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 2020  agosto 07 Venerdì calendario

Kirk Douglas all’Argentario nell’estate 1953

All’Argentario se lo ricordano ancora bene. Nerboruto e gentile, profilo fulvo ed espressione caparbia, Kirk Douglas aveva accettato il ruolo di Ulisse nel kolossal prodotto da Dino De Laurentiis e nell’estate del ‘53 si mescolava fra i residenti e i villeggianti del grossetano, dove si girava il film. Gruppi di ragazze, che avevano scovato la villetta in cui dormiva, lo chiamavano dalla spiaggia del Siluripedio, vicino a Porto Santo Stefano: “Chirduglaaaaas”. Se c’era, il divo usciva sul balcone, sorrideva e salutava.
Ulisse era nato come progetto per Silvana Mangano, la moglie di De Laurentiis. “Si potrebbe farle fare Penelope” aveva detto un giorno il produttore negli uffici della Lux, e Omero entrò così nella storia del cinema. Per il ruolo del più astuto fra gli achei, De Laurentiis volle Douglas, attore di appeal planetario. Puntando sul successo internazionale del film, fece costruire una nave vera e funzionante, attraccata al largo di Monte Argentario, e mise sotto contratto Pabst, il regista austriaco che aveva lanciato Louise Brooks, sostituendolo poco prima delle riprese con un altro ex grande, Mario Camerini. Avrebbe voluto anche un titolo più sensazionale, e per qualche tempo pensò di chiamarlo L’odissea di Ulisse, come se Odisseo non fosse già il nome greco di Ulisse. Le riprese cominciarono nella tarda primavera del 1953 a Porto Ercole. Douglas e Camerini girarono nel golfo di Talamone mezza Odissea, passando dall’incontro con Nausicaa (Rossana Podestà) realizzato sulla spiaggia delle Viste, all’arrivo nella terra di Polifemo, filmato al Bagno delle Donne. Ogni mattina una motolancia veniva a prendere Douglas dalla villa e lo portava a bordo della nave greca, dove l’attore alternava i ciak al nuoto e allo sci d’acqua; al tramonto, si tuffava dall’albero più alto della nave e prima di risalire sulla motolancia che lo riportava sulla terraferma, l’affiancava a stile libero per un miglio. La sera s’intrufolava nelle (allora) poche occasioni di vita sociale. Una sera sbucò a Talamone a una danza all’aperto, si avvicinò a una signora, la invitò a un valzer, alla fine la riaccompagnò al posto; così, come fosse un semplice turista di passaggio.
Douglas aveva appena divorziato dalla prima moglie e conosciuto Anne Buydens, un’elegante ragazza belga che l’aveva stregato con i suoi polsi e le sue caviglie sottili. De Laurentiis, che forse aveva già capito come sarebbe andata a finire, l’aveva nominata capo ufficio stampa del film. Ma Douglas nel frattempo si era fidanzato con Anna Maria Pierangeli, divetta imprevedibile che gli americani avevano ribattezzato Pier e che quell’estate era in Messico a girare Sombrero con Vittorio Gassman. Una sera, di ritorno dalla nave achea, l’attore trovò sul comodino una foto di Pier con la scritta: “Kirk, ti sto guardando”. L’attrice era passata da Roma, si era fatta portare fino all’Argentario e, scoperto che Douglas non dormiva da solo, gli aveva lasciato quel ricordino vagamente minaccioso. Lui impazzì: quando dall’Argentario la lavorazione si trasferì negli studi romani della Vasca Navale, Kirk seguì le tracce di Pier fra via Veneto e Trinità dei Monti, trascinandosi dietro la paziente Anne. Pier riemerse, Kirk perse di nuovo la testa, le comprò un brillante da Bulgari, volò a Londra a festeggiare il suo ventunesimo compleanno. Poi tornò sul set di Ulisse, da Anne e dall’altrettanto stoico Camerini.
I rapporti fra attore e regista non furono idilliaci. Mentre con i villeggianti dell’Argentario era gentile e charmant, sotto i riflettori Douglas pretendeva cambiamenti, faceva capricci, aveva riguardi solo per l’operatore che doveva inquadrarlo. Alla fine, completata l’ultima inquadratura, Camerini si sfogò e gli fece dire dall’interprete di aver portato a termine il film per scrupolo professionale, perché il “signor Douglas” si era comportato così male da averlo spesso tentato di piantare tutto in asso. Douglas organizzò una cena di riappacificazione in un ristorante di Ostia Antica, Camerini partecipò solo perché De Laurentiis andò personalmente a convincerlo e accompagnarcelo. Finì con Douglas che, brillo e in ginocchio, intonava al regista una versione di Mamma reintitolata Papà con l’accortezza, una volta arrivato a “quanto ti voglio bene”, di guardare negli occhi Anne. È parere unanime che Ulisse sia andato in porto grazie all’influenza positiva della ragazza che aveva continuato a lavorare alla promozione del film sorvegliando Kirk e le sue altalene amorose. Alla fine l’ebbe vinta lei: neanche un anno dopo, Anne portò Kirk all’altare. I due rimasero sempre insieme tagliando entrambi il traguardo dei cent’anni. Alla Pierangeli andò invece malissimo: s’invaghì di James Dean, sposò il cantante Vic Damone, poi il compositore Armando Trovajoli, morì a Beverly Hills a 39 anni, stressata e depressa, per overdose di tranquillanti.
Ulisse non ebbe il successo internazionale che De Laurentiis aveva sperato ma in Italia stracciò ogni record e la sua riuscita rilanciò poderosamente il genere “peplum”. Nacquero strepitose storie d’ignoranza al cospetto delle quali un titolo come L’odissea di Ulisse ha una certa finezza. Oriana Fallaci seppe di un produttore che, volendo trarre un film dall’ Eneide, pensava di offrire il ruolo di Enea a Gina Lollobrigida. Gli fu ribattuto che sarebbe stato meglio farle interpretare Didone, la donna innamorata di Enea. “Per carità”, rispose il produttore, rimasto pietosamente anonimo, “allora non ne facciamo nulla. Queste storie di amori morbosi non le ho mai potute soffrire”.