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 2020  agosto 06 Giovedì calendario

Borse, si allarga il gap Usa-Ue: Wall Street vince di 15 punti

Sui mercati è andato in scena un mercoledì da leoni. Il tecnologico Nasdaq ha aggiornato i massimi di tutti i tempi oltre gli 11.100 punti. Il Dow Jones si è rilanciato sui massimi da metà giugno grazie al +10% di Walt Disney (su conti trimestrali decisamente migliori delle attese) mentre l’S&P 500 è tornato laddove era a metà febbraio, prima del Covid. Senza dimenticare il nuovo massimo dell’oro che si è spinto fino ai 2.055 dollari l’oncia. Il tutto mentre arriva qualche segnale di risveglio dell’economia. A luglio negli Usa l’ indice Pmi composito è salito a 50,3 punti, da 47,9 di giugno, dato superiore alla rilevazione preliminare (50 punti). Notizie positive anche per l’Eurozona dove le vendite al dettaglio del mese di giugno sono cresciute dell’1,3% rispetto all’anno scorso, contro stime di una contrazione dello 0,2%. L’Eurostoxx 50 tuttavia ha messo a segno un guadagno ridotto (+0,4%) facendo sempre più fatica a colmare il gap con gli indici americani.
Da inizio anno il divario tra Wall Street e le Borse europee è cresciuto di 15 punti percentuali (S&P 500 +2%, Eurostoxx 50 -13%). Se il confronto parte dal 2007 – prima che scoppiasse la crisi mondiale dei derivati subprime – il distacco è ancora più ampio. L’indice S&P 500 di si è rivalutato da allora del 232% mentre l’Eurostoxx 50 del 78%. Dato che le aziende europee distribuiscono dividendi più elevati ci spostiamo anche sulla performance total return (che tiene conto dei dividendi reinvestiti). Pur aggiungendo questo elemento il distacco degli Usa resta clamoroso: +309% contro +134%.
Nel 2020 questo divario come detto sta aumentando. E ciò è dovuto anche al fatto che la Borsa Usa tra il 2015 e il 2018 è riuscita a guadagnare terreno nonostante nel frattempo la Fed abbia aumentato i tassi (portandoli dallo 0,25% al 2,5%), mentre nello stesso arco la Bce – che ha avviato il quantitative easing solo nel 2015, sei anni dopo la Fed – è rimasta inchiodata con i tassi a 0 (rifinanziamento principale) e sottozero (tasso sui depositi a -0,5%). In sostanza la Fed, riuscendo ad alzare i tassi, ha preparato un cuscinetto per reagire alla prossima crisi (che si è rivelata essere poi quella pandemica) mentre la Bce, con i tassi già a 0 è risultata penalizzata nella sfida tra le politiche monetarie. E lo si vede anche sul mercato valutario con il dollaro che si è svalutato dell’11% sull’euro da marzo (ieri cambio vicino a 1,19).
Questo divario si vede ben oggi sulla vera battaglia che le due economie stanno “combattendo” per rilanciarsi, quella sui tassi reali. Più questi sono bassi più è conveniente per le imprese finanziarsi e quindi dare slancio alla propria attività e, a livello aggregato, all’economia dell’area. Bene, portando violentemente i tassi a 0 durante i mesi pandemici gli Usa hanno indotto ad oggi i tassi reali sulla scadenza a 10 anni a -1%. Mentre i tassi reali nell’Eurozona si attestano intorno a -0,4% (perché le prospettive di inflazione in questa area sono più basse rispetto al +1,5% atteso negli Usa). Il crollo dei tassi reali sta spingendo gli investitori a comprare asset reali, come le materie prime. Ma anche le Borse, quasi non ci fosse alternativa all’allocazione dei capitali. Per un fondo di investimento è un problema acquistare bond a tassi negativi (in circolazione ve ne sono per 15mila miliardi di dollari, un quarto del totale) o con tassi molto bassi. Con i bond un fondo non solo non si ripaga dei costi ma rischia di esporsi a forti perdite qualora in futuro i tassi dovessero – per via dell’inflazione – risalire.
Tra le Borse la maggior parte dei flussi in questo momento continua a premiare Wall Street rispetto all’Europa. Tanto che oggi molti esperti considerano un cambio di paradigma dei multipli. Se in passato un rapporto prezzo/utili pari a 20 volte per l’indice S&P 500 era considerato caro, ora questa soglia può allargarsi secondo gli analisti di Pictet intorno a 30. Questo perché i tassi reali sono oggi molto più bassi che in passato e probabilmente continueranno a scendere. Diversamente un multiplo di 30 volte gli utili attesi per l’Eurostoxx 50 continuerebbe ad essere considerato esagerato. Perché l’Eurozona è attardata nel duello dei tassi reali. E sta pagando adesso molto salato il conto di aver adottato il primo quantitative easing nel 2015, sei anni dopo la gli Usa.