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 2020  agosto 05 Mercoledì calendario

Il declino di Juan Carlos

Tra i membri delle monarchie parlamentari europee si suole dire che l’istituzione della Corona, laddove esiste, sopravviverà finché sarà utile ai cittadini dei loro Paesi. Se questo è il criterio per misurare il lavoro svolto da Juan Carlos I come re di Spagna per quasi quarant’anni, bisognerà dargli il massimo dei voti cum laude. Ma l’invidia di una cortigiana risentita, e certi comportamenti personali del monarca stesso, minacciano di distruggere il suo prestigio e di aprire un dibattito popolare sulla monarchia in circostanze preoccupanti per la stabilità politica.
Nell’agonia della dittatura, Juan Carlos di Borbone, ancora aspirante al trono, fu bollato da Santiago Carrillo come il Breve. Lo storico segretario generale del Partito comunista spagnolo si sbagliava, e finì col riconoscere i grandi servizi resi dal re alla causa della democrazia e della libertà. È più che probabile che, anche senza la Corona, la Spagna post-franchista sarebbe riuscita a instaurare un regime democratico. Ma il prezzo da pagare sarebbe stato più alto e la strada da percorrere più difficile. La presenza e l’atteggiamento del monarca si dimostrarono decisivi nella modernizzazione del Paese e nel raggiungimento della stabilità politica e sociale per decenni. Per questo ha goduto fin dall’inizio del sostegno e del riconoscimento dei partiti politici e delle organizzazioni sindacali che, pur con un orientamento repubblicano, mettevano al primo posto il ripristino delle libertà.
In un Paese i cui cittadini non sono mai stati particolarmente educati al sentimento monarchico, la popolarità di Don Juan Carlos era riuscita a diventare gigantesca, soprattutto dopo aver affrontato con successo il colpo di stato militare del 1981. Ci sono sempre stati pettegolezzi sui suoi amori e sulle sue pericolose amicizie con personaggi milionari e sovrani assoluti dei regimi del Golfo. Ma nei media e nella classe politica c’era un tacito patto di silenzio su ogni comportamento irregolare della famiglia reale, nell’interesse oggettivo del Paese. Questo patto si infranse all’inizio di questo secolo, quando il genero di don Juan Carlos, il cognato di Felipe VI, fu processato per corruzione insieme alla moglie, l’Infanta Cristina. Lei è stata assolta, ma suo marito, lo sportivo Iñaki Urdangarín, sconta ancora in prigione gli otto anni di reclusione a cui il tribunale lo ha condannato. La reazione, allora, sia dell’ex monarca che dell’attuale, fu rigorosa: allontanarono il parente da ogni attività che potesse macchiare il prestigio della corona, ma è proprio qui che iniziò il declino.
I giovani che non avevano vissuto la Transizione e a cui non avevano ancora spiegato le difficoltà che si dovettero superare per instaurare la democrazia, cominciarono a interrogarsi sull’utilità della monarchia. I partiti indipendentisti e l’estrema sinistra, ora vergognosamente complice dei socialisti al governo, avviarono una mobilitazione a favore della Repubblica.
La situazione peggiorò quando, nell’aprile del 2012, Juan Carlos ebbe un incidente durante una battuta di caccia in Botswana a cui aveva partecipato in compagnia della sua amante, ora sotto inchiesta per reati economici da parte della procura svizzera e per aver cospirato con un poliziotto corrotto da parte di un giudice istruttore spagnolo. La pubblicazione di una foto di Juan Carlos con il cadavere di un elefante abbattuto, scattata durante uno dei suoi safari africani, scatenò la curiosità dell’opinione pubblica, stimolata da ambientalisti e attivisti. Il re si scusò pubblicamente dopo quell’incidente, ma il suo declino crebbe, sia fisicamente che nella stima dei cittadini, e alla fine decise di abdicare a favore di suo figlio Felipe.
Il culmine delle sue disgrazie si è avuto pochi giorni fa. In seguito alle notizie che lo accusano di un reato fiscale per non aver dichiarato una donazione di cento milioni di dollari fattagli dal sovrano dell’Arabia Saudita, i magistrati del Tribunal Supremo spagnolo hanno aperto un’indagine sul suo patrimonio. Per quanto se ne sa, anche se i fatti fossero confermati, sarebbe difficile trovare delle responsabilità penali per chi ancora oggi porta il titolo di re emerito. Ma i media, i social network e il crescente clamore della politica spagnola hanno finito per costringerlo a lasciare il palazzo della Zarzuela, dove ha vissuto durante gli ultimi 52 anni. Il figlio, a difesa del prestigio della Corona, ha rinunciato alla sua eredità e ha deciso di togliere al padre un’indennità di poco meno di 200mila euro l’anno.
Quando avvenne la successione al trono, nel 2014, c’erano già momenti particolarmente delicati nella vita spagnola, i cittadini erano tormentati dalla crisi economica, la classe politica era disorientata, il Paese era orfano delle leadership necessarie, immerso in una confusione che minacciava, e tuttora minaccia, sia la coesione territoriale che quella sociale. Dopo il Covid-19 e il deterioramento del Partito socialista, formazione decisiva per il mantenimento della stabilità politica spagnola, lo scenario è ancora più complicato e incerto. Le tensioni interne al governo, evidenziate dai ministri di Podemos, che attaccano costantemente l’istituzione monarchica, alimentano anche la divisione tra i cittadini.
Storicamente, in Spagna, ci sono state due esperienze repubblicane. La prima dopo il fallito tentativo di instaurare una monarchia parlamentare durante il regno dell’italiano Amedeo di Savoia, chiamato dai militari a succedere alla regina Isabella II, da loro costretta all’esilio. Quella Repubblica subì un colpo di Stato militare pochi mesi dopo la sua instaurazione e durò meno di due anni. Il figlio di Isabella II, esule a Parigi, fu poi chiamato a tornare, riportando i Borboni sul trono. La Seconda Repubblica, proclamata nel 1931 dopo l’esilio volontario di re Alfonso XIII, sfociò nella rivolta militare del 1936 che portò a una spaventosa guerra civile vinta dal generale Franco, divenuto dittatore per quarant’anni.
Molti spagnoli contemplano con sgomento il triste declino di un monarca che, nonostante i suoi errori e i suoi inadempimenti, ha reso un servizio storico alla causa della libertà e della democrazia. E aspettano con ansia che suo figlio dimostri l’utilità di un re nell’epoca attuale.(traduzione di Luis E. Moriones)