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 2020  agosto 06 Giovedì calendario

A pranzo con Welles. Il genio obeso e il grillo parlante

Oggi siamo a pranzo con Orson Welles. In realtà lui pranza con il suo amico Henry Jaglom, da quando, a partire dal 1978, si ritrovano al “Ma Maison”. Ma noi siamo lì, grazie a Peter Biskind (A pranzo con Orson, Adelphi 2013). Welles chiese a Jaglom di registrare le loro conversazioni, a patto di tenere il registratore nella borsa, nascosto ai suoi occhi. Jaglom iniziò a registrare nel 1983, e continuò fino alla morte di Welles, il 10 ottobre 1985, quando ebbe un infarto nel cuore della notte. Morì con la macchina da scrivere in grembo: stava lavorando a una sceneggiatura.
Oggi, come sempre, si avvicinano al tavolo persone di ogni tipo, nella speranza di ricevere qualche detto memorabile. “BUONGIORNO! COME VA?” tuona la roboante voce orsoniana. A volte è scortese. “Che piacere conoscerla”. E lui: “Il piacere è tutto mio, ma basta così”. Quando Jaglom gliene chiede la ragione, Welles risponde: “In qualche modo devi far capire alla gente che non sei solo un bambolotto. Devi essere il re della foresta. La gente vuole ‘Orson Welles’. Vuole lo spettacolo dell’orso ballerino”. Richard Burton si avvicina al tavolo. “Orson, che piacere vederti, Quanto tempo. Ti trovo bene. C’è Elizabeth con me. Vorrebbe tanto conoscerti. Posso portarla qui?”. “No. Come vedi sto mangiando. Passo da voi quando esco”. Burton esce. HJ: “Orson che stronzo! L’hai trattato malissimo! È scappato come un cane bastonato”. OW: “Non darmi i calci sotto il tavolo, non lo sopporto. Non ho bisogno di te come voce della coscienza, caro il mio grillo parlante ebreo. Burton aveva un grande talento: l’ha buttato alle ortiche. È diventato una barzelletta: l’appendice di una moglie diva. Adesso lavora solo per i soldi e fa una gran merda. Comunque, non l’ho trattato male. Per dirla con Carl Laemmle, ‘gli ho dato una risposta evasiva: fottiti’”.
Cameriere: “Oggi Mr Welles abbiamo dell’arrosto di maiale”. “Oddio! Arrosto di maiale con questo caldo? Non posso mangiare maiale, sono a dieta. Però lo ordino lo stesso, solo per sentire il profumo. ‘Se v’aggradasse cenar con noi’ dice Bassanio a Shylock; e Shylock risponde: ‘Sì, per fiutare il porco, per mangiar la dimora in cui il Nazarita, vostro profeta, ficcò per magia il demonio! Con voi posso comprare, con voi vendere, parlare, passeggiare e via dicendo, ma non mangiare, bere, e nemmeno pregare’. In realtà Gesù mise una schiera di diavoli nei porci di Gadara. Shakespeare invece voleva solo dare a Shylock un motivo per non mangiare con quelli là”.
HJ: “Stavo leggendo il libro di Garson Kanin su Spencer Tracy e Katharine Hepburn. Disse che lei e Tracy vivevano insieme…”. OW: “Ma lo sapevano in molti visto che se la faceva con tutta la città, a ruota libera”. “La Hepburn?”. “Alla faccia! Stavo girando Quarto potere. L’avevo vicino al trucco: si preparava per Febbre di vivere. E con dovizia di parolacce raccontava di come la sbatteva Howard Hughes. Anche Grace Kelly ci dava dentro in camerino, quando nessuno guardava… ma poi non lo andava dire”. “Vorrei capire perché Tracy ce l’ha con te”. “Non sono mai stato un suo ammiratore. Da ragazzo, a teatro, mi alzai e gli feci una piazzata durante Capitani obbrobriosi. Coraggiosi, coraggiosi. Mi alzai e urlai: ‘Si vergogni!’. Poi la maschera mi sbatté fuori perché non la smettevo”. “Non lo trovavi affascinante?”. “Macché. Semmai, odioso. Una volta andai a prenderlo in un bar di Londra: la gente veniva da me a chiedere l’autografo e a lui non badava. Ma io ero il Terzo uomo, diamine, mentre Tracy aveva i capelli bianchi. Cosa pretendeva? Si sedette al tavolo e disse: ‘Guardano solo te. Io sono invisibile’”.
“Non riesco a digerire il tuo giudizio su Marlon Brando”. “È per quel collo. Sembra un salsiccione. Una scarpa fatta di carne”. “Dicono che non sia molto intelligente”. “Be’, come quasi tutti i grandi attori. Larry (Olivier) è un beota – sul serio. L’intelligenza è un handicap, per un attore. Perché se sei intelligente non sei emotivo, ma cerebrale. Fra gli artisti, attori e musicisti hanno più o meno la stessa intelligenza. I cantanti meno. Sono fissati con il loro gargarozzo. Con le dovute eccezioni. Leo Slezak disse la più grande battuta di tutti i tempi a teatro. Era il massimo tenore wagneriano della sua epoca. Cantava il Lohengrin. Se sei un wagneriano sai che Lohengrin entra in scena su un cigno che galleggia sul fiume. Scende, canta, e alla fine dell’ultima aria deve ripartire a bordo del cigno. Non fosse che una sera il cigno se ne andò via da solo, prima che Slezak riuscisse a imbarcarsi. Al che lui non batté ciglio, si girò verso il pubblico e disse: ‘A che ora passa il prossimo cigno?’”.
A pranzo con Orson lui può raccontarti, naturalmente, tutto di Quarto Potere. O di quando il suo grande amore, Rita Hayworth, lo cercò disperata alla vigilia delle nozze con Ali Khan e lui affrontò il viaggio su un cargo, in piedi, in mezzo ai pacchi: “Ma ormai ero pazzo di un cessetto d’italiana che mi tirava scemo, e dovevo tornare da lei a tutti i costi”. Biskind: “Orson è un rompicapo: come far convivere il ragazzo prodigio, il rivoluzionario regista teatrale, il cineasta d’avanguardia al quale quasi tutti riconoscono il merito di aver girato il più grande film di tutti i tempi… con il pagliaccio dei talk show, il reietto obeso e autodistruttivo, notorio per le sue opere incompiute e i progetti abortiti”. A tavola con lui saprete perché.