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 2020  agosto 04 Martedì calendario

Gli imperatori romani erano biondi?

Lontano dall’Italia è in corso un dibattito serio e importante sui software di riconoscimento facciale, sui limiti di questa tecnologia e sul rischio che l’algoritmo amplifichi il razzismo che circola. Un esempio lampante viene da un progetto molto bello che ci riporta indietro di duemila anni. Lo ha realizzato “durante la quarantena”, un ricercatore canadese, Daniel Voshart, che studia in modo originale le applicazioni delle cosiddette reti generative avversarie (GAN) per l’apprendimento delle macchine. In breve, ha ricostruito le foto di 54 imperatori romani.
Tecnicamente sono “ritratti realizzati con il machine learning”. Di fatto ha preso le ultime statue, quando c’erano, ha aggiunto le descrizioni degli storici sui loro dettagli morfologici e anche caratteriali, ha inserito tutti questi dati in un software, Artbreeder, che consente di creare ritratti usando l’intelligenza artificiale, e il risultato finale è effettivamente intrigante. Sembrano vivi.
Diventano improvvisamente così vicini, da sembrare i nostri vicini di casa. I volti dei 54 imperatori fotografati dall’intelligenza artificiale sono i volti di romani che incontri al bar, o su un autobus, o al mercato. Sono i romani – anche quando venivano da molto lontano, erano romani – descritti da Pasolini o che abbiamo visto nei film di Sordi e Verdone. Non c’è nulla di eroico o di epico in queste immagini, non era questo lo scopo, ha spiegato Voshart nel suo post, “piuttosto volevo che sembrassero quello che erano davvero”. 
Fin qui poco da aggiungere, a parte il fatto che il poster dei 54 imperatori si può acquistare online in carta pregiata e in tre formati diversi per massimo 72 dollari. Il bello viene quando un misterioso ricercatore italiano, Davide Cocci, si imbatte del lavoro del collega olandese e scopre che qualcosa non torna: alcuni imperatori nelle foto di Voshart sono biondi. Sette. Ma gli imperatori erano biondi?
È una vecchia questione, che ci riporta a un dibattito iniziato durante il nazismo quando una certa retorica razzista, in cerca delle origini del Terzo Reich, provò a spacciare le presunte origini ariane di alcuni imperatori. Questa cosa ovviamente non è morta lì ma sopravvive in qualche forum online. In uno in particolare, c’è una tavola che ricostruisce gli imperatori romani in base al colore dei capelli citando alcune fonti storiche autorevoli,  come Plinio e Svetonio, ed altre meno. In particolare cita un lavoro di uno storico tedesco, Wilhelm Sieglin, pubblicato nel 1935 ma scritto nel 1905 e quindi molto prima dell’era nazista, intitolato “Die blonden Haare der indogermanischen Völker des Altertums”, ovvero “I capelli biondi negli antichi popoli indo-europei”. 
A sua volta lo storico tedesco si rifà in parte al lavoro di molti secoli prima di uno storico greco minore, considerato sul punto poco attendibile. Insomma, dei 46 imperatori per cui esistono sicure descrizioni di fisiche, scrive il ricercatore italiano, solo 4 erano con i capelli chiari, ma uno se li tingeva (Commodo), mentre Nerone ed Augusto erano castani. 
Non è questa la sede per approfondire la questione storica ma piuttosto per evidenziare il funzionamento e i limiti dell’intelligenza artificiale che funziona, per farla semplice, applicando una serie di algoritmi ad una base dati: l’errore, e spesso il razzismo, può stare fra i primi, nel modo in cui gli algoritmi sono costruiti, perché si tratta di regole che riflettono la nostra visione del mondo; ma anche fra i dati che vengono dati in pasto al software. 
Dopo il post del ricercatore italiano, Voshart ha levato i dati del forum nazista e quelli dello storico greco, e i capelli di tre imperatori sono tornati scuri.