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 2020  luglio 29 Mercoledì calendario

I pescherecci cinesi invadono le Galapagos

Il paradiso naturale delle Galapagos, al largo dell’Ecuador nel Pacifico, è minacciato da una flotta di pescherecci industriali arrivati principalmente dalla Cina. Il governo di Quito, basandosi sull’elaborazione di foto satellitari e su ricognizioni della sua Marina, il 27 luglio ne ha contati 260, schierati all’esterno della linea della zona economica esclusiva delle isole, fissata a 188 miglia dalle coste. Le Galapagos che ispirarono a Charles Darwin la teoria dell’evoluzione sono state dichiarate patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1978 e in una riserva marina danno rifugio a squali, balene e diverse altre specie, dalle tartarughe giganti ai leoni marini. La pesca intensiva può dare un colpo mortale all’ecosistema.
L’Ecuador ha dato l’allarme e affidato alla ex ministra dell’ambiente Yolanda Kakabadse e all’ex sindaco di Quito Roque Sevilla il comando delle operazioni di protezione. Si tratta di una partita politico-diplomatica difficile, perché l’armata di pescherecci è in acque internazionali, ma è intorno alle Galapagos per intercettare anche specie che migrano ogni anno verso l’arcipelago. La signora Kakabadse ha detto al Guardian che vorrebbe estendere la zona economica esclusiva per creare un anello di 350 miglia nautiche intorno alle isole, congiungendolo con la zona esclusiva che parte dalla costa continentale dell’Ecuador. In questo modo si costituirebbe una cintura per impedire l’incursione della flotta a caccia di pesce. Al momento la strategia per evitare il saccheggio dei fondali è affidata alla Marina dell’Ecuador, che con sorveglianza e pattugliamento cerca di evitare il ripetersi dell’incidente del 2017. In quell’estate fu intercettato e catturato all’interno della riserva marina il «Fu Yuan Yu Leng 999», peschereccio d’altura cinese. Troppo tardi: nella stiva furono trovate 300 tonnellate di prodotto cacciato illegalmente, soprattutto carne di pescecane.
Quello delle Galapagos è solo un piccolo-grande esempio a cavallo tra pesca lecita e illegale. La Cina ha una flotta imponente di 16.000 battelli attrezzati per la pesca in alto mare e almeno 12.000 cacciano al di fuori delle acque territoriali della Repubblica popolare. I dati sono stati pubblicati a giugno da Overseas Development Institute, think tank indipendente di Londra secondo il quale l’eccessivo sfruttamento commerciale dei mari e degli oceani sta mettendo in pericolo i due terzi della fauna marina.
Il 30% del pescato globale è consumato dal mercato della Cina, mentre i suoi abitanti sono il 18% del totale mondiale. I pescherecci con la bandiera rossa da anni si spingono sempre più lontano, in acque internazionali o di altri Paesi. Abbiamo detto bandiera rossa, ma oltre 1.000 battelli cinesi secondo il rapporto del think tank londinese usano registrazioni di comodo, soprattutto di Paesi africani. Tra quelli della flotta d’alto mare almeno 580 sono iscritti a registri in Africa. Pechino ha stretto accordi con governi africani felici di ottenere investimenti e prestiti in cambio del mancato controllo sulla pesca. Un altro grave problema sono i metodi di caccia: 1.821 pescherecci cinesi sono equipaggiati con reti a strascico per la raccolta sui fondali, una pratica devastante per l’ecosistema. La flotta cinese è seguita da navi-frigorifero che funzionano da fabbriche.
Dietro l’armata di pescherecci di Pechino però c’è una complicità internazionale che ha richiamato anche l’attenzione degli investigatori dell’Interpol. Oceana, ong basata a Washington, ha denunciato che le navi-fabbrica spediscono il pesce razziato lungo le coste africane anche in Europa, usando come punto d’accesso le Isole Canarie.