la Repubblica, 29 luglio 2020
Benzina ai minimi dal 2016. Lo Stato perde 4 miliardi
La buona notizia è che gli italiani, che da giugno hanno ripreso con vigore a muoversi per lavoro e per diletto, pagano benzina e diesel ai minimi del decennio. La notizia cattiva è che l’effetto, unito alla riscoperta dei trasporti privati a fini di distanziamento social-sanitario, riporta il greggio a dominare la scena delle materie prime: con buona pace di tanti proclami green.
È la legge del mercato: si compra più volentieri quel che costa meno. I prezzi medi della settimana scorsa, censiti da Quotidiano Energia per i rifornimenti self, sono stati 1,41 euro al litro la verde e 1,29 euro il gasolio (chi vuol essere “servito” spende molto di più: 1,56 euro la benzina, 1,44 il diesel). Solo nella seconda metà del 2010 e a inizio 2016 i prezzi furono più bassi, con la benzina a 1,35 euro. Il recente crollo del greggio, fiaccato dalla minore domanda e da fattori tecnici legati a consegne e scadenze, spiega i dati: a gennaio il Brent quotava oltre i 66 dollari a barile, oggi siamo sui 43, quasi il 35% meno. E i carburanti italiani si sono allineati, pur nel loro modo asimmetrico dato che due terzi dei prezzi sono costituiti da accise e Iva: da inizio 2020 la benzina è scesa del 10%, il gasolio dell’11%. Senza i tributi al governo italiano un litro di carburante costerebbe tra 0,4 e 0,5 euro, come un bicchiere d’acqua al bar.
Gli addetti stimano che i costi dei carburanti italiani consentiranno il graduale aumento dei consumi, a un prezzo 2020 scontato di oltre 5 miliardi per i consumatori italiani alla pompa. I consumi di carburanti (benzina, gasolio e Gpl) sono stati nel 2019 di circa 40 miliardi di litri. Secondo le elaborazioni di Nomisma Energia quest’anno caleranno a 35 miliardi di litri. A un prezzo medio 2020 stimato a 1,32 euro al litro per il gasolio e 1,43 per la benzina (sui 15 centesimi meno che nel 2019), il risparmio sarebbe 5,3 miliardi di euro, in gran parte nelle tasche degli automobilisti italiani. Il rovescio di questa medaglia sono le connesse minori entrate per lo Stato, che l’anno scorso incassò 39 miliardi dalla tassazione degli oli minerali – circa metà dai carburanti – e nel 2020 dovrà far senza 4 miliardi di euro tra calo dell’Iva e dei volumi. «In una fase in cui si parla tantissimo di abbandonare le fonti fossili, realizzare la green economy e passare all’elettrico e ai biocarburanti, il petrolio è protagonista di un dominio quasi incontrastato – spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia –. I prezzi scesi dopo il Covid sono uno stimolo a consumare di più» Ma la pacchia al volante (si fa per dire) durerà? Tabarelli non lo crede: «I prezzi del barile fra un anno dovrebbero essere molto più alti, per l’atteso forte rimbalzo della domanda se la pandemia arretra, a fronte del taglio massiccio della produzione dei Paesi Opec e non Opec».