Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  agosto 06 Giovedì calendario

Plácido Domingo parla e si difende

Sembra un giorno come un altro, una riunione di famiglia nel grande salone della villa di Acapulco, in Messico. Durante il nostro collegamento via Zoom, la signora Marta si muove con disinvoltura nella stanza, mentre il figlio Álvaro, seduto poco distante, il viso seminascosto dalla mascherina chirurgica, aiuta il papà con l’italiano — tutti pronti a partire per l’Europa. Plácido Domingo, 79 anni, tenore — e più recentemente baritono e direttore d’orchestra — fondatore del concorso Operalia per giovani talenti, fuoriclasse dei Tre Tenori (con Pavarotti e Carreras), è seduto a una scrivania strategicamente posizionata al centro della stanza. Non rinuncia al ruolo di mattatore che gli è congeniale, un gladiatore della lirica condannato a un annus horribilis proprio alla soglia degli ottanta, dopo una carriera esaltante e immacolata, quando a un artista così longevo normalmente vien concesso di vivere di rendita e riposare sugli allori. L’inferno è iniziato il 12 agosto 2019, dopo i trionfi dei gala a Verona e Caracalla, con un articolo dell’Associated Press in cui tre cantanti lo accusavano di molestie, comportamenti inappropriati e abuso di potere. Poche settimane fa la soprano Luz del Alba Rubio, una delle tre accusatrici, partecipa alla trasmissione di Radio 3 La Barcaccia ma non esprime con chiarezza i fatti e si limita a una serie di allusioni. La mezzosoprano Patricia Wulf ha parlato di frasi sussurrate all’orecchio, tipo "ma davvero vuoi tornare a casa stasera?". Un’altra mezzosoprano, Angela Turner Wilson, racconta di una mano sul seno mentre era al trucco. Nessuna denuncia, nessun procedimento penale o civile a suo carico, ma il processo mediatico ha scatenato una valanga di gossip, dichiarazioni, ritrattazioni, accuse e sospetti: l’AP apre un’inchiesta; l’Opera di Los Angeles ne apre un’altra (il 13 agosto 2019) e Domingo si dimette da General Director il 2 ottobre «per la pesante atmosfera creata dalle accuse mosse contro di me dalla stampa e per tutelare il teatro»; l’Agma, il sindacato americano che rappresenta circa 8000 cantanti d’opera, ne apre una terza, e invia almeno tre mail agli iscritti informandoli dei sospetti e invitandoli a denunciare, qualora ne avessero motivo, anche anonimamente; a partire dal 13 agosto 2019 (ventiquattr’ore dopo l’articolo di AP) l’Opera di San Francisco e la Philadelphia Orchestra sospendono la collaborazione col maestro; il ministro della cultura spagnolo, José Manuel Rodríguez Uribes, cancella la partecipazione alle recite di Luisa Fernanda al Teatro de la Zarzuela, nella nativa Madrid. L’Italia, come l’Austria (stasera il tenore riceverà a Salisburgo un premio alla carriera), non annulla gli spettacoli previsti da agosto a dicembre ma ormai chiunque si sente autorizzato a straparlare. Lo scorso 22 luglio un gruppo M5S invia un’interrogazione al ministro della Cultura sollecitando provvedimenti nei confronti di Domingo, Daniele Gatti e James Levine, i due direttori protagonisti di vicende analoghe pur se con dinamiche diverse (Franceschini risponderà in parlamento dopo il 23 agosto). Il primo editoriale che riassume la mancanza di prove a carico di Domingo è apparso lo scorso 3 agosto sul quotidiano spagnolo El País ("Plácido davanti all’Inquisizione: chi ha condannato il cantante? ").

«Mi sento bene dopo la grande paura del Covid. Stiamo vivendo un problema mondiale, non sappiamo quando tutto questo finirà — dice Domingo — ringrazio Dio di essere stato curato bene. Cosa posso aspettarmi alla mia età? Sarò in grado di lavorare per altri due anni.
