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 2020  agosto 05 Mercoledì calendario

La metropolitana di New York va in rosso

«Ford to city: Drop dead»: era il 29 ottobre del 1975 e il presidente repubblicano Gerald Ford negò i fondi federali per salvare la città di New York dalla bancarotta, ispirando al tabloid «Daily Mail» una storica prima pagina, «Ford alla città: crepa». Sono passate due generazioni e di nuovo York balla sull’orlo della crisi fiscale, da cui allora si ritrasse con il boom economico. In particolare soffre la metropolitana, il sistema di treni sotterranei che assicura 24 ore al giorno, solo al mondo, che i cittadini possano spostarsi dal Bronx, a Manhattan, a Queens e Brooklyn con traghetti e trenini locali fino a Staten Island. Se il Congresso non concede fondi subito il «Daily Mail» dovrà lambiccarsi in una sorta di «Trump alla Subway: chiudi».
Il coronavirus ha prima bloccato New York, poi ferito la sua economia, cancellando la stagione turistica, svuotando gli uffici, impedendo ai tifosi di affollare i treni per le imprese dei Giants del football, degli Yankees del baseball e dei Knicks del basket. Con Broadway che spegne le luci dei teatri, e Times Square deserta, la capitale del mondo langue. Il suo ex cittadino Donald Trump, nato e cresciuto nei sobborghi di Queens, dove pure viveva da bambino il governatore democratico Andrew Cuomo, ha adesso la residenza in Florida, chi dice per evitare le curiosità fiscali dei magistrati di New York, chi per promuovere il suo residence di Mar a Lago. Comunque sia, il Congresso lesina i fondi a tutti i trasporti pubblici Usa e Trump medita come sfruttare la crisi, se denunciare le malefatte dei sindaci democratici scialacquatori o invece apparire come il salvatore della città natale impoverita. Anche perché a Ford la coltellata fiscale a New York non giovò un anno dopo, nelle elezioni per la Casa Bianca perdute contro il democratico Jimmy Carter.
Per ora, nell’inanità del sindaco Bill De Blasio, che ieri ha perduto pure la Commissaria alla Sanità Oxiris Barbot per inconciliabili differenze sulla gestione dell’epidemia, dopo infiniti litigi col governatore Cuomo, New York riduce l’orario, taglia le corse e disegna un piano di tagli drastici. Licenziamenti, stop a manutenzione e lavori su nuove linee, aumento di tariffe e abbonamenti della Metropolitan Transportation Authority, che amministra metro, bus e treni locali. Il buco è da far tremare varie nazioni, 16,2 miliardi di dollari (13,75 miliardi di euro), da qui a quattro anni, su un budget 2020-2021 di 34,5 miliardi di dollari. «Siamo stati nei guai spesso nel passato – ammette sconsolato il presidente MTA Patrick Foye – ma mai nell’ordine dei miliardi».
Per New York il rosso della metro non è solo questione amministrativa, ma simbolo che spaventa. Inaugurata nel 1904, 36 linee, 472 stazioni, una mappa kafkiana che ha sostituito quella, elegante, disegnata dagli artisti italiani Lella e Massimo Vignelli, 1.727.366.607 di passeggeri trasportati nel 2017, cinque milioni e mezzo al giorno, la subway è il luogo delle famiglie, dei lavoratori, dei ragazzi, degli artisti, il solo dove i ricchi e poveri si incontrino appesi alle maniglie. Quando la criminalità scuote New York, negli anni ’70 e ’80, è il caso di Bernard Goetz, che il 22 dicembre del 1984, con la sua Smith and Wesson ferisce i ragazzi neri che vogliono derubarlo a scuotere la nazione e portare poi alla linea dura del sindaco Giuliani: «Se rompi un vetro della metro, o non paghi il biglietto, vai dritto in galera». È la metro di New York a lanciare i graffiti, quando i geni Keith Haring, Kenny Scharf e Basquiat trasformano per i pendolari vagoni e muri in pinacoteche.
Non ci sono i coccodrilli bianchi e ciechi della fiaba urbana, scaricati nei water da cuccioli, ma ci sono topi, si calcola sette per abitante umano, e a lungo ci furono accampamenti di vagabondi e poveri. In cultura la subway è icona popolare, «Take the A train» era la sigla dell’orchestra del leggendario Duke Ellington, la Yoko Ono cantava la linea D, il rapper Jay Z ha preso la sigla dai treni J/Z. Al cinema i Guerrieri della Notte ricordano le bande che davvero facevano paura, Crocodile Dundee tira fuori il coltello contro uno scippatore, la Febbre del Sabato sera danza e Spider-Man deve cavarsela attorno a Broadway. In poesia Allen Ginsberg celebra «Battery e il Santo Bronx».
Nella metro di New York ho mangiato, dormito, letto, visto film, studiato, sono stato derubato ad Harlem e picchiato a sangue dalla banda di Fatso a Rockaway. La città non può esistere senza metro e la sfida non è dunque da poco: finita la subway avrebbe ragione chi prevede la fine di New York post Covid. Questo cronista, per il poco che conta, scommette contro le due ipotesi.