Corriere della Sera, 5 agosto 2020
I soldati italiani in Libano
O ltre mille soldati italiani fanno parte dell’Unifil, un contingente Onu composto da diecimila uomini guidati dal generale Stefano Del Col, in missione di pace nella parte sud del Libano. In realtà noi avevamo già mandato un reparto nell’82 dopo l’invasione israeliana e in precedenza il piccolo quanto importante nucleo di elicotteri schierato a Naqura. Più alcuni elementi a Beirut, snodo logistico e porta di ingresso per i rifornimenti. Questo spiega il ferimento di alcuni caschi blu nell’esplosione. Gli italiani – attualmente presenti con la Brigata Sassari —, insieme ai colleghi stranieri, hanno un compito delicato. Momenti di calma (finta) si alternano a lampi di tensione. I caschi blu devono evitare che il confronto tra la fazione filo-iraniana degli Hezbollah e Israele degeneri in guerra totale. In realtà molto dipende dalla volontà dei contendenti che si scambiano colpi. Nessuno però può prevedere le sorprese. Tunnel, bunker, apparati elettronici di spionaggio, ordigni inesplosi, incursioni di droni, finti pastori. Le pattuglie sorvegliano il confine, svolgono un’azione di supporto alla popolazione, presidiano avamposti remoti. Le unità sono apprezzate anche per non essere invadenti. Ma sanno bene che è un equilibrio fragile, esposto alle tempeste politiche del Medio Oriente. L’Unifil è spesso tirato per la divisa. Usa e Israele vorrebbero controlli maggiori sui guerriglieri accusati di aver creato uno Stato nello Stato. Beirut, invece, protesta per le continue violazioni del suo spazio aereo da parte israeliana. Noi siamo nel mezzo.