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 2020  agosto 06 Giovedì calendario

La stanza 65 della Merkel in Val Fiscalina

La ragazza della reception non sospettò alcunché e lo registrò come uno dei tanti clienti: Joachim Sauer, professione docente universitario, classe 1949, Hosena, Germania. Aveva prenotato una doppia nella dependance del Dolomitenhof, albergo a quattro stelle che si erge sugli ultimi prati della Val Fiscalina come una sentinella di montagna, al capolinea dell’unica strada percorribile con mezzi motorizzati. Era l’estate del 2004 e nessuno immaginava che il professor Sauer fosse quel Sauer e che con lui ci fosse pure lei: Angela Merkel, la moglie, allora parlamentare e presidente dell’Unione Cristiano-Democratica tedesca. «Fu una grande sorpresa – ricorda Irmengard Innerkofler, proprietaria con i fratelli Christian e Katharina dell’hotel, mentre ti fa vedere con discrezione una delle foto scattate in quei giorni speciali di fine luglio —. Erano persone semplici, riservate, gentili. Non volevano molta gente intorno ma avevano un occhio di riguardo per tutti: camerieri, signore delle camere, cuochi… Ecco qua», e ti mostra la foto con il personale della cucina. I signori Merkel, come li chiamavano, quando ripartirono dissero danke, questa valle è un incanto. «Per noi una bella soddisfazione». E ancor più soddisfatti furono gli albergatori due anni dopo, quando la coppia tornò, e poi una terza volta nel 2007. Anche perché nel frattempo la parlamentare era diventata cancelliera federale e la sua fama aveva preso il volo. «Veniva con una piccola corte di persone: oltre al marito, la segretaria e le guardie del corpo tedesche. Prenotavano un intero piano, sempre nella dependance. Lei voleva la stanza 65». Ed eccola la 65: salottino, cameretta a due letti, bagnetto, un piccolo balcone. Molto legno e molta pietra ma nessun lusso, quaranta metri di semplicità, ordine e pulizia tirolesi. Perché la cancelliera aveva scelto quest’angolo lontano dell’Alta Pusteria? «Credo per ragioni di sicurezza e la Val Fiscalina è un posto sicuro: valle chiusa, una sola via d’accesso, controlli facili. E poi, immagino, anche per le belle passeggiate e i panorami».
Millecinquecento metri d’altitudine, un anfiteatro di cime dolomitiche, boschi, malghe, crode e, sotto, la vallata dove la mano dell’uomo è intervenuta solo per disegnare tre alberghi, un maneggio, due case e poco altro. Di qua l’Italia, di là l’Austria. Più giù c’è il paesino di Sesto Pusteria, un grappolo di case con 1.880 silenziosi abitanti e 4.000 posti letto per turisti. «Più 500 mucche, delle quali un centinaio sono pure extrapaesane. E poi migliaia di marmotte, camosci, cavalli. Non siamo pochissimi», scherza il sindaco Fritz Egarter, persona simpatica, guanciotte rubizze, eloquio dal marcato accento deutsche. «Ja, la prima lingua non si discute. Siamo sudtirolesi più che altoatesini». Orgoglio che affonda le sue radici nella storia di questa terra, un tempo asburgica, teatro di duri combattimenti nel corso della Grande guerra, quando Sesto era ancora austrungarica. Da una parte le truppe tedesche e i reggimenti tirolesi, dall’altra, a tentare l’avanzata, gli alpini. La chiamarono guerra delle aquile per via dell’alta quota e come sia finita è cosa nota: Sesto e il Sud Tirolo sono diventati italiani, Alto Adige. Da lì l’eterna questione: sudtirolesi o altoatesini? Oggi, esattamente un secolo dopo (Sesto e la Val Fiscalina sono ufficialmente tricolori dal 10 ottobre 1920) i luoghi della battaglia sono un museo a cielo aperto, trincee, gallerie, postazioni, ferrate. Percorsi scavati nella roccia fra Croda Rossa, Monte Piana e Cima Undici. Il fronte di guerra è diventato terra di svago, dove il mondo tedesco e quello italiano si fondono nel trekking estivo sui sentieri della guerra e nello sci invernale. «L’anima sudtirolese è svanita un po’ con il turismo che ha portato benessere», è la sintesi realpolitik di Rudolf Holzer, ex insegnante, memoria storica di Sesto e scrittore.
Ad allungare una mano su questa valle di vecchie battaglie ci ha pensato anche l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che qui ha trascorso le vacanze estive con la moglie Clio per sei volte, dal 2013 al 2018, e mai meno di tre settimane. Hotel Bad Moos, sempre in Val Fiscalina, giusto un paio di prati prima dall’albergo della «Merkel». «Si era affezionato al posto, ogni volta mi diceva: ci vediamo l’anno prossimo. Nel 2018 non l’ha più detto», ricorda con un filo di malinconia Evi Oberhauser, titolare della struttura. A portarlo quassù la prima volta fu l’amico ed ex senatore Emanuele Macaluso, che ci viene da 35 anni. Questa primavera ne ha compiuti 96 e, puntuale, è arrivato con la moglie il primo luglio, contando di andarsene in settembre. Insomma, tedeschi e italiani, sudtirolesi e altoatesini, Merkel e Napolitano. Nella valle della Grande guerra è tempo di vacanze e di leggerezza. Con qualche resistenza: sindaco, cosa farete per il centenario del passaggio di Sesto all’Italia? Sorride: «Quand’è?».