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 2020  agosto 05 Mercoledì calendario

Richard Burton e Liz Taylor sposi seriali

«Lei Cleopatra? È ridicolo: somiglia a una fantesca durante l’allattamento. Spiegami dov’è bella questa piccola sfera, questo batuffolo di grasso. La faccina è passabile, ma scura, troppo scura. Scommetto che si fa la barba tutti i giorni...». Quella mattina del 1963 a Cinecittà, sul set di Cleopatra, Marco Antonio-Richard Burton, appoggiato a una colonna dorica di cartapesta, la corazza aperta sul petto come una camicia a Saint Tropez, era alla ventesima sigaretta e al terzo bourbon. Ma, soprattutto, non sapeva di stare scrivendo l’incipit del più furioso romanzo d’amore dell’epoca Hollywoodiana. Da quel giorno il copione decise per lui. Antonio e Cleopatra dovevano innamorarsi e lo fecero sul serio. E quella bambolina dagli occhi viola di nome Liz trasformerà per sempre l’imperatore in servus, schiavo della donna più femminile del pianeta. «Il segreto di Liz è che incarna anche dopo anni la magia del rapporto occasionale» confiderà Burton, innamorato come un gatto, a un amico. La sposerà due volte questa mini-donna di un metro e 58, l’unica ad avere in mano il telecomando per farlo tornare, spesso fra le lenzuola. «Lei è la mia notte in bianco» scrive sul diario Richard, raccontando la loro vita-ottovolante, tra sberle, bottiglie di whisky vuote e alzatine stracolme di caviale grigio arrivate sui jet privati, suite miliardarie distrutte dopo liti furibonde. Botte, insulti, urla, svenimenti e minacce. Una tempesta che diventò presto un rituale che i naufraghi Liz e Richard sapevano come lasciare alle spalle: dissolvenza scandita dal ciak di un abbraccio fuori misura anche per il Cinemascope.
Richard come Lassie
Quella bambolina che da piccola entrava nelle case degli americani accarezzando il muso di Lassie, collezionava mariti e figli come figurine Panini. Già, perché prima di sposare Burton, la giovane Liz convolò a nozze con Conrad Hilton junior (1950), erede della dinastia alberghiera, poi Michael Wilding (1952) Mike Todd (1957), e infine - si fa per dire- il cantante Eddie Fisher (1959). E fu all’ombra del quarto matrimonio e tre figli affidati ad altrettante solerti tate che Liz e Richard finiscono nella centrifuga di un amor-fou destinato a riempire i giornali perché entrambi sposati (lui con l’attrice irlandese Sybil Christopher). «Quando la vidi fu una scossa elettrica, mi avvicinai a lei come un entomologo a una farfalla rara – raccontò anni dopo Burton al Sunday Times, con gli occhi lucidi per l’emozione – ci misi meno di tre secondi per capire che avrei rinunciato al whisky e al fumo pur di portarla a letto. Liz non è una donna, è una strega, ma non chiedetele il segreto, non saprà spiegarvelo, è così e basta».
La dolce vita
Fu l’inizio di una relation dangereuse che assunse presto i contorni di uno scandalo e consolidò la reputazione della Taylor come femme fatale regalando a Burton l’accesso all’Olimpo di Hollywood. Intanto il mondo si sconvolgeva. In anni in cui l’adulterio e il divorzio erano condannati dal comune senso del pudore e dai codici penali (in Italia per esempio, per non dire del Vaticano che additò la coppia come esempio di immoralità) i due amanti cambiavano Stato e continenti come smoking o abiti in lamè. Trascinando a corredo di un amore contra legem stuoli di bimbi (fra cui Maria, figlia adottiva di Burton nata il 1° agosto 1961 in Germania e da subito molto amata dalla Taylor) e bambinaie, cuochi, parrucchieri e soprattutto – per parte di Liz - centinaia di bauli pieni di abiti e capricci. Sono mesi difficili per la coppia, ma redditizi per i settimanali di gossip. Ogni fuga, ogni cena, ogni lite pubblica vengono immortalate dai fotoreporter. Secondo Sam Kashner e Nancy Schoemberg autori di Furious Love (Il Saggiatore, 2013) fu proprio la caccia forsennata a Liz e Richard in via Veneto a suggerire a Fellini la figura del paparazzo ne La Dolce Vita. Dopo aver preteso il proprio divorzio e quello dell’amante (anche lui con prole a seguito, due bambine) da buona collezionista di mariti Liz pretende la quinta fede all’anulare: «Quando amo una persona devo sposarla, tutto qui» spiegò a un giornalista di Usa Today con la sua voce da eterna bambina dagli occhi viola. E l’ancillus Richard ancora una volta obbedì: «Quel che Liz vuole Liz ottiene».