Forse». Ha nello sguardo la rassegnazione, il disagio e la paura di Frank Sinatra quando, ormai scalzato dal podio dalle nuove stelle della musica, tentò nel 1969 un disperato colpo di coda con quella My way che gli avrebbe garantito altri dieci anni di trionfi; qui non si tratta della depressione senile di una star sul viale del tramonto ma di un attacco alla moralità di un artista in piena attività. Fa fatica, il maestro, a ripercorrere il labirinto kafkiano che in questi mesi lo ha disorientato. A conclusione delle molte inchieste, delle centinaia di migliaia di dollari spesi e dell’enorme quantità di documenti esaminati: l’Opera di Los Angeles ha dichiarato di non aver trovato evidenze che comprovassero molestie, violenze o abusi di potere; l’Agma invece ha concluso che "il signor Domingo ha indugiato in comportamenti inappropriati che vanno dal flirt alle avance, dentro e fuori il posto di lavoro" ma non rivela l’identità di nessuno degli accusatori. Ora, dopo aver letto almeno quattrocento pagine di documenti, le uniche certezze sono: che la comunicazione da parte dei portavoce e dei legali di Domingo è stata episodica, insufficiente e a volte ambigua; che al momento nessun tribunale del mondo è titolare di un procedimento penale o civile contro il tenore; che trattandosi di accuse indirizzate a un uomo di potere, dunque amato e odiato, sarebbe opportuno prenderne le distanze a meno che un giudice o una giuria non sentenzino diversamente. Fino a quel momento, Domingo potrà essere giudicato solo dalla sua stessa coscienza.
Maestro, ha accettato di parlare con l’Italia prima che con altri paesi. Perché?
«Perché l’Italia è pronta ad abbracciarmi di nuovo e perché l’anno scorso ho festeggiato i cinquant’anni dai debutti alla Scala e all’Arena di Verona. Mi ha motivato, durante la convalescenza, il pensiero di tornare in Italia, dove evidentemente sono giudicato per quello che sono, non per come molti media hanno voluto farmi apparire. Ora, dopo il lockdown, è tempo di tornare alla normalità.
Normalità? Mica tanto. La nostra vita è cambiata con il Covid ma le accuse che mi sono state mosse hanno fatto più male del virus».
I comportamenti che le contestano risalgono a venti, trent’anni fa. Lei ricorda di essersi trovato in situazioni imbarazzanti con colleghe o colleghi?
«Se guardo indietro, non vedo situazioni in cui il mio comportamento possa aver lasciato ferite aperte. Ma se mi fossi accorto di aver offeso qualcuno — soprattutto una donna — avrei cercato di rimediare all’istante».
Si parla di comportamenti inappropriati e abusi, ma anche di atteggiamenti ricattatori che hanno interferito con le carriere altrui. Aveva il sentore che qualcuno nel mondo dell’opera avesse risentimento nei suoi confronti?
«Decisamente no, di forzature o ricatti non ne ho mai fatti. Chi mi conosce sa che la parola "abuso" non è nel mio vocabolario. Non ho mai ostacolato, anzi ho sempre cercato di promuovere la carriera dei giovani artisti».
In quegli anni è stato General Director prima della Washington National Opera e poi della Los Angeles Opera. L’indagine condotta dall’Opera di Los Angeles si è conclusa con un nulla di fatto: nessuna evidenza di molestie, nessun abuso di potere, nessuna provata interferenza nelle altrui carriere. Le hanno mai porto le scuse e offerto di riprendere la collaborazione?
«No, nonostante il fatto che il mio contributo alla crescita della istituzione losangelina — a partire dal 1984, quando ero Artistic Consultant, e dal 2003 come General Director — sia stato enorme. I risultati dell’indagine, che mi scagionavano completamente, sono stati ignorati dalla stampa. A questo punto, con o senza scuse, un ritorno sarebbe impensabile».
Anche il Teatro de la Zarzuela di Madrid ha cancellato i suoi spettacoli. È stato doloroso rinunciare a una recita proprio nel palcoscenico in cui lavorò sua madre?
«Sì, molto. I miei genitori hanno dedicato la vita alla Zarzuela. C’è un palco che porta il loro nome in quel teatro e lì a maggio avrei celebrato i cinquant’anni dal mio debutto a Madrid. Rispetto le istituzioni, ma questa decisione si basa su un equivoco».
Di quale equivoco parla?
«La presunzione di innocenza nei miei confronti è crollata quando sulla stampa è arrivato il testo delle mie scuse, redatto secondo le precise richieste dell’Agma e che nelle intenzioni doveva accompagnare le conclusioni della loro indagine interna rese pubbliche il 25 febbraio, invece di essere estrapolate da Associated Press dodici ore prima».
