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 2020  agosto 04 Martedì calendario

Nino Formicola ricorda Zuzzurro

Nino, usa ancora il gel?
«Mai messo fuori dalla scena. Peraltro lo usavo solo in tv. A quei tempi si utilizzava la brillantina o la pomata Tenax, cemento armato che non veniva mai via. Tornavi a casa alle tre del mattino e non potevi metterti a dormire!».
Però ce la ricordiamo tutti con i capelli bagnati pettinati all’indietro.
«Era successo per caso. Eravamo a Roma per il provino finale che ci avrebbe portati al programma televisivo Non Stop. Dovevamo esibirci in un sotterraneo, il Johann Sebastian Bar, c’era un caldo infernale e i Mondiali di calcio: voleva dire nessuno spettatore. Ma avevamo mobilitato un po’ di amici per la claque. Finché Andrea mi dice: “Stanno arrivando!”. Io avevo la testa sotto il rubinetto e mi sono tirato indietro i capelli bagnati. Lui allora si è spettinato, per contrasto».
Ed è sempre quella sera che sono nati Gaspare e Zuzzurro.
«Per la verità ci registrammo come Zuzzurro e Gaspare. Il commissario c’era già, Andrea aveva scelto il nome da un personaggio del Giudizio universale di Vittorio De Sica, quando una voce dal cielo annuncia che si procederà in ordine alfabetico e questo esulta dicendo il suo nome. Il mio, invece, lo improvvisò Andrea quando ci chiamarono a esibirci: su due piedi scelse quello del barista che avevamo di fronte».
Nino Formicola non vuole più essere chiamato Gaspare. «Lui è morto il 24 ottobre del 2013, assieme ad Andrea Brambilla e Zuzzurro». Però parla volentieri dell’amico e sodale con cui ha condiviso quasi quarant’anni di percorso artistico. Siamo nella sua casa sui colli piacentini, tra ippocastani, pini, magnolie, un bellissimo viale di tuie, sotto un abete che ha una storia speciale: «Era appena un alberino di Natale vicino alla cassa del Bar Metro di Milano, il nostro “ufficio” con la più bella raccolta di whisky della città. Lo piantammo insieme qui dopo le feste, nessuno scommise sulla sua sopravvivenza e invece eccolo». Ci fa compagnia un’elegante farfalla nera con piccoli pois gialli che va e viene, ed è bello pensare che sia stata mandata dal Commissario Zuzzurro per assistere alla conversazione.
Lei e Andrea siete stati anche cognati. Chi sposò chi?
«Lui aveva sposato mia sorella Francesca. Noi due ci eravamo conosciuti nel ‘75 al Refettorio di Milano, ai tempi era frequentato da Maurizio Micheli, i Giancattivi, Leopoldo Mastelloni. Io facevo uno spettacolo su un colpo di stato fatto dai barattoli dei pomodori pelati: la storia gli piacque e cominciammo a lavorare insieme soltanto come autori. Mia sorella la conobbe poco dopo: sono stati insieme fino all’88-89».
E com’era lavorare con il proprio cognato?
«Un casino, non ne potevo più. Quando si arrabbiavano mi mettevano al centro: “Quell’imbecille del tuo socio...”, “Quella scema di tua sorella...”. Per non parlare di certe serate nelle discoteche, erano la versione 2.0 dell’avanspettacolo. Per dire le gerarchie: a capodanno la Cuccarini si esibiva dalle 22 alle 24, Gigi e Andrea dall’una alle tre e Zuzzurro e Gaspare alle 5.30. Una volta, quando toccò a noi, uno del pubblico gridò: “Gaspare! Ma è vero che Zuzzurro si t...a tua sorella? Cose così...».
Vi frequentavate anche fuori dal palco?
«No, ed è il motivo per cui siamo durati tanto. Eravamo diversissimi. Lui juventino, io milanista. Lui sposato, io scapolo. Lui acqua con le bolle, io liscia. Non avevamo in comune nulla, tranne tre cose: i gialli, i whisky e il lavoro. Uno cominciava una frase e l’altro la finiva. Non abbiamo mai litigato».
Avreste preferito fare più televisione che teatro? Con «Drive In» era arrivata la vostra consacrazione...
«No, anzi! A noi la tv serviva per permetterci di fare il teatro. Anche lì all’inizio non fu facile, il pubblico si aspettava sempre Zuzzurro e Gaspare e noi uscivamo prima che lo spettacolo cominciasse per spiegare che avremmo fatto altro».
Non ha mai pensato di sostituirlo, dopo la scomparsa?
«Sapesse quanti me lo hanno chiesto! Non avrei potuto mai. Non firmo nemmeno più autografi come Gaspare. Quest’anno, prima del lockdown, mi hanno chiesto di tornare in scena con La cena dei cretini, che avevo già fatto con Andrea prima nel 2000 e poi nel 2010. Con qualche titubanza ho accettato, a Max Pisu hanno affidato il ruolo che era suo. È stato bravissimo».
Ogni tanto sente la vedova di Andrea o i figli?
«Pamela sì, i ragazzi no, aspetto di incontrarli più avanti...».
Quel giorno cosa gli dirà?
«Che Andrea ha fatto bene due cose: il comico e il padre».
Ha mai avuto la sensazione di averlo vicino?
«Ogni volta che salgo su un palco il pensiero corre a lui, sempre. Quando il padre di mia moglie, Alessandra Raya, è stato ricoverato all’hospice dell’Istituto dei Tumori, lo hanno messo nella stessa stanza di Andrea. Non ci potevo credere...».
Chi era la spalla di chi?
«Gaber diceva che il pubblico non deve mai sapere da quale parte esce il coniglio. E comunque io ero Yanez, Andrea Sandokan».