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 2020  luglio 29 Mercoledì calendario

L’esercito dei ragazzini allontanati dai genitori

Nessuno sa con esattezza quanti siano i minori allontanati dalle famiglie e affidati a comunità residenziali, terapeutiche e strutture di accoglienza: questo è il primo problema. Lo ammette nella sua relazione al Parlamento la stessa Filomena Albano, che guida l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza: «Manca una banca dati nazionale che possa restituire una fotografia completa e aggiornata». Una situazione inaccettabile se si considera che in ballo ci sono le vite e il futuro di minori in situazione di grave difficoltà.
I dati più aggiornati – fermi al 2017 – sono contenuti nel rapporto pubblicato dal Ministero del Lavoro sulla base dei dati forniti da Regioni e Province Autonome e quelli utilizzati dal Garante sulla base delle informazioni fornite dalle Procure presso i Tribunali per i minorenni. Secondo il report del Ministero, alla fine del 2017 i bambini e i ragazzi in affidamento familiare in Italia erano 14. 219 (dato che non conteggia i minori stranieri non accompagnati); alla stessa data i minori accolti nei servizi residenziali e nelle comunità erano 12. 892: in totale, dunque, 27. 111 tra bambini e ragazzi. Con criticità elevate: la maggioranza dei minori accolti aveva un’età compresa fra 15 e 17 anni, mentre il tempo di permanenza all’interno della famiglia affidataria o della comunità è, ancora una volta nella maggioranza dei casi, elevato e supera i 4 anni, un tempo oltre il quale molti non riescono neppure a rientrare nella famiglia di origine.
A tornare a casa è stato il 37, 4% di chi era in affido – un dato che sarebbe confortante se fosse possibile verificare «l’effettivo superamento delle difficoltà familiari» – mentre tra chi era stato affidato a una comunità solo il 21, 8% è rientrato in famiglia. E gli altri? Una parte in affidamento pre-adottivo, qualcuno ha raggiunto la maggiore età, per altri addirittura la destinazione è definita «ignota».
Secondo i dati forniti dal Garante, dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2017 i minori in comunità sono passati da 22. 975 a 32. 185 (erano 29. 692), numeri non sovrapponibili a quelli del Ministero del Lavoro perché includono tra l’altro i bambini e i ragazzi stranieri non accompagnati che arrivano nel nostro Paese e che solo nel 2017 sono stati 13. 358. A ospitarli 4. 027 strutture rispetto alle 3. 686 del 2016.
«Questi numeri sono stime, è questo è scandaloso perché non si può parlare di un sistema che non funziona quando manca ciò che è basilare: quanti sono i ragazzi, dove sono e come stanno? E di che comunità si parla? – dice Cristina Riccardi, vice presidente di Aibi (Associazione Amici dei Bambini) che gestisce comunità e affidi familiari e partecipa al tavolo nazionale Affido. «Non solo: i numeri sono vecchi. Dal 2017 c’è stato il caso Bibbiano, che ha fatto diminuire molto la disponibilità delle famiglie all’affido, oltre a causare rallentamenti da parte dei servizi sociali a prendere iniziative». E dopo lo spettro delle inchieste è arrivato il lockdown: «Per mesi i servizi domiciliari sono venuti meno, e non sappiamo che situazione hanno trovato alla ripresa». Ma il nodo primario – sottolinea – è la prevenzione: «Non mi sento di puntare il dito contro i servizi: in questi anni abbiamo visto tagli pazzeschi che hanno portato a interventi tardivi in situazioni ormai compromesse». Sui casi finiti nelle cronache nessun commento ma una riflessione: «Io mi auguro che interventi così drastici siano decisi dal giudice o dai servizi in estrema buona fede: non è detto che le decisioni siano sempre giuste ma le storie sono sempre molto complesse».