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 2020  agosto 04 Martedì calendario

Periscopio

Con le nostre mani costruiamo grandi infrastrutture: ponti, strade, metropolitane, ferrovie, dighe. Con le nostre mani abbiamo vinto le sfide più difficili, insieme. Mani sapienti, capaci di utilizzare le migliori tecnologie e realizzare opere grandiose. Sono da sempre la nostra grande ricchezza, per dare forma ai nostri sogni. È quello che sappiamo e vogliamo continuare a fare: costruire grandi opere per un futuro migliore. Con le nostre mani Webuild. Pietro Salini, presidente di Webuild.
Il mio primo ricordo è un pacco di fichi secchi arrivato dalla Grecia. Me lo mandava mio padre Ferruccio, soldato della seconda guerra mondiale. Francesco Guccini, cantautore (Aldo Cazzullo). Corsera.

Anch’io mi considero falsone. Noi parmigiani ci parliamo addosso senza badare molto a quello che diciamo. Siamo degli affabulatori. Bernardo Valli, inviato speciale internazionale (Simonetta Fiori). la Repubblica.

Noi europei siamo, allo stesso tempo, il gotico severo di Chartres e quello leggero del veneziano Palazzo Ducale. Franco Cardini, storico (Roberta Scorranese). Corsera.

Sono favorevole agli Ogm perché sono utili. Li hanno demonizzati, facendoli diventare il simbolo del potere malefico delle multinazionali. I demonizzatori, in questo caso, sono quelli di Slow food, per esempio. Persone molto amabili, ma poco credibili come profeti nostalgici. L’agricoltura del passato non era affatto un eden. Dario Bressanini, dietologo (Stefano Lorenzetto). Corsera.

In una situazione come questa, in cui vediamo amici scomparire portati via dal virus, è impossibile che la paura della morte non ci contagi. È una reazione sana e naturale. Ma, grazie alla morte, la vita è meravigliosa, ha queste fantastiche compensazioni, come la lettura, per esempio. Mario Vargas Llosa, scrittore peruviano, Nobel per la letteratura (Juan Cruz). la Repubblica.

Sono portato a guardare a chi ottiene buoni risultati. In Cina, da tempo ormai, la gente è tornata al lavoro anche grazie a un sistema di controllo forte. Attraverso la app, la Halipay Code, che monitora spostamenti e stato di salute, gli utenti sono schedati in base a una codice QR verde, giallo e rosso. C’è chi, in Occidente, protesta perché così verrebbe meno la privacy anche se attraverso i cellulari siamo tutti monitorati in ogni momento. Ma di che privacy parliamo? Renzo Rosso, il re del jeans (Michela Proietti). Corsera.

Trovo inutile e anche un po’ avvilente catalogare. Io sono gay, sono trans, sono fluido. Che cosa vuol dire fluido? Che si scopa con uomini e con donne? Beh, ma quella è una cosa che è sempre stata fatta senza dargli un nome. Perché farlo ora? Immagino che anche durante l’età della pietra ci fosse un cavernicolo che si metteva la pelliccia di ermellino anziché di leone, perché era più femminile. Natalia Aspesi, giornalista (Giuseppe Fantasia). Huffington Post.

Eravamo al ristorante, da Elio, poco dopo il debutto in edicola del Giornale. Gli chiesi: «A quando il seguito di Italia in camicia nera?». «Ora che sono direttore non ho più tempo», disse Indro sconsolato. «Continuiamo insieme», lasciai cadere. Non rispose ma l’indomani mi allungò due paginette dicendo: «Avevo cominciato così un capitolo mai aggiunto al precedente volume». Le completai e divennero il primo capitolo del libro successivo, Italia Littoria. Fu così che cominciammo. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.

Ci sono romanzi, come L’uomo senza qualità, di Musil in cui non arrivo alla ventesima pagina. Stramazzo. Rinuncio. E poi tiro un sospiro di sollievo. Ma ci sono anche autori, come Hemingway, Steinbeck, Camus, che ho amato. E poi i miei greci. Edoardo Boncinelli, genetista (Antonio Gnoli). la Repubblica.

I privilegi da parlamentare ti si appiccicano addosso. Nemmeno te ne accorgi. Una tigna. Il caffè che servono alla buvette di Montecitorio, ad esempio, è acqua sporca; ma berlo qui, appoggiati a questo bancone, lo rende nettare e ambrosia. È l’elisir del potere. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Mi sarebbe piaciuto cimentarmi nello sport, come mi aveva consigliato Bettino Craxi, magari alla presidenza del Coni. Invece sono rimasto fedele all’antico amore: la terra. Mi occupo di Agropeco, 12 mila ettari fra Paraguay e Brasile, vicino alle cascate dell’Iguazú, e di Las Cabezas, 18 mila ettari a Entre Rios, in Argentina. Produco dalla soia all’eucalipto. E allevo 12 mila capi di bestiame razza Hereford. Ho brevettato un mangime contenente il 5% di stevia, un’erba dolcificante che funge da antibiotico naturale. In campagna rido da solo, come i matti. Carlo Sama, imprenditore (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Ho fatto sempre film personali. Con Tommaso Buscetta il mio legame è il tradimento. Mi è venuto in mente il mio tradimento verso tutta una società, la mia educazione cattolica. Si può tradire in modo vile, o il tradimento può essere una separazione. In Buscetta ci sono l’ambiguità e la sofferenza di un uomo che tradisce, ma, al tempo stesso, rimane un mafioso. Quando gli fanno sparire i figli, scatta l’odio e la sensazione di non averli protetti. Ha davanti due possibilità: morire (infatti tenterà di suicidarsi) o parlare contro una mafia che lui non riconosce più. È il crepuscolo di un antieroe che però riesce a morire nel suo letto. Tutti gli altri sono stati ammazzati. Lui no. Quando Falcone, che era un fatalista e lettore di Montaigne, gli dice: «Tutti dobbiamo morire», Buscetta risponde: «Sì, ma io voglio morire nel mio letto». Marco Bellocchio, regista (Arianna Finos). la Repubblica.

Il primo furto vero lo feci a 14 anni, al Lido, la spiaggia dei miliardari. Un americano che lascia incustodito il suo portafogli nella cabina e il gioco è fatto: «Io volevo solo comprarmi un paio di jeans, quello aveva un rotolone di dollari, potevo forse lasciarglieli?». Passa il tempo e Vincenzo decide di fare il salto di qualità: «Con Gino, il mio compare, decido di mettere su una batteria, una banda di ladri insomma. Chiamo Fabio, il Berto, Popè, Cippo e qualche altro e illustro il piano: entriamo nelle case dei ricchi, portiamo via tutto quello che possiamo, l’oro ce lo rivendiamo ma i quadri glieli restituiamo. In cambio di un contributo, ovviamente. Per carità, non chiamarlo ricatto perché questo, piuttosto, è un atto d’amore verso l’arte. Come quella volta a Palazzo Giustiniani Recanati, quando rubai il Canaletto, il colpo della mia vita. Vincenzo Pipino, ladro veneziano di alto bordo (Lucio Luca). il venerdì.

Dimmi con chi vai e ti dirò con chi andrei io. Roberto Gervaso. il Giornale.