Avvenire, 31 luglio 2020
Viaggio nel silenzio, dalla fisica alla musica
In esergo al libriccino “Silenzio” di Gianni Zanarini, denso di riflessioni sulla poesia, sulla musica e sul silenzio, si trova un pensiero di Marguerite Yourcenar: «Mi è sempre parso che la musica non potesse essere altro che silenzio che tentasse di esprimersi». Tra il mondo fisico, dove il suono è un’increspatura del silenzio, e l’intreccio di emozioni e conoscenza che costituisce la nostra percezione, si colloca un organo raffinatissimo e complesso, il nostro orecchio, capace di convogliare impulsi nervosi al cervello che li elabora in modi sorprendenti. In questo intreccio anche il silenzio si trasforma e non è più semplicemente lo sfondo dei suoni: «Nella poesia e nella musica ci sono più silenzi: i silenzi di chi propone e quelli di chi ascolta un testo poetico o una composizione musicale. Da parte degli ascoltatori, non c’è solo un silenzio passivo, una neutra disponibilità ai suoni possibili, ma ci sono altri e più significativi silenzi: il silenzio della trepida attesa di un inizio, il silenzio emozionato che sottolinea la parola o la frase musicale appena enunciata, il silenzio consapevole che prefigura una cadenza armonica che forse non verrà, il silenzio intenso dell’eco e della meditazione quando le parole o la musica sono cessate... Questi silenzi, a loro volta, sono risposte a chi parla o declama o canta o suona e prima ancora a chi ha pensato e scritto tutto questo».
Ogni percezione è una creazione di mondi, un’attribuzione di identità, una costruzione di senso, un’attuazione di legami tra sensazioni, emozioni, ricordi e fantasie. S’intravvede un mondo complesso e variegato, dove tutto si co-implica con tutto (non per nulla Zanarini è un fisico). Strettissima è la parentela tra la musica, un fenomeno culturale presente in tutte le civiltà, e il linguaggio poetico, anch’esso frutto dello sviluppo culturale, anche se musica e poesia restano autonome. E tutto il libro è un’elaborazione di questi principi, passando per un rapido excursus su alcuni aspetti formali della musica e per un cenno succoso alla rivoluzione musicale del Novecento. L’ascolto di un brano di musica contemporanea, dice l’autore, può cogliere di sorpresa il sistema percettivo. Ma è proprio della musica porci di fronte alla «trasfigurazione dell’esperienza acustica e delle sue connotazioni emotive: una trasfigurazione che si realizza anche attraverso l’invenzione di mondi sonori... inauditi». E questa novità richiede all’ascoltatore di liberarsi dalle catene causali dell’esperienza quotidiana per immergersi in un universo nuovo.
Molti sono i temi toccati o soltanto sfiorati da Zanarini: l’invenzione mitica della musica secondo Ovidio; i ricordi sonori risalenti alla primissima infanzia che si possono ripresentare nell’adulto con tutta la loro carica emotiva; il legame tra musica, silenzio, emozioni e bellezza; il rapporto tra percezione cognitiva e percezione emotiva. Il silenzio “attivo” – che colora ogni istante di emozioni, suscita ricordi e anticipa il futuro – non ha la funzione di scoprire la verità oggettiva, ma piuttosto quella di entrare in una relazione profonda con le parole e con i suoni. «La nostra percezione trasforma profondamente l’opposizione tra suono e silenzio, e li intreccia come fonti di emozioni e di conoscenza... È per questo che i poeti scrivono parole e silenzi, i musicisti compongono note e silenzi, gli interpreti creano suoni e silenzi, e anche i lettori e gli ascoltatori sono attivi creatori di emozioni e significati di suoni e silenzi». Un libro che lascia un senso profondo di pensosa commozione e di bellezza.