Corriere della Sera, 30 luglio 2020
Boris Johnson cerca un portavoce
Il curriculum e una breve lettera di presentazione da inviare a Downing Street entro il 21 agosto. I requisiti principali? Abilità nella comunicazione, conoscenza di tematiche interne e internazionali, dimestichezza nella gestione di rischio e crisi. Lo stipendio? Circa 100.000 sterline lorde l’anno. Boris Johnson cerca un portavoce abile e presentabile cui affidare la conferenza stampa giornaliera che da settembre verrà trasmessa in diretta alla nazione. Per il governo Johnson si tratta di una nuova strategia, che allinea il Regno Unito alle consuetudini statunitensi e porterà le iniziative dell’esecutivo direttamente ai cittadini. La ricerca di una persona esterna, invece, sembra evidenziare che il premier non ha all’interno del suo organico un elemento cui affidare il ruolo. Gli serve un individuo che sappia mantenere la calma, che sia dotato dell’agilità mentale necessaria per rispondere alle domande dei giornalisti, che sia in grado di ricordare con precisione dati, fatti e percentuali. È, anche questa, una lezione del coronavirus. Il consigliere Dominic Cummings, con quel suo aspetto trasandato, durante la pandemia ha combinato non pochi pasticci. I ministri davanti alle telecamere spesso si sono impappinati. La ministra degli interni Priti Patel si è confusa leggendo un numero a più cifre, il ministro per la Sanità Matt Hancock ha commesso l’errore più grave e perso la calma. Lo stesso Johnson, dal podio, si è dovuto correggere. I nonni sono inclusi nella bolla famigliare a prova di Covid? E chi lo sa. Meglio, allora, affidarsi a un esperto. Il leader laburista Keir Stamer ha obiettato che con un professionista la conferenza stampa quotidiana diventerà uno strumento politico, ma forse ha poco da temere: nell’incontro settimanale del question time ai Comuni è lui a dimostrare a Johnson di avere i requisiti essenziali che il premier ora cerca.