La Stampa, 4 agosto 2020
I vizi di Juan Carlos possono travolgere il figlio
La madre della regina Elisabetta, Elizabeth Bowes-Lyon, alla fine della Seconda Guerra Mondiale aveva detto alla figlia che con il conflitto era finito anche il tempo nel quale le monarchie giustificavano la loro esistenza con il diritto divino. Da quel momento il diritto a regnare andava giustificato ogni giorno, con un comportamento esemplare al servizio del paese. Re Juan Carlos lo ha fatto una sola volta, il 23 febbraio 1981, quando ha fermato con un discorso in tv il golpe del tenente colonnello Antonio Tejero. Per il resto solo donne e soldi, soldi e donne.
I francesi dicono “cherchez la femme”, gli inglesi “follow the money. Seguendo entrambe le piste, e arrivando nel punto in cui a volte si uniscono, si poteva incontrare l’ex re di Spagna, una patetica figura che ha umiliato la moglie Sofia con decine di amanti. Ci provò anche con la principessa Diana, regalandole sul suo yacht un orologio da centinaia di migliaia di euro. Forse di queste avventure gli spagnoli lo avrebbero perdonato. Ma Juan Carlos ha sottratto risorse al proprio Paese, intascando tangenti dai sauditi e da chissà quanti altri. Deve esserci qualcosa nel Dna della famiglia, dato che anche l’infanta Cristina, la sua figlia minore, è stata privata del titolo di duchessa ed è in esilio a Ginevra, accusata con il marito di truffa.
Il regno dei Windsor ha resistito a molti scandali, perché non riguardavano i soldi. Il regno dei Borbone sprofonda invece nel ridicolo. Re Felipe non poteva reggere ancora le pressioni che arrivavano al palazzo della Zarzuela perché prendesse finalmente una decisione, magari l’espulsione di Juan Carlos dalla famiglia reale. Felipe aveva già annunciato di rinunciare all’eredità personale del padre e gli aveva tolto l’appannaggio di soldi pubblici, ma non è bastato a placare gli animi. Ora si fa finta che sia stato l’ex re a decidere di lasciare il paese «de momento», come ha scritto nella lettera, per salvaguardare il suo «retaggio e la sua dignità». La parola esilio è tabù in Spagna dai tempi del Franchismo, e non si può più pronunciare. Ma tutti sanno che questo è un esilio dal quale Juan Carlos non tornerà, altro che «per il momento».
Gli spagnoli sono arrabbiati, semplificano dicendo che i soldi che ha preso per sé potevano servire agli ospedali per fermare la crisi del covid. Ma dopo l’ennesimo scandalo, nelle manifestazioni si sente anche a dire «ní virus ní corona», e Felipe comincia a temere che le colpe dei padri possano ancora una volta ricadere sui figli. È successo a Umberto II di Savoia, può capitare anche a lui.