanto potrà accadere in autunno. «Linee guida», le ha definite ieri in Parlamento il ministro Roberto Speranza che ha parlato di un «lungo lavoro trasmesso al Comitato tecnico scientifico che sarà inviato alle Regioni e costituirà l’orizzonte con cui affrontare la fase della ripresa». Un dossier che già tiene conto di un dato fondamentale: la riapertura delle scuole che potrebbe far salire la curva epidemiologica. I calcoli già effettuati dagli scienziati, anche sulla base di quanto accaduto in altri Paesi, accreditano infatti la possibilità che la ripresa delle lezioni possa incidere sull’Rt, che misura la trasmissibilità del virus, con un + 0,4. Ed è su questo che a fine agosto si confronteranno tecnici e politici.


I tre scenari
Il primo scenario ipotizzato dagli esperti riguarda la «trasmissione localizzata». Vuol dire che la situazione è simile a quella attuale con un’incidenza di casi ancora sotto controllo, ma con alcuni focolai che fanno aumentare l’indice Rt. E dunque bisogna prevedere una reazione adeguata soprattutto per quanto riguarda la tracciabilità dei contatti dei positivi. Il secondo scenario fa salire invece il livello di preoccupazione perché riguarda un’impennata di casi, quindi un peggioramento della situazione, comunque gestibile senza interventi straordinari a livello di servizio sanitario nazionale. Prevede cioè un numero consistente di malati che ricorrono alle cure negli ospedali, ma senza provocare una situazione fuori controllo, e altri che invece possono gestire il contagio e i sintomi rimanendo a casa. Infine il terzo scenario, quello che fa tornare indietro ai tempi più critici e drammatici della pandemia. Ipotizza infatti una seconda ondata di Covid-19, dunque un numero altissimo di nuovi casi e soprattutto tanti malati che arrivano in ospedale in condizioni gravi e necessitano di cure particolari o ricoveri in terapia intensiva.


I cinque interventi
Nel documento — una relazione di sette pagine che dovrà poi essere integrata con le osservazioni degli scienziati e i suggerimenti dei governatori — si individuano gli interventi necessari a contenere i contagi e soprattutto a fronteggiare qualsiasi situazione di emergenza. Il primo riguarda la necessità di «favorire — sulla base degli scenari — il coordinamento con le Regioni» in modo da poter prendere ogni tipo di misura idonea. Per farlo, ed è questo il secondo punto, bisogna «monitorare costantemente la situazione». Il riferimento è al controllo che il ministero della Salute sta già effettuando grazie al monitoraggio settimanale che tiene conto di 21 indicatori e, sulla base di un algoritmo, calcola la tenuta delle strutture sanitarie nelle varie regioni e dunque anche la risposta da fornire nei casi più gravi. Fondamentale, è il terzo capitolo, viene ritenuta la «garanzia di una comunicazione ufficiale». Vuol dire che i numeri sui contagi, sui tamponi effettuati, sui malati e tutto quello che riguarda l’eventuale espansione dell’epidemia, deve essere sempre aggiornata con dati affidabili provenienti dalle regioni che diano la percezione esatta dell’evoluzione o regressione dell’epidemia. Non a caso il quarto punto sottolineato dagli esperti riguarda un piano operativo aggiornato costantemente sulla scuola e sulle Residenze per anziani che — nella fase critica — si sono trasformate in micidiali focolai. Per questo, è l’ultimo problema affrontato e certamente il nodo fondamentale, «si dovrà provvedere al rafforzamento dei presidi sanitari» e in particolare a quei «dipartimenti per la prevenzione» che certamente garantiscono la tenuta del sistema e la capacità di prevenire situazioni di alto rischio.


Le strutture sanitarie
Nel documento si evidenzia la necessità di avere un numero sufficiente di posti letto disponibili «sia per quanto riguarda i reparti ordinari, sia per le terapie intensive». Ma anche «farmaci adeguati, formazione del personale, dispositivi di protezione in numero sufficiente». La carenza delle mascherine — in particolare per medici e infermieri — è stata uno dei problemi più gravi da affrontare nel marzo scorso, quando è esplosa l’epidemia da coronavirus e la ricerca si è fatta spasmodica, a tratti drammatica. Ora la situazione è diversa, ci sono scorte e canali di reperibilità attivati, ma è necessario essere pronti ad ogni evenienza proprio per non farsi trovare impreparati.


La seconda ondata
L’ipotesi di una seconda ondata in autunno non è uno scenario probabile, ma è certamente possibile. Del resto quanto sta accadendo in altri Paesi dimostra che nulla può essere escluso e il ritorno di studenti, insegnati e personale a scuola costringe gli esperti ad attrezzarsi anche per le eventualità peggiori. Prevedendo che possano esserci situazioni territoriali diverse e dunque necessità di differenziare la risposta tra una regione e l’altra.