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 2020  agosto 06 Giovedì calendario

I monopattini non intelligenti

Va bene la mobilità intelligente. D’accordo la sostenibilità. Evviva tutto quello che un giorno renderà le nostre città meno ingolfate di smog. Ma questa faccenda dei monopattini elettrici ci sta sfuggendo di mano. Il problema non sono solo gli incidenti, che sono in rapido aumento specialmente tra i giovanissimi che ne sono i principali utilizzatori. E nemmeno le sfacciate infrazioni al codice della strada di molti utenti. E infine non è neppure soltanto una questione di decoro urbano, ovvero il fatto che questi trabiccoli ormai tracimano nei marciapiedi delle vie dei centri storici, a volte accatastati come capita, rendendo complicato anche passeggiare.
Il problema è che una opportunità per ripensare complessivamente il nostro sistema di mobilità urbana, «nel mondo dopo il Covid 19» come a tanti piace dire, è stato gestito con una superficialità che rischia di fare danni seri. Con un finale che se non si interviene rischia di diventare inevitabile: ovvero, rendere i monopattini antipatici anche a chi ne capisce il fascino, condividendo l’idea di fondo di un mondo dove gli spostamenti in città non si fanno più con automobili private.Sui social gira una battuta: aspettavamo le macchine volanti e ci siamo ritrovati con i monopattini sui marciapiedi. Da qui a vietarli di nuovo il passo è brevissimo. Diciamolo chiaramente: sarebbe un errore, un’opportunità sprecata.
I monopattini nelle nostre vite non sono piovuti dal cielo, non sono arrivati per caso. In diversi posti nel mondo sono nate alcune startup che hanno capito che il principio del car sharing tramite smartphone si poteva applicare anche a bici e “scooter elettrici” (all’estero i monopattini vengono chiamati così).
C’è voluto non poco lo scorso anno per approvare una norma che li rendesse legali, tipo le biciclette, e nel giro di pochi mesi le startup hanno fatto accordi con i sindaci delle nostre principali città smaniosi di poter dire «dopo il coronavirus nulla sarà come prima». Come se bastasse una manciata di monopattini a far sparire il traffico. Il governo poi, in una smania di “nuovismo” che forse meritava obiettivi più ponderati, ha anche messo sul tavolo un ecobonus importante per chi ne acquista uno personale, inserendolo nel decreto Rilancio, come se dalla crisi si potesse uscire zigzagando su due (piccole) ruote.
Insomma, a maggio era tutto pronto. Tranne le piste ciclabili. Perché se i monopattini vanno considerati come biciclette è lì che devono circolare, sulle ciclabili. E se non ci sono? Vanno dove capita. Tra l’altro non c’è stata nessuna seria campagna informativa sulle regole: si può andare in due? (no). Si possono guidare senza casco? (solo se sei maggiorenne). Si possono guidare sul marciapiede? (no).
Nel frattempo l’utilizzo è esploso, segno che una domanda per una mobilità alternativa esiste: solo a Roma in questi giorni fra i vari operatori si contano diecimila corse al giorno ma dei 150 chilometri di ciclabili promessi dalla giunta capitolina a maggio, ne sono stati realizzati poche decine con il risultato di un Far West stradale che a settembre può solo peggiorare.
Insomma il vero pasticcio nasce dalla mancanza di ciclabili. Infatti nelle città del mondo dove esiste una vera rete distinta da pedoni e automobili, i monopattini vanno da dio, le regole sono rispettate, e non ci sono polemiche. Due esempi: Parigi e Tel Aviv. È la dimostrazione che i monopattini, con un piano serio alle spalle, possono essere un’opportunità formidabile per contribuire a risolvere il problema della mobilità nelle nostre città. Altrimenti lo renderanno ancora più grande.