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 2020  agosto 01 Sabato calendario

Londra mette all’asta Borsa Spa

Alla fine il London Stock Exchange ha calato la carta di Borsa italiana per mandare in porto la fusione con Refinitiv al più tardi all’inizio del prossimo anno. Con una nota di aggiornamento sull’operazione, che sposterà il baricentro dell’attività sul business dei dati e rimpasterà l’azionariato del gruppo a favore della componente Usa, l’Lseg ha comunicato ufficialmente di aver avviato «colloqui esplorativi che potranno portare alla cessione di Mts o del gruppo Borsa italiana nel suo insieme». Tempi stretti, nonostante le cautele ufficiali, perchè al lavoro ci sarebbero Goldman Sachs e Morgan Stanley per iniziare l’iter con la raccolta di offerte non vincolanti già a settembre-ottobre.
A inizio anno si era fatta avanti Euronext – il mercato che riunisce i listini di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino e Oslo – ricevendo come risposta che Borsa italiana e le sue controllate – oltre a Mts, anche Cassa di compensazione e garanzia e Montetitoli – non erano in vendita. Poi è iniziato l’esame dell’Antitrust Ue che sta prendendo più tempo di quanto si augurasse Londra. La preoccupazione di Bruxelles è che possa nascere dalla fusione tra l’Lse e l’ex divisione dati di Thomson Reuters una commistione senza precedenti tra chi i dati li produce e chi li commercializza. Ad ogni modo è chiaro che nel nuovo gruppo le piattaforme di negoziazione non avrebbero più il ruolo centrale che hanno oggi. Fatto sta che Londra si prepara a sacrificare Borsa Spa e addentellate, che negli anni scorsi hanno contribuito fino alla metà degli utili dell’intero gruppo, pur di portare a casa la fusione da 27 miliardi di dollari che ne cambierà per sempre i connotati.
Significativamente nella nota di ieri, Lse dà conto del fatto che l’Antitrust negli Usa ha dato l’ok senza chiedere aggiustamenti di sorta. Il nodo però è a Bruxelles ed è appunto nel «contesto della fase due» dell’indagine antitrust avviata dalla Commissione Ue (vale a dire supplemento d’indagine) che l’Lseg ha dato il segnale di essere disposta a cedere il ramo delle attività italiane rilevate a fine 2007 per 1,6 miliardi. In realtà la sovrapposizione riguarda soprattutto il mercato dei bond dove Refinitiv opera con Tradeweb, ma ieri il ceo dell’Lseg, David Schwimmer, ha osservato che potrebbe essere più conveniente cedere l’intera Borsa italiana piuttosto che scorporare il solo Mts. Certamente sotto il profilo economico, visto che il complesso delle attività italiane oggi potrebbe valere dai 3 ai 4 miliardi. Oltre al valore commerciale, c’è anche un valore istituzionale da considerare, tant’è che Piazza Affari e Mts (il mercato all’ingrosso dei titoli di Stato) sono attività strategiche sulle quali insiste il golden power.
Adesso si balla e sarà bene che l’Italia non si faccia trovare impreparata. Tanto più nel contesto attuale, è evidente il ruolo che ricopre la Borsa nel sostegno alle imprese, mentre l’Mts è uno strumento essenziale nella gestione del debito pubblico. Stare a guardare mentre le società-mercato passano da una mano all’altra non è probabilmente la miglior scelta possibile. Pensare di ricostituire l’autarchia – ora che anche la Borsa di Madrid ha ceduto alle avances di Zurigo – sarebbe anacronistico. Occorrerebbe guidare il processo di ricollocazione di asset così strategici senza creare intoppi all’operatività. Processo delicato che vedrebbe il Tesoro guardare con favore alla partecipazione dei mercati italiani a progetti di più ampio respiro e spinte più nazionalistiche anche all’interno della stessa compagine governativa. La sintesi l’ha fatta il presidente del Copasir Raffaele Volpi. «Ritengo importante – ha osservato – che sia il nostro Paese a decidere il destino di Borsa italiana, evitandone smembramenti e riacquisendone il controllo potendone poi decidere alleanze e posizionamenti. Il Governo non consenta ad altri di decidere su piattaforme finanziarie essenziali all’interesse del Paese».
Se passasse la linea di una ricollocazione di Piazza Affari nel contesto internazionale, una cordata guidata da Cdp potrebbe avere l’apporto di altri soggetti istituzionali. Euronext e Deutsche Börse sono considerati soggetti interessati, ma potrebbe presentarsi anche la sorpresa di un fondo di private equity, gonfio di liquidità, a sparigliare i giochi.
In teoria potrebbe essere l’occasione giusta per rilanciare il progetto di una SuperBorsa dell’euro, se si riuscisse a superare gli egoismi nazionali. In Italia in questo momento la questione è ancora sul piano della politica. Ma bisogna tener conto del fatto che i tempi non sono nelle mani di Roma. E il golden power può essere uno strumento negoziale, ma non la soluzione.