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 2020  agosto 07 Venerdì calendario

Il vero volto di Raffaello

Date al Divin Pittore quel che è del Divin Pittore. Una tomba e uno scheletro, un volto e un ritratto dimenticato nell’oblio dell’anonimato. Con buona pace dello stesso biografo Giorgio Vasari, tanti misteri su Raffaello sembrano sciogliersi. Soprattutto grazie alla scienza. Anzi, all’antropologia molecolare. Come a dire che la tecnologia stringe un patto d’alleanza con la storia dell’arte. Gli elementi della trama sono tre. I resti dello scheletro custoditi nella tomba al Pantheon sono ufficialmente di Raffaello; del grande artista urbinate è stato ricostruito per la prima volta il volto in 3D; il nuovo volto è perfettamente compatibile con quello dell’uomo ritratto da Sebastiano del Piombo nel 1515 e rimasto fino ad oggi anonimo (seppur bellissimo nella collezione del Museo di Belle Arti Szepmuveszeti di Budapest).
L’indagine porta la firma del Centro di Antropologia molecolare per lo studio del Dna antico del Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, in collaborazione con la Fondazione Vigamus e l’Accademia Raffaello di Urbino. La ricerca, prossima alla pubblicazione sulla rivista Nature, è partita dalla tesi di laurea di Valeria Ridolfi (da 110 e lode, ça va sans dire). Il prologo all’impresa è stato il calco in gesso del cranio oggi conservato al Museo Casa Natale di Raffaello a Urbino, guidato oggi da Luigi Bravi. Un reperto perfetto che riproduce il teschio nei minimi dettagli, comprese le suture delle ossa craniche. Venne eseguito nel 1833 in occasione della riesumazione dell’artista sepolto al Pantheon. Come è noto, la ricognizione del sepolcro avvenne per iniziativa dei Virtuosi del Pantheon, che la promossero per tentare di ricomporre i resti mortali dell’urbinate sconvolti da più di tre secoli di esondazioni del Tevere e allagamenti del monumento. 
IL GIALLO DELLE OSSA
«Ma i dubbi sull’appartenenza delle ossa sono sempre rimasti quando papa Gregorio XVI decise di riesumare il corpo per poter celebrare di nuovo i funerali – commenta il professor Mattia Falconi associato di Biologia molecolare all’Università Roma Tor Vergata – La tomba si era rivelata un luogo di diverse sepolture, di allievi accanto al maestro, con tanti resti incompleti. Fu l’anatomista Antonio Trasmondo a identificare lo scheletro ancora con le braccia incrociate sul petto». Vennero eseguiti i calchi. Nel maggio del 2019 è iniziata l’impresa con l’obiettivo di arrivare alla ricostruzione in 3D.
Mesi di lavoro, indagini forensi, dati archeologici e software sempre più sofisticati, basandosi esclusivamente sulla morfologia del cranio per ottenere il volto di una persona al momento della sua morte: all’età di 37 anni. «La ricostruzione ottenuta ci dà una precisione dell’85% del volto di Raffaello», indica Falconi, che ha lavorato insieme a Cristina Martinez-Labarga associato di Antropologia forense, Olga Rickards ordinario di Antropologia molecolare e Raoul Carbone esperto di Grafica 3D Applicata alle Scienze Forensi. Dalle misure craniali si sono ottenuti i dettagli del volto, la forma degli occhi, il disegno della bocca e della mandibola, fino al profilo del naso. Per il colore degli occhi, dei capelli, e per colmare insomma quel 15% della fisionomia servirebbe analisi sui resti delle ossa. «Ma quello che vediamo ora ricostruito è la rappresentazione di un uomo che all’epoca tutti avrebbero riconosciuto come Raffaello. Anche perché il viso appare somigliante agli autoritratti dell’epoca», riflette Mattia Falconi. «Insomma, il cranio e gli altri resti custoditi nella tomba del Pantheon appartengono all’artista rinascimentale».
Eppure, confrontando il nuovo volto con l’Autoritratto giovanile del 1506 degli Uffizi, o con il Doppio Ritratto del Louvre, sembrano esserci differenze. «Noi l’abbiamo interpretate così: il ritrattista esterno tendeva a rimanere più vincolato alla realtà, Raffaello invece nel ritrarsi ingentiliva i propri tratti». «La somiglianza è straordinaria, lo dimostra anche il programmi di identificazione facciale in cui i dettagli del volto collimano». Parla di osservazione oggettiva, l’équipe di Tor Vergata. Il dibattito resta aperto. «La nostra, certo, è solo un’ipotesi, ma suffragata da prove scientifiche», insiste Falconi. 
Non solo. Il software ha trovato una perfetta corrispondenza con un altro dipinto, il Ritratto di un uomo di Sebastiano del Piombo. «Nel 1515 Raffaello era già a Roma e Sebastiano appena arrivato. Prima amici, solo dopo sono divenuti antagonisti per conquistare gli stessi committenti: non è improbabile che Sebastiano abbia ritratto Raffaello – spiega Mattia Falconi – Se si sovrappongono le immagini del volto, coincidono perfettamente gli occhi, il naso, la bocca e la mandibola leggermente prominente». 

I DIFETTI ESTETICI
Già, la mandibola. «Ci siamo resi conto che Raffaello doveva soffrire di un leggero prognatismo: nel quadro la posa di tre quarti e la mandibola illuminata servono proprio a stemperare questa sua caratteristica – continua Falconi – La mano evidenzia dita affusolate, che corrispondono allo stesso calco della mano che si conserva di Raffaello. Il paesaggio sullo sfondo offre uno scorcio dell’Appia Antica assai cara all’artista». Insomma, tutto riporta a Raffaello. Di cosa sarebbe morto? Sifilide, avvelenamento o polmonite. Gli scienziati propendono per una polmonite fulminante. Il giallo potrebbe essere risolto con le analisi delle ossa e una ispezione dei resti. Ma si fa presto a dire, aprire la tomba di Raffaello. Per accedere allo scheletro dell’artista si dovrebbe procedere invasivamente (con alto rischio di danneggiare i reperti antichi) per ben tre stadi. Si dovrebbero infatti aprire il sarcofago di età classica donato nel 1833 da Gregorio XVI, quindi la cassa di piombo ed infine l’urna di legno.