la Repubblica, 29 luglio 2020
La macchina che accenderà un Sole in miniatura
«Questa è una promessa di pace. Ci sono momenti in cui le nazioni scelgono di superare le loro differenze e di unirsi per fare la storia: la decisione di lanciare Iter, alla metà degli anni 2000 è stato uno di questi momenti». Il presidente francese Emmanuel Macron avrebbe dovuto accogliere i leader di Unione europea, Stati Uniti, Cina, India, Sud Corea, a Cadarache, tra Provenza e Costa Azzurra, dove da ieri è iniziato l’assemblaggio dell’International Thermonuclear Experimental Reactor (Iter), la colossale macchina che ambisce a diventare un sole in miniatura sulla Terra, capace di produrre energia inducendo la fusione nucleare tra atomi di idrogeno. Invece l’emergenza Covid ha costretto i potenti del mondo a rimanere a casa e a inviare altrettanti videomessaggi, a cominciare proprio da Macron. Così quella che doveva essere la celebrazione di una delle più grandi collaborazioni tecnologiche della storia (35 paesi coinvolti e un budget complessivo di circa 20 miliardi di euro, cui la Ue contribuisce per il 45%) si è trasformata in un’inaugurazione a distanza, con una platea di addetti ai lavori ad ascoltare dal maxischermo le parole del presidente Xi Jinping o del premier giapponese Shinzo Abe.
Resta il fatto che ieri, dopo anni di studi preliminari e di costruzione dei singoli elementi (qualcuno ha calcolato che i componenti sono più di un milione) i Paesi che partecipano a questa ambiziosa avventura scientifica e tecnologica hanno formalmente dato il via all’assemblaggio della macchina. Ci vorranno 5 anni per completare Iter e metterlo in moto: nel 2025 si farà il primo test immettendo nel reattore atomi di idrogeno per verificare che tutto funzioni come previsto, ma senza ancora produrre energia. Per quello saranno necessari ancora altri esperimenti. E anche quando ci si riuscirà, se ci si riuscirà, sarà solo l’inizio: Iter non è stato pensato per produrre energia, ma solo per dimostrare che è possibile farlo usando la fusione nucleare. Una volta raggiunto lo scopo, si dovranno costruire vere e proprie centrali basate sul modello della macchina che ieri ha iniziato a prendere forma nel sud della Francia. Una scommessa costosa, ma che se vinta risolverà una volta per tutte il problema di produrre energia pulita e sicura: che non emetta CO 2 , peggiorando la crisi climatica, e che non crei rischi come quelli della fissione nucleare.
Ma come funzionerà Iter? Pochi grammi di deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno, verranno immessi all’interno di una grande ciambella metallica, chiamata Tokamak. L’idrogeno sarà riscaldato fino a passare allo stato di plasma ionizzato, in cui gli elettroni sono stati “separati” dai nuclei atomici. Quando la temperatura nel Tokamak raggiungerà i 150 milioni di gradi (dieci volte più caldo che nel nucleo del Sole) i nuclei di idrogeno fonderanno formando nuclei di elio e una piccola parte della loro massa verrà convertita in una grande quantità di energia, secondo la formula di Einstein E=mc2. L’acqua fatta circolare sulle pareti del Tokamak assorbirà questa energia trasformandosi in vapore che muoverà delle turbine per produrre energia elettrica.
La parte più complessa è stata realizzare le 10mila tonnellate di magneti superconduttori che con i loro potentissimi campi magnetici dovranno convogliare e controllare il plasma. L’Italia ha dato un contributo fondamentale producendone 9 su 18 alla Asg Superconductors di La Spezia. Il paradosso è che per funzionare tali magneti dovranno essere raffreddati a 269 sotto zero, la temperatura dello spazio intergalattico, mentre a pochi metri di distanza ci sarà un sole in miniatura che brucia. Una della tante sfide che spiegano la lentezza del progetto: sono passati quasi 70 anni da quando un team di scienziati russi propose per la prima volta il Tokamak come reattore per la fusione nucleare e 14 anni dalla firma dell’accordo tra i 35 Paesi.
Con il via all’assemblaggio di Iter si spera che l’obiettivo sia più vicino. Anche perché il riscaldamento globale non concede altro tempo. Oggi più del 70% delle emissioni di CO 2 derivano dal consumo energetico e più dell’80% del fabbisogno è soddisfatto bruciando combustibili fossili. Entro il 2050 lo scenario dovrà essere diverso. E se l’esperimento avviato ieri in Provenza darà l’esito sperato, la fusione nucleare giocherà un ruolo fondamentale.