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 2020  luglio 30 Giovedì calendario

L’Argentina tra default e salvezza

Il luogo che non esiste, ou tópos, l’utopia. L’accordo tra i creditori e l’Argentina potrebbe evocare questa immagine. A quattro mesi dall’avvio di una estenuante trattativa con alcune delle banche d’affari più grandi del mondo, Buenos Aires è in bilico, sull’orlo di un default. Sarebbe il nono della sua tormentata storia finanziaria.
La prossima scadenza per evitare il crack è il 4 agosto: i creditori internazionali dovranno decidere se accettare «l’ultima offerta» del governo di Alberto Fernandez, peronista, che ha presentato una ristrutturazione del debito pari a 67 miliardi di dollari.
L’iniziale proposta argentina risale ad aprile ed era articolata così: un periodo di grazia di tre anni, un taglio del 5,4% sul capitale e del 62% sugli interessi. Un pacchetto che si sarebbe tradotto in un risparmio di 41,5 miliardi di dollari, riducendo il tasso di interesse dal 7% a una media del 2,3 per cento. Proposta rifiutata dall’80% dei creditori.
Da qui un susseguirsi di correzioni, un lungo braccio di ferro, una trattativa dilatata oltre ogni aspettativa. La mediazione del Fondo monetario internazionale pareva costituire un punto di forza ma finora l’obiettivo non è stato raggiunto.
Timido ottimismo
A pochi giorni dall’ennesimo ultimatum, vi sono segnali che indurrebbero a sperare in una intesa. La distanza che separa le posizioni di governo e creditori è esigua: tre dei principali gruppi hanno presentato una controproposta di 56 dollari per ogni 100 di valore nominale dei titoli in scadenza, a fronte dell’offerta argentina di 53,5 dollari. «Ciò significa – spiega Enzo Farulla, analista esperto di America Latina, già Raymond James – 2 miliardi di dollari spalmati in 20 anni. Ovvero un esborso di 100milioni di dollari all’anno. Un mancato accordo sarebbe una follia, mantenere un Paese bloccato per una divergenza minima tra le parti si spiega solo con l’atavica incomunicabilità tra i governi argentini e i creditori internazionali».
Nelle ultime settimane i toni paiono concilianti: il presidente Fernandez ha lanciato un appello all’unità nazionale ed evoca anche una richiesta di solidarietà internazionale: «Spero davvero che i creditori capiscano che stiamo facendo uno sforzo enorme. È l’ultimo che possiamo fare. Chiedo, per favore, che aiutino l’Argentina a uscire dalla depressione».
Sul fronte opposto il ceo di JP Morgan, Jamie Dimon, ha dichiarato in merito alla ristrutturazione del debito dell’Argentina, di essere disposto a «perdere 500 milioni di dollari» affinché quel Paese cresca. Dimon ha sostenuto che il ruolo di una banca nel sistema capitalista non è operare solo nei momenti positivi, ma che è importante accompagnare iniziative «durante i tempi difficili». «Abbiamo concesso un prestito complesso all’Argentina – ha poi detto – perché siamo presenti nel Paese da 75 anni. Adesso loro hanno un nuovo grande presidente che sa quello che sta facendo». E infine: «Potremmo perdere 500 milioni di dollari, ma se li perdiamo per far sì che possa rimettersi in piedi, non credo si tratti di un errore, credo sia quello che si deve fare».
La trattativa finanziaria in corso si svolge in un contesto economico gravemente recessivo: negli ultimi due anni il Pil argentino è crollato. Nel 2019 ha fatto registrare un -2,2% e nel 2018 un -2,5%. La pandemia del Covid-19 ha aggiunto un pesante fardello di incertezza per gli investitori. Le stime del Fondo monetario internazionale prevedono che quest’anno l’economia argentina si contrarrà del 9,9 per cento. L’inflazione al 50% annuo è l’altro tallone d’Achille, una vera e propria mannaia abbattuta sul potere di acquisto delle classi sociali più deboli. Un’eredità del governo precedente di Mauricio Macri, iper-liberista, che oltre all’inflazione, ha fatto schizzare il debito pubblico in percentuale al pil, dal 52% del 2015 al 90% del 2019.
Intanto la forbice tra ricchi e poveri si amplia. Uno studio dell’Istituto di Ingegneria sanitaria di Buenos Aires rivela che la città getta 250 tonnellate di cibo al giorno, 550mila pasti. La spazzatura, lo spreco di spazzatura, è una delle metafore più ovvie del sistema-mondo: alcuni buttano ciò di cui altri hanno estremo bisogno.