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 2020  agosto 02 Domenica calendario

Sabina Ciuffini fa 70 anni. Intervista

La voce da ragazza, il viso senza un filo di trucco. «Le mando un selfie». Sabina Ciuffini, entrata nella storia della tv come "la valletta di Mike Bongiorno", la ragazza di buona famiglia che fece innamorare l’Italia con la sua casta minigonna, il 4 agosto compie settanta anni.
«Non mi trucco e ormai non metto più neanche lo smalto, se rimani leggera si confondono» racconta divertita. «Al bar col mio fidanzato, un bravo scrittore più giovane di me, il barista chiedeva: "Dottore, che vuole? E lei, signorina, cosa prende?". Un giorno portavo abiti un po’ in stile militare, e il mio fidanzato mi fa: "Adesso ho capito, tu non sei giovane, ti muovi da giovane"». Grande risata.
Allora Sabina, che impressione fa compiere 70 anni?
«Mi lascia perplessa perché ho la sensazione che ci sia una razza nuova in giro, circolano sul pianeta sessantenni, settantenni ma anche ottantenni mai esistite prima. Non si erano mai viste finora donne così, e ci deve essere un motivo. Forse dobbiamo fare qualcosa prima di partire».
Crede nel potere delle donne?
«Penso che ci sia molto da fare e che possiamo cambiare le cose senza imitare i modelli maschili.
Mia sorella Virginia (scomparsa nel 2005, Sabina le aveva donato il midollo per il trapianto, ndr) era impegnata politicamente e non era per niente civetta. Io portavo le ciglia finte, andavo nella sede di Lotta Continua con la minigonna e il maxi cappotto e trovavo lei al ciclostile con la tuta. Notavo però che l’interesse si rivolgeva alla mia minigonna. Invece di sottolineare come fossero brave e capaci Virginia e le altre, gli uomini erano interessati a temi diciamo così "non politici"».
La colpiva?
«Molto. Ero ragazzina e facevo ragionamenti basici. Paolo Mieli, che faceva parte della comitiva di mia sorella, ha sempre sostenuto che il 68 l’hanno fatto le donne. Mi ha fatto vedere i filmati delle manifestazioni, le ventenni erano in prima fila».
Anche sua madre era impegnata politicamente?
«Mia madre Yvonne Giannini era figlia di Guglielmo Giannini che creò nel 1945 il Fronte dell’Uomo qualunque. Mamma era più inconsapevole, più simile a me che a Virginia, credeva nell’amore.
Quello per papà è durato 50 anni.
Però da giovane ha fatto cose incredibili. Ha ricevuto una onorificenza al valor militare. Le dicevano: "Vada nell’ufficio delle SS, prenda gli elenchi e li butti al fiume". Lei saliva in bici, con incoscienza, e andava. Non era una partigiana, aiutava come poteva».
Cosa dice a sua figlia Ilaria?
«Che è preziosa e unica. Le ripeto: "Ti arrabbierai ma non puoi essere felice solo perché gli altri lo sono, devi svegliarti e essere felice perché sei viva. Il tempo è sacro, fanne quello che vuoi". Questa società ci mette sotto pressione. Io brindo alla salute e alla bellezza, in senso lato. Sono le uniche cose che contano».
Lei è entrata nella storia della tv e del costume grazie a un quiz, la gente la ricorda ancora con affetto: che si prova?
«È un po’ un premio postumo. Sono stata fortunatissima perché all’epoca ci guardavano come se fossimo la serie D, la tv era considerata "una cosa bassa", tutti prigionieri dei preconcetti. Per me Rischiatutto era la Divina commedia, quasi non mi riconosco quando mi rivedo. Se ricevi un certo tipo di educazione puoi fare tutto, sviluppi comportamenti auto protettivi. Ero molto infantile ma avevo l’educazione ricevuta dai miei genitori e dai professori, avevo studiato al Liceo Giulio Cesare. E avevo mangiato bene, quindi in partenza avevo diversi vantaggi.
Adesso si aprono le praterie ma servono gli strumenti».
Com’era Sabina diciannovenne?
«Uscivo dal Teatro delle Vittorie — il programma si faceva a Roma, poi l’hanno spostato a Milano — con le mie 10mila lire a settimana. La mia famiglia era benestante e la mia paghetta era 10mila lire, ma al mese. Con gli amici a 21 anni, diventata maggiorenne, partimmo per Londra. A Firenze, nel 1966, quando con gli Angeli del fango abbiamo salvato i libri, gli americani portavano i jeans; non li avevamo mai visti. Londra fu una scoperta: i capelli lunghissimi, le ragazze con le gambe nude senza calze. Siamo tornate con le borse piene di chignon e treccione».
Mike la proteggeva?
«Era adorabile. Gli hanno chiesto della Longari tutta la vita ma è stato un testimone dei nostri tempi. Con me aveva un’attitudine didattica, mi spiegava tutto. Era considerato molto meno intelligente di quanto in realtà non fosse, io ero circondata da intellettuali che mi consideravano un gadget. Mike mi ripeteva: "Relax". Nessuno allungava un dito, non si mettevano le mani addosso alle ragazze. Nessuno sculettava in tv, Non è la Rai sarebbe arrivata molto dopo».
Dopo la tv ha scritto, è diventata imprenditrice.
«Facevo lavori commerciali, contratti di promozione con alcuni marchi e grazie a questo Gigi Vesigna mi chiese una serie di interviste per Sorrisi e canzoni con "i numeri uno". Il primo fu Niki Lauda. Per convincere Enzo Ferrari mi portai dietro la mia amica Marina Coffa, la ragazza più bella di Roma, sorella del mio primo fidanzato. Riuscii a intervistare Andreotti, Fellini, Agnelli. L’unico che mi disse di no, con una lettera autografa meravigliosa che ancora conservo, fu Berlinguer».