Il 15 marzo 1964 al Ritz Carlton di Montreal Antonio e Cleopatra, al secolo Richard Walter Jenkis e Elizabeth Rosemond Taylor, convolano a giuste e tempestose nozze. E lui farà di tutto per stupirla con effetti siderali. Per esempio regalandole il diamante più grande del mondo, 68 carati di abbagliante purezza a forma di goccia. Peccato che quei 48 grammi costati a Burton un milione e 100 mila dollari fossero troppo pesanti per il ditino mignon di Liz che lo volle trasformare presto in collier. Una piccola, grande e cocciuta decisione, quella di smontare, ancora una volta, qualcosa. Prima le famiglie, poi gli anelli più preziosi. Quindi l’amore più grande del mondo, quello con Richard che dura dieci anni, un’eternità per i parametri usa-e-getta di Liz fino al primo divorzio, arrivato il 26 giugno 1974: dopo due lustri scanditi da film e vita vera che a volte supera per dirompente e autolesionistica energia le sceneggiature più ardite. In realtà si tratta di un matrimonio a tre: lei, lui e l’alcol. Liz e Richard si ubriacano quasi ogni giorno. Il loro amore affoga in un mare di Martini, bicchieri di Bordeaux e whisky irlandese consumati sin dal primo mattino a bordo delle Rolls Royce bianche. Si amano e litigano come portuali anche in pubblico lui uno e 95 di altezza per 92 chili che bistratta la bambolina irresistibile e lei che lo colpisce a sangue sul viso con la mano «armata» di anelli Cartier.
La foto col ghepardo
Ma il divorzio dura appena un anno perché già nel 1975 Liz decide di riavvolgere il nastro. E Richard, pur dichiarando di essere contrario alle seconde nozze, farà ancora una volta quello che vuole «quella meraviglia di donna distante come Venere, il pianeta». I due si ripeteranno per la seconda volta Yes I will in gran segreto, il 10 ottobre 1975 in un parco naturale del Botsawa. L’unica foto del matrimonio ritrae i due sposi con in mezzo un ghepardo accarezzato affettuosamente da Liz come fosse già una pelliccia. Il felino come simbolo di un demone che minaccia la loro pirotecnica unione. Nei ritagli di tempo concessi da questo amore epico, la Taylor vincerà due Oscar come migliore attrice mentre Burton - che quel premio non riuscirà mai ad aggiudicarsi nonostante ben sette candidature - gliene regalerà uno, personale: «Sei la più grande attrice del mondo».
Ma in casa Liz non riesce a recitare. Il secondo matrimonio con Richard durerà solo 18 mesi. Nonostante ciò lei continuerà a sposare, in modo seriale e democratico – arrivando a collezionare sette mariti - arruolando dal carpentiere al politico, dall’attore al cantante, passando per il rampollo miliardario. Burton, invece, non divorzierà mai, dentro di sé, da Liz. Tre giorni prima di morire per una emorragia cerebrale il 5 agosto 1984 a 58 anni, le scriverà una dichiarazione di amore eterno, indicibile, fragilissimo e forte: «Ti amo donna stupenda, se qualcuno ti fa del male mandami un messaggio. Basta che tu scriva "Ho bisogno" o una sola magica parola "Elizabeth" e arriverò più veloce del suono. Sai di certo quanto ti amo. Ma la verità fondamentale e perfida , assassina e immutabile è che io e te ci fraintendiamo totalmente. Torna da me prima che puoi». Liz leggerà queste parole solo al ritorno dal suo funerale. E sino alla fine dei suoi giorni ripeterà: «Richard è stato il grande amore della mia vita. Ho sempre pensato che ci saremmo sposati per la terza e ultima volta. Ci siamo amati disperatamente». Qualcuno sostiene che per gli eterni innamorati l’Aldilà è una nuvola a due piazze.