Corriere della Sera, 4 agosto 2020
In Serie A non si segnava così tanto dal 1951
Sono diventati più scarsi i difensori o più bravi gli attaccanti? O forse si fischiano tanti, troppi rigori? È colpa magari di una tenuta atletica scadente dopo la ripresa? Oppure è semplicemente la prova di un’evoluzione tattica collettiva verso un calcio più offensivo? C’entra un po’ tutto. Una cosa è certa: i 1.154 gol segnati in questa stagione in serie A sono un record dei tempi moderni, un numero enorme, il più alto degli ultimi settant’anni del nostro calcio. Un’autentica esplosione di gol. La media è di 3 a partita, quasi il doppio del record negativo di sempre, 1,70 della stagione 1979/80, quando a vincere lo scudetto fu l’Inter di Bersellini. Premier e Liga sono ferme a 2,5, mezzo gol in meno a partita: può sembrare poco, invece è moltissimo. Significa che siamo di fronte a una nuova era del gol, come quella che segnò il calcio tra fine anni 40 e inizio 50, quando a dominare le classifiche marcatori erano Nordhal e Boniperti. I 36 centri di Immobile come i 98 dell’Atalanta sono la prova di un cambiamento epocale, il segno dell’inizio di un nuovo calcio. Negli ultimi quattro campionati è stata sempre sfondata quota mille reti. Vale a dire che non si tratta di un’eccezione, ma di una regola che si consolida.
«Il calcio è cambiato, ai miei tempi con i compagni c’era la gara a chi faceva più anticipi, adesso i difensori sono più preoccupati dall’evitare un tunnel, come fosse un’onta, è un approccio diverso» spiegava qualche settimana fa Alessandro Costacurta, ex difensore del Milan. Oggi un terzino deve sapere impostare. E spesso viene scelto – e pagato carissimo – proprio per le sue abilità di palleggio più che per l’abilità in marcatura. «Ma sono migliorati anche gli attaccanti – dice Roberto Boninsegna, centravanti di Inter e Juve fra anni 60 e 70 —. Oggi ci sono fenomeni di due metri col 45 di piede che hanno una tecnica finissima, da trequartista. Un tempo non era così. Vero che i difensori marcano peggio, ma oggi le punte hanno qualità eccelse, pazzesche, uniche».
C’è poi un ulteriore dato significativo che non va sottovalutato. La media reti era già altissima prima del lockdown, 2,91, ma dalla ripresa è schizzata alla quota choc di 3,29. «C’è una doppia ragione, psicologica e atletica» secondo l’allenatore Francesco Guidolin. Che spiega: «C’era molta voglia di giocare, ma poca preparazione fisica. Si è visto chiaramente: molti errori e molti spazi. L’assenza di pubblico ha fatto il resto: meno tensione, un clima soft, ovattato, quasi da amichevole. A giovarne sono stati gli attaccanti».
A settembre, dopo le vacanze, qualcosa in questo senso potrebbe quindi cambiare: la condizione collettiva sarà migliore. Mentre sull’aspetto ambientale è meglio non nutrire toppo ottimismo: difficile che gli stadi si riempiano, almeno per un bel po’. «A quel silenzio e a quel clima ovattato i calciatori faranno bene ad abituarsi, perché temo sarà così ancora per un pezzo – è convinto Alessandro Altobelli, attaccante campione Mundial con l’Italia nel 1982 —. Spero invece che cambino le regole sui calci di rigore: ce ne sono troppi, non è giusto, così si falsano le partite». Come dargli torto? Oltre al record di gol, c’è stato infatti anche il record di calci di rigori assegnati, ben 187, +35% rispetto alla stagione precedente. Un terzo dei quali per fallo di mano: un boom generato dalla nuova interpretazione della regola che si dà in serie A, dove viene punito praticamente qualsiasi tocco. «La Fifa negli ultimi anni ha fatto bene a rendere il calcio più spettacolare – aggiunge Spillo —. L’idea era agevolare gli attaccanti: più gol uguale più spettacolo. Credo fosse un’idea giusta, lo è ancora, ma ora stiamo andando oltre».
Serve un’inversione netta. O anche solo un’interpretazione diversa dei falli di mano, perché la regola è uguale in tutto il mondo eppure negli altri grandi campionati europei i rigori concessi sono enormemente meno, a volte addirittura la metà. I gol piacciono a tutti, sono l’essenza del calcio, il suo fine, la sua gioia. Ma a tutti i costi, anche no.