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 2020  agosto 05 Mercoledì calendario

Vendemmia, l’annata è ottima

Al momento e con tutte le precauzioni del caso quella 2020 si profila come una buona vendemmia, con un’ottima maturazione delle uve e un andamento climatico senza particolari strappi. Tuttavia, questa anziché essere l’occasione per esorcizzare un anno che finora non ha lesinato disgrazie rischia di rivelarsi un’ulteriore iattura.
Anche il settore vitivinicolo italiano infatti è in sofferenza. La prolungata chiusura del canale horeca, e quindi bar e ristoranti, ha penalizzato le fasce di prodotto di qualità medio alta. Il positivo andamento nel corso del lockdown di grande distribuzione ed e-commerce (con vendite che nel primo semestre dell’anno secondo le stime di Wine Monitor di Nomisma sono aumentate del 9% nella Gdo e di ben il 102% nel canale on line) non è certo riuscito a compensare, soprattutto in valore, il vero e proprio “buco” nella ristorazione. Aggravato poi anche dal quasi azzeramento di enoturismo e vendite dirette, canale che genera in media vendite di vino per oltre 2 miliardi di euro l’anno.
Sul fronte dell’export che veicola oltre il 50% delle vendite di etichette made in Italy si registra una tenuta anche se molti nel settore ritengono che il dato sia influenzato (qualcuno dice “drogato”) dai massicci acquisti effettuati nei primi mesi nell’anno, in fase pre Covid-19, dagli importatori statunitensi che temevano un rialzo dei dazi Usa sul vino italiano (rialzo che in questi giorni potrebbe arrivare sul serio). Per tutti questi motivi sono in molti ad attendersi nei prossimi mesi un rallentamento nelle esportazioni. Un quadro complesso quindi che ha restituito al settore giacenze elevate (al 29 luglio nelle cantine italiane erano presenti 42 milioni di ettolitri) ai quali potrebbero dopo l’estate aggiungersi altri 45-50 milioni di ettolitri della nuova vendemmia trasformando così anche gli entusiasmi dei più ottimisti in forti preoccupazioni per un probabile crollo delle quotazioni dei vini. È un po’ questo il senso dell’allarme che verrà lanciato oggi da Ismea, Unione italiana vini e Assoenologi che nella loro preview sulla vendemmia 2020 solleveranno proprio il tema dei listini a rischio e del clima di scarsa fiducia che serpeggia tra i viticoltori.
A complicare le cose anche lo scarso appeal delle misure messe in campo dal ministero delle Politiche agricole per ridurre l’offerta. Dei 50 milioni di euro stanziati per la distillazione di crisi (con la quale si prevedeva di destinare alla produzione di alcol alimentare 3,5 milioni di ettolitri) ne sono stati utilizzati 14. E anche sulla “vendemmia verde” ovvero il taglio dei grappoli in campo senza destinarli alla vinificazione con compensazione da parte dello Stato (misura per la quale di milioni ne sono stati stanziati addirittura 100) si nutrono forti dubbi. «Al di là della buona volontà della ministra Bellanova – spiega il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti – nel confronto con la filiera e con le regioni la misura della distillazione è stata parametrata più sui vini comuni che su quelli Dop che invece sono proprio quelli in sofferenza perché più esposti alla serrata dei ristoranti. D’altro canto l’Italia ha fissato un prezzo di intervento di 27,5 euro a ettolitro per tutti mentre la Francia ha deciso di destinare fino a 80 euro per i vini Dop. Col risultato che i francesi hanno utilizzato tutti i 170 milioni di euro stanziati per la loro distillazione e noi no». Perplessità anche sulla “vendemmia verde”. «Strumento – ha aggiunto Castelletti – che prevede anche l’ipotesi di non raccogliere i grappoli. Una possibilità che rende la misura facilmente eludibile. Occorrono insomma controlli efficaci nel vigneto, mentre sono previste solo verifiche cartacee su quanto dichiarato dai produttori». Per questi motivi l’indice di fiducia rilevato da Ismea per i viticoltori non è mai stato così basso. «L’indicatore – spiega il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello –può oscillare tra -100 e +100 e oggi nel settore vitivinicolo è a -32,5. Ben al di sotto del totale agroalimentare (-18,7). A pesare, la visione negativa di breve periodo sia sulla domanda interna sia estera. Mentre un ritorno ai livelli economici pre-Covid si prevede solo nel giro di 2-3 anni».