Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2020
Wall Street, le big five valgono 5mila miliardi
Il coronavirus sembra far bene all’hi-tech. Il Nasdaq venerdì scorso ha interrotto la lunga serie di rialzi – ripartita ieri – dopo 49 sedute consecutive tutte con il segno più davanti, che hanno spinto i rally di Wall Street delle ultime settimane. Il precedente record per l’indice dei titoli tecnologici risaliva al 1979.
Facebook, Amazon, Apple, Alphabet, la holding di Google, e Microsoft oggi sono le cinque società americane più importanti. Da sole valgono oltre il 20% dell’intero indice S&P 500, che raggruppa le prime 500 aziende Usa, con un incremento del 16% rispetto allo scorso anno. Nel podio mondiale della market cap ci sono Apple (1.605 miliardi), Microsoft (1.531) e Amazon (1.500) che si rincorrono nella corsa per superare i 2mila miliardi di dollari.
Nonostante il Covid-19, da inizio anno le cinque big tech hanno aumentato il loro valore di circa il 35%. Contro le altre 495 società del S&P 500 che in media hanno perso il 5%.
Come si vede dal grafico, i cosiddetti FAANG, cioè quattro delle big tech elencate più Netflix, hanno visto salire la market cap dal primo gennaio di oltre 1.100 miliardi di dollari e hanno superato i 5mila miliardi capitalizzazione.
Messe assieme queste società valgono più del Pil della Germania, quarta potenza mondiale, “ferma” nel 2019 a 3.400 miliardi di dollari. E più perfino di Italia e Francia che sommate arrivano circa a 4.700 miliardi di dollari di Pil.
Questa è una settimana importante per le big tech a Wall Street e al Congresso. Mercoledì i chief executive di Amazon, Apple, Facebook e Google compariranno davanti alla sottocommissione giudiziaria Antitrust della Camera dei rappresentanti per rispondere alle domande dei deputati, che hanno raccolto milioni di pagine di documenti sul tema, stando ai bene informati. L’audizione inizialmente prevista ieri, è stata spostata a causa delle celebrazioni a Capitol Hill per ricordare John Lewis, senatore afroamericano e attivista dei diritti civili morto la settimana scorsa. Quella di mercoledì sarà la discussione più importante sui monopoli delle big tech dagli anni Novanta, quando nel mirino dei parlamentari americani finì Microsoft per il suo sistema operativo.
Finora le big tech hanno fatto quello che hanno voluto in termini di concentrazione di potere. Sono in grado di superare gli indirizzi dei governi, tanto è vero che non si riesce a trovare una soluzione alla Digital Tax internazionale in sede Ocse, per la contrarietà della Casa Bianca. Almeno finora. Se il 3 novembre i democratici dovessero vincere le elezioni si aprirà un periodo complicato per le big tech che porterà a maggiori regolamentazioni.
A Wall Street sarà una settimana di test importanti per Facebook, Amazon, Apple e Alphabet che giovedì sveleranno i conti trimestrali: Facebook ha spostato l’annuncio da mercoledì, per la presenza concomitante di Mark Zuckerberg al Congresso.
Le previsioni di gran parte degli analisti scommettono ancora sul Toro. Ieri BofA ha rialzato il price target sul titolo Amazon a 3.280 dollari da 3.000. Wells Fargo ha portato le valutazioni sul titolo a 3.600 dollari da 3.000. JP Morgan ha rialzato il prezzo obiettivo di Apple da 365 a 425 dollari. Mkm ha aumentato la valutazione su Alphabet a 1.700 dollari da 1.500.
David Kostin di Goldman Sachs in una nota mette in evidenza la «concentrazione record» delle cinque big tech sull’indice S&P 500 che non è mai stato così dipendente dall’andamento di pochi titoli. Il quadro generale resta problematico: l’S&P 500 è sulla buona strada per registrare il peggiore trimestre dal 2008. Le 130 società che finora hanno presentato i conti hanno riportato un calo degli utili del 42,8%.