Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2020
La situazione in India
Il Covid-19 accelera in India: il Paese registra il tasso di diffusione più alto al mondo ed è il terzo per contagi, dietro a Stati Uniti e Brasile. L’aumento è stato del 20% nell’ultima settimana e del 100% nell’ultimo mese. I casi sono circa 1,5 milioni con un record di quasi 50mila nuovi infetti lunedì. Numeri che vanno rapportati a una popolazione di quasi 1,4 miliardi di abitanti: 4 volte la popolazione statunitense, 17 volte quella tedesca, 23 volte quella italiana. Dati che minacciano la tenuta economica del Paese, ma non spaventano i giganti della Silicon Valley, che stanno investendo decine di miliardi nel Subcontinente.
La crisi sanitaria...
Il bilancio complessivo, diramato dal ministero della Sanità, conta circa 34mila decessi, un numero contenuto, grazie anche all’età media della popolazione, molto bassa. Il Consiglio per la ricerca medica indiano ha reso noto che dall’inizio della pandemia sono stati effettuati test su oltre 16,8 milioni di persone. Non abbastanza, secondo molti osservatori convinti che le statistiche ufficiali non colgano il fenomeno nella sua interezza.
Il primo caso di Covid-19 in India è stato rilevato il 30 gennaio. Il Governo ha ordinato il lockdown il 24 marzo, quando si contavano appena 564 contagi. Quarantena e distanziamento sociale si sono rilevati difficili da rispettare, soprattutto nelle aree più densamente popolate e tra le categorie più disagiate. Milioni di lavoratori migranti, abituati a guadagnarsi da vivere giorno per giorno, hanno preso d’assalto bus e treni per tornare nei villaggi d’origine, in fuga dai sobborghi delle megalopoli. E quando le stazioni sono state chiuse, si sono messi in marcia a piedi, a volte per centinaia di chilometri.
Il 12 maggio, quando i casi erano circa 71mila, il premier Narendra Modi ha annunciato un piano di rilancio economico valutato al 10% del Pil dal Governo (ma per Ing le misure di bilancio valgono il 2,6% del Pil e il resto andrebbe attribuito agli effetti di una serie di riforme strutturali). Quello stesso mese, la produzione industriale stava crollando del 35%, dopo il -55% di aprile. L’8 giugno, dopo 10 settimane di quarantena e oltre 265mila casi, il Governo ha cominciato a revocare il lockdown.
Lo Stato più colpito è il Maharashtra, con oltre 390mila casi e il 40% dei decessi registrati finora, il 60% dei quali nella capitale finanziaria del Paese, Mumbai, e nelle sue città satellite.
Le autorità indicano il basso numero di vittime accertate come prova del fatto che il Paese sta gestendo la pandemia con buoni risultati: «Tutto il mondo sta assistendo al successo della battaglia dell’India contro Covid-19», ha dichiarato nei giorni scorsi il ministro degli Interni, Amit Shah. L’app di tracciamento degli infetti, Aarogya Setu, è stata scaricata su oltre 140 milioni di smart phone.
Le strutture sanitarie stanno aumentando i posti letto e in terapia intensiva, edifici pubblici e alberghi vengono riconvertiti in centri di assistenza per i contagiati. Allo stesso tempo, è stata fortemente potenziata la produzione di mascherine e di dispositivi di protezione e i laboratori farmaceutici indiani sono in gara per la scoperta del vaccino anti-Covid.
...e quella economica
La pandemia sta spingendo l’India in recessione. La banca d’investimento giapponese Nomura prevede che il Pil si contrarrà del 6,1% quest’anno, mentre Hsbc stima un calo del 7,2%. A giugno, l’Fmi ha previsto una flessione del 4,5%. Sarà la quinta recessione dall’indipendenza del Subcontinente e la prima dal 1980.
Le difficoltà si stanno già scaricando sul credito. Secondo un recente report della Banca centrale, i prestiti in sofferenza (non performing assets – Npa) potrebbero salire, nella peggiore delle ipotesi, fino al 14,7% del totale erogato entro marzo. Se la crisi non fosse troppo acuta, ci si fermerebbe al 12,5%, comunque ai massimi da due decenni.
Lunedì, il gruppo bancario privato, Kotak Mahindra Bank, ha dichiarato un calo degli utili del 9% nel periodo aprile-giugno e prevede che i prestiti in sofferenza possano triplicare.
Oltre alle misure annunciate dal Governo per sostenere l’economia, la Banca centrale indiana ha portato i tassi reali in territorio negativo, con tagli per 115 punti base da inizio anno, accompagnati da iniezioni di liquidità. Il costo del denaro è così al minimo storico per l’India del 4% e potrebbe scendere ancora.
Gli investimenti esteri
La crisi non spaventa i giganti dell’economia digitale. Google, il 13 luglio, ha annunciato investimenti per 10 miliardi di dollari nei prossimi 5-7 anni in India. Quasi metà della somma è stata spesa per rilevare una quota di Jio Platforms (gruppo Reliance), nella quale a giugno è entrata anche Facebook, con un investimento da 5,7 miliardi di dollari.
Prima di loro, Amazon aveva annunciato a gennaio investimenti in India per un miliardo. Fuori dalla Silicon Valley, ma sempre nei servizi digitali, il 12 luglio Walmart ha annunciato 1,2 miliardi di investimenti nella sua piattaforma indiana di e-commerce Flipkart (controllata all’80%). In pochi mesi i gruppi Usa hanno messo sul tavolo operazioni per circa 20 miliardi.
Oltre alle potenzialità del mercato indiano, pesa lo scontro tra Stati Uniti e Cina sulle tecnologie e l’impatto che produce sulle catene dei fornitori. Apple ha appena avviato l’assemblaggio degli iPhone 11 nell’impianto di Chennai. Il suo fornitore taiwanese, Foxconn, investirà un miliardo di dollari per potenziare la produzione in India.
Il mutato quadro geopolitico è un’opportunità per il premier Modi, che da anni prova a fare dell’India un hub manifatturiero mondiale alternativo alla Cina e che sta intensificando gli sforzi per attrarre sempre più investimenti, anche nell’elettronica e nelle tecnologie avanzate.