Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  agosto 05 Mercoledì calendario

La creatività made in Italy anche nei panini

Il premio Nobel per l’economia Paul Samuelson una volta disse che esistono solo quattro tipi di economie al mondo: quelle ricche, quelle povere, quelle che dovrebbero essere povere e sono ricche (unico caso: il Giappone) e quelle che dovrebbero essere ricche ma sono povere (unico caso: l’Argentina). Parafrasandolo potremmo dire che esistono solo quattro tipi di Paesi in termini di innovazione: quelli innovativi, quelli che non lo sono, quelli che non dovrebbero esserlo ma lo sono (unico caso: Israele) e quelli che dovrebbero esserlo ma non lo sono (unico caso: l’Italia). Salvo eccezioni: approfittando dei limiti del Covid-19 per viaggiare un po’ di più nel nostro Paese gli italiani possono inciampare di continuo in buone idee. Da Polignano a Mare, per esempio, si sta espandendo l’impero dei panini al pesce, vera innovazione in cucina dello chef Lucio Mele. Prima di lui nessuno aveva osato accostare latticini e pesce, mentre oggi i suoi panini gourmet al tonno e burrata piuttosto che al polpo fritto, cime di rapa e ricotta non solo sono più copiati dei brevetti dell’iPhone ma sono anche entrati nell’Accademia del panino d’Italia. Il piatto di spaghetti (rigorosamente Benedetto Cavalieri), cacio, pepe e cozze, in presenza di copyright, lo avrebbe reso ricco. L’idea di un locale di panini al pesce a brand Pescaria, con una importante presenza sui social come Instagram, avuta con Domingo Iudice, è scalabile come si usa dire tra start up, tanto che, dopo Milano e Torino, continua l’espansione verso Nord con Bologna e Roma. Ma se le qualità innovative (in sostanza un cocktail di creatività, idee e capacità di gestire imprenditorialmente il cambiamento) si scovano anche solo andando in giro, cosa manca al nostro ecosistema per funzionare? Forse, come ha ricordato Sabino Cassese sul “Corriere” di lunedì, il vero limite si può trovare in quei 73 adempimenti con 26 enti diversi necessari per aprire una gelateria (costo burocratico: 13 mila euro). Resta lo scoglio della scarsità di capitali di rischio, ossigeno dell’innovazione. Ma forse la fine di quei 73 adempimenti farebbe circolare di più anche il capitale, chissà. Il Decreto semplificazioni dovrebbe ripartire da qui. Resta il mistero di un’Italia dell’innovazione che, nonostante tutto, “eppur si muove”.