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 2020  agosto 07 Venerdì calendario

Il super-postino di Trump che può rallentare le elezioni


È un agosto ad alta tensione a Washington, e non solo per l’inizio della stagione degli uragani. Lo scontro politico è ai massimi, sulla nuova manovra di spesa pubblica anti- depressione. Una delle ragioni dello stallo è che i democratici (maggioritari alla Camera) vogliono rinnovare l’assegno federale integrativo di 600 dollari settimanali per i disoccupati, mentre i repubblicani (maggioritari al Senato) e la Casa Bianca sostengono che quell’indennità supplementare incentiva a non cercarsi un lavoro. Ma ora dentro quella manovra di bilancio è spuntato un altro casus belli: la Posta. Lo U.S.Postal Service potrebbe decidere chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti? In un anno così drammaticamente speciale, dove i voti per corrispondenza saranno più numerosi che in passato, i democratici accusano: Donald Trump sta sabotando la Posta per impedire che distribuisca tempestivamente le schede al domicilio degli elettori. I tagli al servizio postale sono uno dei nodi del contendere nel negoziato sulla manovra di bilancio; più il ruolo controverso del capo di quest’azienda pubblica, una delle ultime ad essere rimaste sotto la dipendenza diretta del governo.Il Postmaster o direttore generale delle poste federali, è il più antico fra tutti i ruoli della pubblica amministrazione americana. Nell’Ottocento prima della guerra civile, quando ancora gli Stati erano molto dis-Uniti e il governo federale aveva un’importanza marginale, l’unica figura di rilievo nominata dal presidente era il Postmaster. Nel Far West la presenza dello Stato nelle zone più remote era visibile solo attraverso gli uffici postali, prima ancora che il treno sostituisse la diligenza. La nomina del Postmaster divenne la prima delle spartizioni di funzioni pubbliche nello “spoil-system” americano, nell’infanzia della Repubblica.Trump di recente ha nominato Postmaster un suo fedelissimo, il businessman Louis DeJoy della North Carolina, già finanziatore della sua campagna elettorale. La missione di DeJoy secondo il partito democratico è fin troppo chiara: impoverire e sabotare le poste, tagliare i fondi e le paghe dei postini, rendere sempre meno affidabile ed efficiente il servizio, accumulare montagne di corrispondenza non consegnata. Intanto Trump alterna gli attacchi al voto per corrispondenza con le critiche alle stesse Poste che sono un suo bersaglio prediletto: in passato le aveva accusate per via delle tariffe agevolate praticate sulle consegne di pacchi Amazon (Jeff Bezos, chief executive di Amazon, è inviso al suo presidente in quanto editore del Washington Post, quotidiano progressista).Raramente le direttive interne allo U.S. Postal Service avevano ricevuto così tanta attenzione in un dibattito parlamentare, e sulla stampa. «Le elezioni sono sacre – dice il capogruppo democratico al Senato, Chuck Schumer – quindi non è questo il momento per tagliare gli straordinari dei postini». Trump alterna gli attacchi sui brogli massicci – che secondo lui sarebbero favoriti dal voto per corrispondenza – a quelli contro la Posta. «Non ce la farà mai – dice il presidente – non avrà tempo a sufficienza, con tutti quei milioni di schede che sbucheranno fuori dal nulla». E così, alla sorte dei disoccupati si è aggiunta quella dei postini. Schumer e la sua collega Nancy Pelosi, presidente della Camera, indicano il rifinanziamento del servizio postale come una condizione perché i democratici votino la nuova manovra anti-crisi. Le trattative sono febbrili, perché diversi Stati hanno promesso di distribuire a domicilio le schede fin dal mese di settembre. Milioni di elettori devono poter votare ancor prima di aver visto il primo dibattito televisivo fra Trump e Joe Biden, fissato per il 29 settembre.