Vuol dire che i risultati sensazionalistici strillati dalla stampa non corrispondono agli atti ufficiali dell’Agma?
«Purtroppo no. E la prima conseguenza è stata che nel giro di poche ore, il 26 febbraio, il ministro della Cultura del mio Paese ha deciso di cancellare il mio spettacolo al Teatro de la Zarzuela, citando fonti di stampa, senza chiedermi chiarimenti e senza aver letto gli atti ufficiali dell’Agma.
Secondo loro le mie scuse erano un’implicita ammissione di colpevolezza; nessuna presunzione d’innocenza, dovevo essere allontanato».
Immagino si riferisca alle impressioni generate — come dice nella sua dichiarazione del 27 febbraio scorso — dalle scuse in alcuni articoli che parlavano delle indagini dell’Agma.
«Esattamente».
Lei aveva già chiesto scusa un anno fa. Perché sei mesi dopo le sue scuse sono state giudicate come una piena ammissione di colpevolezza?
«Perché il testo, che assomigliava a un mea culpa, si prestava moltissimo a quell’interpretazione, e soprattutto perché è stato pubblicato fuori contesto, cioè senza specificare che rientrava nelle precise richieste e nelle conclusioni dell’indagine promossa dall’Agma».
Si è parlato di una fuga di notizie… «È vero, perché il cosiddetto "mea culpa" del 24 febbraio è stato mandato direttamente alla giornalista di Associated Press, che lo ha pubblicato ben 12 ore prima che l’Agma rendesse pubblico il risultato ufficiale. La giornalista mi accusa di abuso di potere, ma il risultato delle indagini, reso noto successivamente, non ne fa alcuna menzione. Poche ore dopo è uscito un secondo articolo del Los Angeles Times firmato da un’altra giornalista di Associated Press che ha partecipato all’inchiesta contro di me, dal titolo: "Sono dispiaciuto per le sofferenze causate. Me ne assumo la piena responsabilità". Se ne evince un’ammissione di colpevolezza».
Così un’informazione distorta è diventata la realtà dei fatti.
«Sì, purtroppo».
In concreto l’indagine dell’Agma conclude che ci sarebbero stati comportamenti inappropriati che vanno dal flirt alle molestie dentro e fuori il posto di lavoro. Le hanno comunicato su che basi sono arrivati a questa conclusione?
«No, perché non ci sono prove documentali. Ci sono testimonianze rese da donne a cui era dovuto il rispetto dell’anonimato. Nella ricostruzione dei fatti mancavano dettagli che mi aiutassero a identificare chi mi accusava».
Perché in tutti questi mesi è rimasto in silenzio e non ha preso una posizione netta contro la fuga di notizie e il linciaggio mediatico?
«Mi sembrava corretto per rispetto e spirito di collaborazione con le due inchieste in corso. Ho cercato di chiarire l’equivoco con un una dichiarazione due giorni dopo, ma era tardi e le mie parole sono cadute nel nulla. Certo che sono arrabbiato, certo che sono depresso, soprattutto perché tutta la mia famiglia è stata coinvolta; la sofferenza è enorme per tutti noi.
Io ho sempre dichiarato la mia estraneità ai fatti, a volte con brevi dichiarazioni che sono state fraintese e considerate ammissioni di colpa. È una situazione tremenda».
Ora siamo qui a parlarne. Cosa è cambiato?
«Io sono cambiato, non ho più paura. Quando ho saputo di avere il Covid ho promesso a me stesso che se ne fossi uscito vivo avrei lottato per riabilitare il mio nome — io non ho mai abusato di nessuno, lo ripeterò finché vivo».
Essere definito il Weinstein della lirica ha danneggiato la sua carriera?
«Enormemente, e non penso solo alla carriera. Mi ferisce essere descritto in questo modo. Ho letto anche pesanti insulti contro di me.
Chi scrive sottovaluta il male che può fare. Si parla come se fossi stato processato da un tribunale per precisi capi d’accusa, ma non è così. Questa ambiguità è inaccettabile, non smetterò mai di dire la verità».
Dalla carriera ha avuto il massimo. Ha ancora un sogno da realizzare?
«Trovare la pace, sperare che tutto si risolva per il meglio, affermare la verità e vivere gli anni che mi restano accanto ai miei affetti, serenamente».