Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  luglio 29 Mercoledì calendario

Breve storia di Intesa Sanpaolo

La nascita di Intesa Sanpaolo, che sotto la guida di Carlo Messina ha conquistato Ubi Banca, risale al 1982, quando l’allora Banco Ambrosiano fu travolto dalle vicende finanziarie e giudiziarie del suo timoniere Roberto Calvi e venne messo in liquidazione. Le quattro banche private e le tre pubbliche che si fecero carico del subentro, su indicazione dell’allora Ministro del Tesoro Nino Andreatta e del Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi affidarono la guida dell’istituto a Giovanni Bazoli, che ne divenne presidente, guidando la ricostruzione e il rilancio dell’istituto. La banca assunse la denominazione di Nuovo Banco Ambrosiano.
Così alla fine del 1989 si realizzò la prima concentrazione che in Italia coinvolse due banche di grandi dimensioni: il Nuovo Banco Ambrosiano e la controllata Banca Cattolica del Veneto si fusero per creare il Banco Ambrosiano Veneto. La sua rete commerciale si estendeva sia nell’Italia settentrionale, con l’acquisizione della Banca di Trento e Bolzano, sia nelle aree meridionali, attraverso l’acquisto e l’incorporazione di aziende del territorio: la Banca Vallone, la Citibank Italia, la Società di Banche Siciliane e la Banca Massicana. Nel 1997 il Banco Ambroveneto procedette all’acquisto di Cariplo, anch’esso estesosi nel territorio, realizzando un’operazione di privatizzazione del settore bancario. Dall’integrazione tra i due gruppi bancari nacque Banca Intesa, sotto la regia di Bazoli e dell’allora capoazienda Carlo Salvatori. Nel corso dell’anno successivo Banca Intesa acquisì la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza e la Banca Popolare Friuladria e nel 1999 il controllo di quella Banca Commerciale Italiana che era il fiore all’occhiello della ’finanza laica’ italiana e l’unico grande istituto di credito italiano con significativa vocazione estera. Nel corso del 2006 si realizzò l’ultima operazione di fusione con Sanpaolo IMI. Anche quest’ultimo, nata nel 1998 con la fusione tra il Sanpaolo di Torino e l’Istituto Mobiliare Italiano, si era rafforzato con alcune acquisizioni, tra cui il Banco di Napoli. La fusione tra le due banche Sanpaolo Imi e Banca Intesa, annunciata ad agosto del 2006, si concretizzò nel dicembre dello stesso anno, con effetto dal 1º gennaio del 2007, tramite una fusione per incorporazione di Sanpaolo Imi in Banca Intesa con contestuale cambio di denominazione sociale in Intesa Sanpaolo, il cui timone fu affidato a Corrado Passera. Ex McKinsey e rivitalizzatore di Poste Italiane, Passera, con l’avallo di Bazoli, iniziò a fare di Intesa la ’banca del Paese’, coinvolgendo l’istituto nelle principali grandi operazioni economiche e industriali italiane, dal ’salvataggio’ di Alitalia al finanziamento del nuovo operatore ferroviario privato Italo. In questi anni Passera rafforzò ulteriormente l’impegno dell’istituto nella Corporate Social Responsibility costituendo nel 2007 Banca Prossima, banca del Terzo settore guidata sin dalla nascita da Marco Morganti e poi confluita in Intesa animandone la vocazione sociale: una banca e poi divisione che rappresenta uno dei migliori modelli al mondo nel suo settore.
La nuova Intesa Sanpaolo adottò inizialmente il modello di governo societario ’duale’, sistema di derivazione germanica, introdotto in Italia con la riforma del diritto societario del 2003, che vede la compresenza di un consiglio di sorveglianza (che esercita molti poteri tradizionalmente riservati all’assemblea) e di un consiglio di gestione. Ad aprile 2016 Intesa Sanpaolo passò invece passata al sistema ’monistico’ che prevede la gestione in capo al solo consiglio d’amministrazione.
Nel frattempo, dopo la breve parentesi di Enrico Tommaso Cucchiani amministratore delegato di Intesa Sanpaolo dal 2011 al 2013, a novembre di quell’anno il bastone del comando della banca passò al romano Carlo Messina, allora direttore generale vicario e numero uno della rete. Il nuovo capoazienda ha ripreso il solco tracciato da Passera accentuando la centralità di Intesa Sanpaolo nello scacchiere economico-finanziario del Paese. E accentuandone la vocazione all’impatto sociale anche con un fondo espressamente dedicato. Tra gli obiettivi della fusione, come aveva dichiarato il 17 febbraio scorso Messina, c’è anche quello di portare portare da 1,25 a 1,5 miliardi la capacità erogativa del Fondo a impatto e aumentare da 50 a 60 miliardi le erogazioni a favore della Green Economy.Nel 2016 Messina finanziò la scalata prima e l’offerta pubblica di acquisto poi di Urbano Cairo per strappare il controllo della Rizzoli, editrice del ’Corriere della Sera’, a Mediobanca e ad alcuni azionisti ’pesanti’. Ma la principale operazione bancaria di Messina risale a tre anni fa quando il 26 giugno del 2017 Intesa Sanpaolo comprò Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza al prezzo simbolico di 50 centesimi per ciascuna dei due istituti, escludendo dalla vendita i crediti deteriorati che furono trasferiti a una società a partecipazione pubblica. Con l’acquisizione, inoltre, la banca guidata da Messina ricevette 3,5 miliardi di euro dallo Stato Italiano in compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall’acquisizione degli asset delle due banche venete. Un anno dopo, il capo di Intesa Sanpaolo studiò la possibile acquisizione delle Assicurazioni Generali, ma il progetto fu abortito prima di nascere. Una parentesi mandata definitivamente in archivio con l’operazione su Ubi Banca che farà del Gruppo guidato da Messina il settimo in Europa per proventi e terzo per capitalizzazione.